Ordini di protezione contro gli abusi familiari: cosa sono e come funziona il procedimento
Come funziona l'ordine di protezione nel caso di abusi familiari, chi sono i soggetti che possono richiederlo e qual è la sua durata massima.
- In presenza di abusi familiari è possibile richiedere al giudice un ordine di protezione.
- La procedura richiede innanzitutto la presenza del requisito della convivenza.
- Deve inoltre essere procurato un grave pregiudizio all’indennità fisica o morale, quindi alla libertà di un familiare convivente.
Un ordine di protezione contro gli abusi familiari è un provvedimento emesso dal giudice, in seguito alla presentazione di un’istanza, con i quale si vuole porre fine a una condotta lesiva nei confronti del coniuge o di un altro convivente.
La disciplina giuridica è stata introdotta dalla legge n. 154 del 4 aprile 2001 – Misure contro la violenza nelle relazioni familiari – che ha portato ad alcune modifiche nel codice civile: sono stati infatti inseriti gli articoli 342 bis e ter.
Analizziamo il codice per individuare quali siano i presupposti per i quali si può richiedere un ordine di protezione familiare, come funziona il provvedimento e quanto dura.
Ordine di protezione contro gli abusi familiari: art. 342 bis cc
L’ordine di protezione contro gli abusi familiari è previsto, ai sensi dell’art. 342 bis cc, nel momento in cui la condotta del coniuge o di altro convivente sia causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale, ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente.
Il primo presupposto per giungere all’applicazione di tale provvedimento da parte del giudice è, dunque, la convivenza tra due persone. L’obiettivo è infatti quello di porre fine a episodi di violenza in ambito domestico.
Secondo un orientamento differente, invece, sarebbe ammessa la domanda di misure di protezione anche al termine effettivo della convivenza.
Il secondo prerequisito da considerare è la presenza di una condotta gravemente pregiudizievole all’integrità fisica e morale e alla libertà personale di un individuo causata dalla condotta dell’altro convivente.
Potrà essere fatta richiesta al giudice per ricevere protezione contro un abuso familiare non solo al sussistere di fatti violenti dai quali possano essere derivate delle lesioni personali, ma anche in quello in cui la situazione di conflittualità con il familiare convivente è talmente elevata che ci può essere il rischio concreto di subire delle violenze.
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Chi è il soggetto attivo della lesione
I comportamenti violenti rappresentano una lesione della dignità di un’altra persona non comune a prescindere dalle motivazioni alla base, per la loro ripetitività e per la durata prolungata delle sofferenze arrecate. La violenza deve dunque essere reiterata – un singolo episodio non è sufficiente.
Il soggetto attivo di tali condotte può essere:
- il coniuge nei confronti dell’altro coniuge, eventualmente anche con la partecipazione attiva di altri familiari;
- il genitore nei confronti dei figli, anche nell’ipotesi in cui i maltrattamenti non siano rivolti direttamente al minore, ma indirettamente, ovvero verso congiunti a lui cari;
- i figli nei confronti dei genitori.
Secondo quanto precisato dal Tribunale di Milano, il giudice dovrà valutare la condotta del soggetto per il quale si richiede l’ordine di protezione sia sotto il profilo qualitativo, sia quantitativo.
Per qualitativo si considera una condotta che rappresenta un pericolo per la parte ricorrente, mentre con quantitativa ci si riferisce al perdurare della condotta lesiva nel tempo e alla sua efficacia offensiva, anche dal punto di vista psicologico.
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Quando non si può richiedere l’ordine di protezione
Il decreto protettivo non potrà essere richiesto nell’ipotesi in cui si configuri una violazione dei doveri di mantenimento da parte del coniuge. Tale caso rappresenta infatti una mera condotta omissiva.
Non si potrà ottenere un ordine di protezione familiare neanche nel caso in cui ci sia una situazione familiare di incomunicabilità reciproca o di intolleranza, almeno nei casi in cui i litigi che ne derivino non sfocino in episodi di violenza fisica o minacce o non rappresentino una violazione della dignità dell’altro.
L’ordine di protezione familiare, poi, non ha un impatto diretto sul diritto di visita dei figli da parte del coniuge per il quale è stato emanato.
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Ordine di protezione familiare: come funziona
L’istanza al giudice potrà essere presentata personalmente dalla vittima. Ci sono due casi:
- il primo che coinvolge solo la persona offesa: si dovrà fare ricorso presso il Tribunale del luogo di residenza o domicilio, in composizione monocratica (ovvero costituito da un solo giudice);
- il secondo riguarda anche altri elementi del nucleo familiare, quali l’affidamento e il mantenimento del figlio minorenne: in questo caso la competenza è del Tribunale in composizione collegiale (che è costituito da 3 giudici).
In caso di accoglimento dell’istanza, il giudice emette decreto motivato immediatamente esecutivo.
Qualora la richiesta avesse carattere di urgenza – per esempio si teme per la propria incolumità e per quella di eventuali figli – l’ordine di protezione potrà essere emanato anche con informazioni sommarie, quindi senza la necessità di un’indagine, al quale seguirà, entro 15 giorni, una successiva udienza di comparizione delle parti.
Nel corso dell’udienza il giudice potrà stabilire se confermare il provvedimento, modificarlo o revocarlo. Sarà possibile presentare reclamo contro il decreto emesso dal giudice entro 10 giorni dalla comunicazione o notifica dello stesso (art. 739 c.p.c.).
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Art. 342 ter Codice civile: contenuto degli ordini di protezione
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 342 ter cc, il giudice ordina al convivente violento:
- la cessazione della condotta;
- l’allontanamento dalla casa familiare.
All’occorrenza, può anche prevedere il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, quali il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia d’origine e quello di altri prossimi congiunti (per esempio i genitori o i parenti della vittima), oltre che i luoghi di istruzione dei figli – tranne nei casi in cui non debba frequentare tali luoghi per esigenze lavorative.
In aggiunta, in presenza di donne e minori e di altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti, il giudice può anche disporre l’intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare che possano dar loro sostegno e accoglienza, non solo dal punto di vista materiale, ma anche psicologico.
Assegno periodico
Il giudice può anche prevedere il pagamento di un assegno periodico per quei soggetti che, in seguito al provvedimento del giudice, rimangano privi di mezzi adeguati alla loro sopravvivenza. Può essere stabilito che tale somma venga detratta dal datore di lavoro direttamente dalla retribuzione dell’obbligato.
Un caso singolare è quello in cui un figlio, dovendosi allontanare dalla casa dei genitori, non disponga di una sua indipendenza economica. In questa ipotesi, il giudice dovrà anche prevedere il pagamento di un assegno periodico al figlio da parte dei genitori.
L’assegno ha validità per tutta la durata del decreto protettivo, al termine del quale, ma comunque prima della sua scadenza, il giudice può provvedere a emanare un provvedimento differente in merito all’affidamento e al mantenimento di coniuge e figli.
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Quanto dura l’ordine di protezione familiare
Il decreto di protezione emesso dal giudice ha una durata determinata in base al singolo caso, per un periodo di massimo 6 mesi, il quale decorre dall’avvenuta esecuzione del decreto.
Sarà eventualmente possibile prorogare la durata nell’ipotesi in cui siano presenti gravi motivi: in tal caso, dovrà essere presentata una nuova istanza.
Nell’ipotesi in cui la durata del provvedimento non venisse esplicitata, sarebbe considerata in automatico la durata massima di 6 mesi.
Il decreto determina inoltre quelle che sono le modalità di attuazione, che saranno stabilite in base al singolo caso – potrebbe per esempio essere previsto l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.
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Ordini di protezione contro gli abusi familiari – Domande frequenti
Gli ordini di protezione sono dei provvedimenti emessi dal giudice su istanza di parte in caso di abusi nei confronti di un familiare.
Per ottenere un ordine di allontanamento dalla casa familiare dovrà essere presentata istanza per ottenere un ordine di protezione.
L’ordine di allontanamento ha una durata variabile, che corrisponde comunque a un massimo di 6 mesi.
Fonti:
- Legge 4 aprile 2001, n. 154
- Articolo 342 bis e ter Codice civile
- Articolo 739 Codice di procedura civile
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