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Cosa si intende con l’espressione “crimini d’odio”?

Con il termine “crimini d’odio”, non ci riferiamo a una fattispecie specifica di reato prevista dal nostro codice penale. Il termine è infatti frutto di un’elaborazione dottrinale: ogni reato può essere un crimine d’odio se il movente è il razzismo o comunque l’odio per motivi relativi a qualsiasi altra caratteristica fondamentale.

crimini d'odio
  • Secondo l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), il crimine d’odio è un reato, commesso contro un individuo e motivato da un pregiudizio.
  • La legge italiana riconosce e punisce, all’articolo 604 bis del Codice Penale, la “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”.
  • Nel 2016, viene firmato il Codice di condotta della Commissione Europea per prevenire e contrastare la diffusione dei discorsi di odio illegali online.

Non esiste una definizione giuridica di crimine d’odio. Possiamo fare riferimento alla definizione tratta dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), in base alla quale il crimine d’odio è un reato, commesso contro un individuo e/o beni ad esso associati, motivato da un pregiudizio che l’autore nutre nei confronti della vittima, in ragione di una “caratteristica protetta” di quest’ultima.

In questa guida, analizzeremo il quadro normativo nazionale e internazionale, per individuare quali siano i casi – e i reati – che possono rientrare nell’accezione di crimini d’odio.

Cosa si intende per crimini d’odio?

Il crimine d’odio è:

  • un atto che costituisce reato secondo il diritto penale;
  • stato motivato da pregiudizio, da un’opinione precostituita derivante da stereotipo, intolleranza o odio contro un gruppo che condivide una caratteristica, quale “razza”, etnia, lingua, religione, nazionalità, sesso, identità di genere, orientamento sessuale, disabilità, o qualsiasi altra caratteristica fondamentale.
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Esempi di crimini d’odio

Possiamo definire, pertanto, crimini d’odio il reato di minaccia, i danni alla proprietà, l’aggressione, l’omicidio, o altri reati penali il cui elemento soggettivo è il dolo, e quindi la volontà di voler commettere una determinata azione mossa dal pregiudizio. Vediamo di seguito il quadro normativo relativo ai crimini d’odio, partendo dalla Convenzione di New York.

I reati che vengono commessi con maggior frequenza, riconducibili a crimini d’odio, sono:

  • crimini d’odio razziale e xenofobo;
  • crimini d’odio anti-rom;
  • crimini d’odio antisemita;
  • crimini d’odio anti-musulmano;
  • crimini d’odio anticristiano;
  • altri crimini d’odio basati sulla religione o sul credo;
  • crimini d’odio basati sul genere;
  • crimini d’odio anti-LGBTI;
  • crimini d’odio basati sulla disabilità.

A questo proposito leggi Cos’è il dolo

normativa italiana crimini d'odio cosa prevede

I crimini d’odio e la Convenzione di New York

Il 21 dicembre del 1965 viene approvata, dall’Assemblea generale dell’ONU, la Convenzione di New York sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale; entrerà in vigore nel 1969. La Convenzione prevede la non discriminazione, ma anche il divieto di propaganda razzista nelle diverse forme dell’incitamento e della diffusione, e chiede agli Stati di adottare anche le misure necessarie a tal fine.

La legge Reale e la legge Mancino

La Convenzione riveste un ruolo essenziale in relazione alla normativa penale italiana contro le discriminazioni razziali, in quanto la stessa viene recepita con la Legge Reale, che fu il primo provvedimento normativo espressamente dedicato alla repressione degli atti (in senso ampio) di razzismo. La norma è tutt’ora in vigore, ma il contenuto originario è stato integralmente sostituito dalla legge Mancino. Nel 1993.

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Crimini d’odio e Codice Penale: l’art. 604 bis c.p.

La legge italiana non disciplina gliHate Crime” (crimini d’odio) con una norma specifica del codice penale, piuttosto ha previsto la punizione di determinati comportamenti per mezzo di alcuni articoli del codice penale dedicati ai delitti contro l’uguaglianza. Tali delitti prevedono aggravanti per i reati commessi per motivi di odio razziale, etnico, nazionale o religione, come l’art. 604 bis c.p.

L’articolo 604 bis del Codice Penale, intitolato “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, prevede quanto segue:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito:

a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.

Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale.

Fondamentale è bilanciare la libertà di espressione con i diritti fondamentali degli individui e comprendere dove termina la libertà di espressione del singolo e inizia la condotta criminosa, tipica di un reato previsto come tale dalla legge (perché altrimenti non potrebbe essere punito), aggravato anche dal movente dell’odio.

Il bene giuridico protetto dalla norma non è l’ordine pubblico, il quale ha rilevanza indiretta, ma è la tutela della dignità umana. Il testo dell’art. 604 bis c.p. è in buona parte riconducibile a quanto indicato nell’art.1 del D.L.122/1993 (c.d. decreto Mancino).

LEGGI ANCHE Genocidio: quando si configura e perché si distingue dai crimini contro l’umanità

hate speech cosa sono

Come si stabilisce se un atto è motivato da pregiudizio?

La relazione dell’OSCE fornisce degli indicatori per stabilire se un incidente sia stato motivato da pregiudizio. Si tratta di:

  • orario e luogo del reato;
  • commenti, dichiarazioni scritte o gesti;
  • differenze per motivi etnici, religiosi o culturali;
  • gruppi di odio organizzati che incitano alla discriminazione e alla violenza.

Se l’incidente si è verificato in o in prossimità di una data di particolare importanza (una festa religiosa, una commemorazione, una marcia Pride) o se la vittima era in una zona o in prossimità di una zona normalmente associata ad un gruppo specifico (un centro comunitario, una moschea, una chiesa) molto probabilmente il movente è stato quello dell’odio.

Il reato commesso sarà un crimine d’odio anche se:

  1. l’autore dell’atto ha rilasciato commenti o dichiarazioni riguardanti l’appartenenza reale o percepita della vittima ad un gruppo;
  2. il sospettato e la vittima sono diversi l’uno dall’altro in termini di “razza”, religione o etnicità, o ancora nazionalità o orientamento sessuale.

I social network e l’istigazione all’odio sociale

La Corte di Strasburgo ha sottolineato, nella sentenza pubblicata il 16.06.2015 sul caso Delfi AS c. Estonia (n. 64569/09), che i portali web hanno doveri e responsabilità ancora maggiori quando nelle singole piattaforme si utilizzano linguaggi d’odio, si diffondono messaggi che incitano all’odio o che puntano a diffondere idee discriminatorie, proprio perché, se tali messaggi vengono diffusi attraverso il web, i rischi per i diritti umani sono ancora maggiori.

Gli “Hate Speech” attraverso il web costituiscono, infatti, un profilo a sé, che merita una trattazione autonoma per le sue caratteristiche.

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crimini di odio esempi

Il Codice di condotta della Commissione Europea contro l’incitamento dell’odio online

Per prevenire e contrastare la diffusione dei discorsi di odio illegali online, a maggio 2016, la Commissione europea ha concordato con Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube un “Codice di condotta per contrastare i discorsi di odio illegali online“.

La sottoscrizione di tale codice di condotta, firmato da gruppi di portata mondiale – non solo Facebook e Instagram, Microsoft, Twitter e YouTube, ma anche Google, Snapchat e Dailymotion – impegna i social network:

  1. alla rapida valutazione dei contenuti (entro 24 ore dalla segnalazione), alla luce delle regole e delle condizioni stabilite per la comunità degli utenti, nonché delle leggi nazionali di recepimento della normativa europea in materia;
  2. alla rimozione di post o commenti discriminatori e di hate speech, a dimostrazione dell’enorme rilevanza che viene data al tema.

Giurisprudenza italiana: Corte di Cassazione penale n. 4534/2021

Con la sentenza n. 4534/2021, la Suprema Corte si pronuncia sulla rilevanza penale della condotta di apposizione di un like, ad un post su Facebook, nel contesto dei c.d. “reati d’odio” commessi su internet.

Secondo la Cassazione, integra il reato di cui all’art. 604 bis, comma secondo, c.p., l’adesione a una comunità virtuale caratterizzata da vocazione ideologica neonazista, avente tra gli scopi la propaganda e l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi e la condivisione, sulle bacheche delle sue piattaforme “social”, di messaggi di chiaro contenuto negazionista, antisemita e discriminatorio per ragioni di razza, attraverso l’inserimento di “like” e il rilancio di “post” e dei correlati commenti, per l’elevato pericolo di diffusione di tali contenuti ideologici tra un numero indeterminato di persone derivante dall’algoritmo di funzione dei “social network”, che aumenta il numero di interazioni tra gli utenti.

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Avv. Silvia Leto
Avvocato penalista
Sono un avvocato penalista iscritta all’Albo di Crotone dal 2011, con studio a Milano e a Crotone.Mi occupo di diritto penale con esperienza consolidata in procedimenti relativi a reati di associazione mafiosa, truffa, riciclaggio, falsa fatturazione, incidente di esecuzione. Mi sono laureata alla “Sapienza” Università di Roma, con una laurea in diritto penale, sul delitto tentato, nella cattedra del Prof. Avv. Franco Coppi. Ho collaborato anche con studi legali stranieri a Lisbona e a New York.
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