Affido intrafamiliare: cosa prevede la legge in Italia
L'affidamento intrafamiliare è una forma di sostegno sociale volta a garantire al minore un ambiente protetto e affettuoso presso una famiglia diversa da quella d’origine. La legge disciplina in modo dettagliato le modalità di attuazione di questa misura, assicurando che venga posto al centro dell'attenzione il benessere del minore.
- L’affidamento intrafamiliare consente ai parenti entro il quarto grado di prendersi cura di un minore se la famiglia è in grave difficoltà.
- Ha durata temporanea in quanto mira al rientro presso la famiglia d’origine.
- Si differenzia dall’affidamento eterofamiliare presso estranei.
L’affidamento intrafamiliare è una misura di protezione temporanea rivolta ai figli minori che, per vari motivi, non possono essere adeguatamente accuditi dai propri genitori. Questa forma di affidamento prevede che il minore venga accolto all’interno della propria rete familiare, generalmente da parenti fino al quarto grado, come nonni, zii o cugini.
L’obiettivo principale è garantire al minore un ambiente familiare stabile e affettuoso, preservando al contempo i legami con la famiglia d’origine. Di seguito esamineremo come funziona l’affidamento intrafamiliare, quanto dura e qual è la differenza con l’affido eterofamiliare.
- Come funziona l’affidamento intrafamiliare
- Differenza tra affidamento consensuale e affidamento giudiziale
- Cosa cambia tra affidamento intrafamiliare ed eterofamiliare
- Chi può chiedere l’affido intrafamiliare
- Come si svolge l’affido intrafamiliare
- È previsto un contributo economico a favore della famiglia affidataria?
Come funziona l’affidamento intrafamiliare
L’affidamento intrafamiliare trova attuazione quando i genitori si trovano in una situazione temporanea di difficoltà. Il disagio può essere di vario genere.
Può infatti trattarsi di:
- difficoltà di carattere economico;
- problemi di carattere psicologico;
- oppure una dipendenza, ad esempio da alcol o sostanze stupefacenti.
Qualora, a causa della situazione di disagio, i genitori non siano in grado di occuparsi dei figli, non riuscendo a provvedere alla loro cura, istruzione o educazione o più in generale a sostenerli, i servizi sociali, valutata la condizione del minore, anche di pericolo, individuano nella cerchia familiare persone idonee ad accoglierlo.
Questa scelta consente al bambino di mantenere continuità affettiva e relazionale con i propri cari, riducendo l’impatto emotivo dell’allontanamento dalla famiglia d’origine. I parenti più prossimi, così individuati, provvederanno ad accoglierli, sostenerli ed accudirli, fin quando la condizione di difficoltà della famiglia d’origine non sarà cessata. I servizi sociali valutano l’idoneità degli affidatari attraverso colloqui, visite domiciliari e accertamenti sulle condizioni di vita e relazionali.
Scopri di più su Affidamento in prova ai servizi sociali: cos’è e quando si applica
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere
Differenza tra affidamento consensuale e affidamento giudiziale
In Italia, l’affidamento familiare è disciplinato dalla Legge 4 maggio 1983, n. 184, successivamente modificata dalla Legge 28 marzo 2001, n. 149. Questa normativa stabilisce che ogni minore ha diritto a crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia. Tuttavia, quando ciò non è possibile, viene previsto l’affidamento familiare come misura temporanea di protezione.
La legge distingue tra affidamento consensuale e giudiziale:
- l’affidamento consensuale avviene quando la famiglia d’origine, riconoscendo le proprie difficoltà, acconsente volontariamente all’affidamento del minore. In questo caso, l’affidamento è disposto dai servizi sociali che seguono la famiglia in difficoltà, in accordo con quest’ultima ed è reso esecutivo dal Giudice Tutelare;
- l’affidamento giudiziale si verifica invece quando l’allontanamento del minore è necessario per tutelarne l’incolumità in quanto si trova in situazione di grave pregiudizio, ma la famiglia d’origine non vuole o non è in grado di prestare il proprio consenso. Nella fattispecie, è il Tribunale per i Minorenni a disporre l’affidamento, anche in assenza dell’accordo dei genitori.
È importante sottolineare che, in entrambi i casi, l’affidamento è una misura temporanea finalizzata al reinserimento del minore nella famiglia d’origine, una volta superate le difficoltà che hanno reso necessario l’allontanamento.
LEGGI ANCHE Il genitore collocatario può cambiare residenza e trasferirsi all’estero con i figli?
Cosa cambia tra affidamento intrafamiliare ed eterofamiliare
La principale differenza tra affidamento intrafamiliare ed eterofamiliare risiede nella figura degli affidatari:
- nell’affidamento intrafamiliare, il minore viene affidato a parenti entro il quarto grado, come nonni, zii o cugini. Questa forma di affidamento è preferita quando possibile, poiché mantiene il minore all’interno della propria rete familiare, garantendo continuità affettiva e culturale;
- nel caso dell’affidamento eterofamiliare, il minore è accolto da una famiglia affidataria senza legami di parentela. Questa soluzione viene adottata quando non vi sono parenti disponibili o idonei ad accogliere il minore.
Entrambe le forme di affidamento mirano a garantire al minore un ambiente sicuro e affettuoso, ma l’affidamento intrafamiliare è spesso considerato preferibile per la continuità dei legami familiari. Il minore può infatti continuare a vivere in un ambiente che già conosce, mantenendo la sua rete di frequentazioni e abitudini.
Approfondisci leggendo pure A quale età i figli possono decidere con quale genitore stare?
Chi può chiedere l’affido intrafamiliare
L’affido intrafamiliare può essere chiesto dai parenti entro il quarto grado che, constatata la situazione di difficoltà in cui versa la famiglia d’origine, si rendono disponibili ad accogliere il minore. Rivolgendosi ai servizi sociali possono attivare la procedura per ottenerne l’affido.
L’iniziativa può partire anche dagli stessi genitori del bambino che, consapevoli dei propri problemi, ritengono opportuno affidarlo momentaneamente a qualche parente.
In sostanza, si ricorre all’affido quando:
- i genitori non sono in grado, temporaneamente, di prendersi cura del figlio per difficoltà economiche, problemi di salute, dipendenze, o altre problematiche sociali;
- si valuta che l’allontanamento del minore si rende necessario per la sua sicurezza e il suo benessere;
- all’interno della famiglia allargata vi sono parenti idonei e disponibili ad accogliere il minore, evitando soluzioni più drastiche come l’affidamento eterofamiliare o il collocamento in comunità.
Ti suggeriamo di leggere anche Affidamento figli in caso di morte di entrambi i genitori: come funziona?
Come si svolge l’affido intrafamiliare
Con il provvedimento che dispone l’affido, sia che si tratti di atto emesso dal Giudice tutelare su iniziativa dei servizi sociale, sia che si tratti di decisione del Tribunale, si stabilisce, come prima cosa, la durata dell’affidamento. Come abbiamo già precisato, la durata è generalmente temporanea e varia in base alle specifiche esigenze del minore e della sua famiglia.
La legge prevede che l’affidamento possa durare fino a 24 mesi, con possibilità di proroga, nell’interesse del minore, qualora persistano le condizioni di difficoltà nella famiglia d’origine. In questo periodo il figlio potrà continuare a frequentare i propri genitori in base alle modalità stabilite nel provvedimento che dispone l’affido.
Il progetto di affido si pone come obiettivo il rientro a casa una volta cessato il periodo di difficoltà. Viene stabilito un piano per mantenere i contatti tra il minore e la famiglia d’origine, con incontri regolari e un adeguato sostegno a favore dei genitori affinché possano recuperare le loro capacità genitoriali.
LEGGI ANCHE Adozione di un maggiorenne: è possibile?
È previsto un contributo economico a favore della famiglia affidataria?
La legge prevede che la famiglia affidataria possa ricevere un contributo economico per sostenere le spese legate all’accoglienza del minore. Questo contributo varia in base alle disposizioni delle singole Regioni e dei Comuni di residenza. Nel caso dell’affidamento intrafamiliare, spesso i parenti scelgono di rinunciare a tale contributo, considerandolo un atto naturale di supporto familiare. Tuttavia, ricordiamo che il diritto al contributo esiste e può essere richiesto per garantire il benessere del minore affidato.
Gli affidatari possono inoltre beneficiare di un supporto psicologico e sociale. Questi ultimi, nei fatti, non si sostituiscono ai genitori, non ne acquisiscono la responsabilità genitoriale, che permane in capo alla famiglia d’origine, e sono tenuti a favorire i rapporti con quest’ultima.
L’affidamento, infatti, termina quando la famiglia d’origine ha superato le difficoltà e può riprendere il minore. Diversamente, esso cessa quando il minore raggiunge la maggiore età e può decidere autonomamente del proprio futuro o se il Tribunale decide di adottare soluzioni diverse, come l’adozione o un altro tipo di affidamento.
Se hai dubbi o quesiti legali in materia di affidamento intrafamiliare, ti invitiamo a contattare un avvocato specializzato in diritto di famiglia.
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere