Violenza economica: cos’è, come riconoscerla e quali tutele legali esistono
In occasione della giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, cogliamo l'occasione per parlare di una forma di violenza meno nota: la violenza economica.
C’è una forma di violenza che non è di facile individuazione in quanto esula da quello che siamo tradizionalmente portati ad associare alla violenza: il male fisico, quello che si vede, che è alla mercé di tutti.
Ci sono, però, dolori e malesseri molto più profondi: sono quelli invisibili, ma che fanno ugualmente male. Quelli che scavano delle piaghe nella vita di un individuo – uomo o donna che sia – portandolo a sopportarli nonostante tutto.
In queste righe vogliamo occuparci proprio di una forma di violenza della quale si parla di meno: la violenza economica. Analizzeremo di cosa si tratta, facendo qualche esempio concreto, e quali siano le tutele legali esistenti, alle quali ricorrere in caso di bisogno.
Violenza economica: cos’è
In una coppia, solitamente, si hanno diverse strade quando si tratta di gestire i soldi:
- quella di condividere i soldi, gestendoli in autonomia, senza dover avere il consenso dell’altro, a prescindere da chi è il soggetto che guadagna di più;
- non mettere il denaro guadagnato in comune;
- avere una sola fonte di reddito, che si occupa della totale gestione dei soldi, oppure no.
Di esempi se ne potrebbero fare altri, ma prendendo in considerazione l’insieme di tante famiglie italiane, molto spesso (anche se non è una regola) le decisioni economiche vengono prese dall’uomo, che, in qualità di detentore del budget familiare, potrebbe avere l’abitudine di controllare il suo utilizzo.
La scelta di dare all’uomo questo ruolo può derivare da una decisione condivisa nella coppia, oppure da un’imposizione. È proprio in questo caso che si può effettivamente parlare di violenza economica.
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Violenza economica: in cosa consiste
La violenza economica si manifesta, dunque, quando l’utilizzo e la ripartizione del denaro a una persona (in questo caso donna), diventi oggetto di controllo da parte del partner. Ci sono diverse forme con le quali questo monitoraggio può essere praticato.
Si può per esempio impedire all’altro di trovarsi un lavoro, rendendosi così economicamente indipendente. Si può minacciare che l’altro non riceverà più neanche un centesimo, oppure decidere quanto e come dovranno essere spesi i soldi della famiglia, senza aver raggiunto un accordo condiviso.
Quindi, da un lato troviamo il partner che si occupa della gestione dei soldi, mentre dall’altro quello che si trova in una posizione di sudditanza economica, ovvero nella condizione di dover non solo chiedere i soldi al partner, ma anche di giustificare il modo in cui vengono spesi.
Riconoscere i casi in cui si sta subendo passivamente la violenza economica non è affatto semplice. Nei fatti, comportamenti di questo tipo potrebbero essere considerati la norma e, di conseguenza, accettati.
Il rischio è di non uscire mai dall’impasse perché, non avendo un lavoro e accettando la regola per la quale è giusto non trovarlo, si resterà sempre in uno stato di dipendenza da chi detiene il controllo dei soldi. Dal punto di vista psicologico, la violenza economica è subdola perché è figlia di un sistema in cui ribellarsi a queste dinamiche è un gesto rivoluzionario. Chi c’è dentro, spesso, non ne ha la benché minima percezione.
Violenza economica: esempi
La violenza economica può manifestarsi in forme più o meno gravi. Per esempio, può consistere nella gestione di un conto corrente cointestato da parte di uno solo dei due membri della coppia.
Chi subisce questa forma di violenza potrebbe essere costretto a fornire delle spiegazioni su come utilizza i soldi o non essere al corrente di quanti soldi ci siano sul conto della famiglia. Si potrebbe poi persino impedire all’altro l’accesso a carte di debito e di credito.
La forma peggiore di violenza economica si ha quando ci si appropria in modo indebito dai soldi guadagnati dall’altro partner, oppure si fa fuori in gran segreto tutto il patrimonio familiare, o ancora si utilizza il partner come prestanome o per sottoscrivere prestiti, mutui, ipoteche, assegni scoperti e così via. Si arriverebbe così a farlo indebitare usandolo esclusivamente a proprio vantaggio.
Nei fatti, la mancanza di indipendenza economica portala vittima a sentirsi inferiore e inadeguata, mentre chi porta avanti la violenza non fa altro che imporre la propria autorità, privando l’altro della libertà di scegliere e di agire.
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Violenza economica: conseguenze psicologiche
In genere, la violenza economica non ha la veste della violenza fisica. Al contrario, si palesa nella forma della violenza psicologica: la vittima si ritrova in una condizione nella quale chi la controlla afferma la sua superiorità.
Le conseguenze possono essere devastanti perché ci si ritrova a perdere la fiducia in se stessi e la libertà, riducendosi a un isolamento sempre maggiore. Questa forma di violenza è più diffusa laddove manchino basi culturali e in un contesto sociale fortemente chiuso e improntato alla tradizione.
Questo è il motivo per il quale, per creare maggiore consapevolezza in merito al problema, l’educazione e la successiva presa di coscienza sono fondamentali. Chi è vittima di violenza economica potrebbe intanto iniziare con l’apertura di un conto corrente personale, sul quale versare le proprie entrate, se presenti.
Se non presenti, la ricerca di un lavoro che permetta di autorealizzarsi e di trovare il proprio posto al di fuori della coppia è un altro passo fondamentale per smarcarsi da questa forma di sottomissione finanziaria.
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Violenza economica: è reato?
In Italia non esiste il reato di violenza economica. Tuttavia, in molti casi, gli eventi messi in atto nei confronti del partner possono permettono di applicare gli ordini di protezione contro gli abusi familiari, previsti ai sensi degli art. 342 bis e 342 ter del codice civile.
Il primo prevede che Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, qualora il fatto non costituisca reato perseguibile d’ufficio, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’articolo 342 ter.
Nel nostro ordinamento, comunque, si parla per la prima volta di violenza economica nel decreto 93/2013 convertito dalla legge 119/2013. In particolare, all’art. 3, si menzionano alcuni reati che possono configurarsi quando viene praticata la violenza economica.
Questi sono:
- maltrattamenti in famiglia (572 cp);
- violenza privata (610 cp);
- violazione degli obblighi di assistenza familiare (570 cp);
- nei casi più estremi, ovvero quelli in cui il controllo è invasivo e la libertà personale del tutto limitata, riduzione e mantenimento in schiavitù.
Citando una sentenza storica, la n. 19847 del 22 aprile 2022, sono stati offerti importanti chiarimenti su quelli che sono gli elementi costitutivi del reato di maltrattamenti in famiglia, che può verificarsi non solo nel caso di violenza fisica, ma anche in presenza di altra forme di abuso, quali la violenza economica e la violenza psicologica.
Violenza economica nel diritto internazionale
Analizzando, invece, il diritto internazionale, la violenza economica compare tra le forme di violenza commesse nei confronti delle donne.
Più nello specifico, all’art. 3 della Convenzione di Istanbul, adottata dal Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011 e in vigore dal 1° agosto 2014, la violenza sulle donne viene definita come:
una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.
La violenza domestica viene invece illustrata con queste parole:
tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
Infine, l’art. 12 di tale Convenzione considera dovere da parte di tutti quello di adottare le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini.
Se pensi di trovarti in una condizione di violenza economica, ti suggeriamo di rivolgerti a un avvocato specializzato in diritto di famiglia che potrà offrirti le tutele legali più adatte alla tua specifica situazione.
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