Perché le liste elettorali sono divise tra maschi e femmine?
Sapevi che la separazione dei registri delle liste elettorali risale al 1946? In viste delle elezioni del Parlamento europeo, è scoppiato il dibattito sulla questione, che comporta anche la separazione delle file per il voto. Esaminiamo il caso nel dettaglio.
- I registri delle liste elettorali sono divisi per genere, dunque, sussistono due registri, uno per le donne e l’altro per gli uomini.
- La comunità LGBT lamenta che la divisione possa risultare discriminatoria, soprattutto per le persone transgender.
- I dubbi sulla disciplina sono stati avanzati anche dalla politica, ma non sono in atto provvedimenti per superare le regole attuali.
In occasione delle prossime elezioni politiche è sorto un acceso dibattito a proposito della distinzione dei registri elettorali per la votazione tra donne e uomini. La separazione comporta anche la divisione in due file in base al genere di appartenenza.
Le associazione LGBT ritengono che tale divisione abbia natura discriminatoria, in quanto non rispettosa dell’identità di genere di tante persone, quelle che non si riconoscono nel genere binario maschio/femmina.
Il dibattito in questione, in realtà, si inserisce in una discussione ben più ampia, che riguarda proprio il problema di riconoscere in sedi ufficiali quella che è l’identità di genere di tante persone.
Approfondiamo allora questo interessante argomento, partendo da una domanda: perché c’è la separazione in leste elettorali tra uomo e donna?
Cosa sono le liste elettorali
Le liste elettorali sono degli elenchi dei cittadini maggiorenni, che hanno i requisiti per votare. Questi elenchi sono tenuti da ciascun Comune e raccolgono tutti gli iscritti all’anagrafe della popolazione o all’anagrafe dei residenti all’estero, che hanno diritto di voto.
I registri elettorali sono normalmente divisi in liste sezionali, le quali comprendono i cittadini che abitano in una determinata area del Comune e che votano in specifici seggi e sezioni elettorali.
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Perché i registri elettorali sono divisi tra maschi e femmine?
A partire dal 1946, le liste furono anche divise tra maschi e femmine, quando fu concesso il diritto di voto anche alle donne che avessero compiuto 21 anni di età. Il decreto introduttivo di tale facoltà disponeva proprio la «compilazione delle liste elettorali femminili» in tutti i Comuni, specificando che queste avrebbero dovuto essere «distinte da quelle maschili».
La norma non è stata poi modificata dalla legge del 1947, che confermava il diritto di voto per le donne. La normativa, comunque, prevedeva la divisione dei registri in liste di uomini e donne, con indicazione di nome e cognome per ciascun iscritto, la paternità, il luogo e la data di nascita, il titolo di studio, la professione e l’indirizzo di domicilio. Per le donne era anche indicato il cognome del marito.
La disciplina è stata in parte modificata nel 1966, quando fu eliminato l’obbligo di indicare la paternità, ma non anche gli altri requisiti che abbiamo elencato. Solo nel 2003 sono state eliminate dalle liste elettorali le informazioni relative al titolo di studio e alla professione degli iscritti.
È, tuttavia, rimasta la divisione in liste tra maschi e femmine e l’obbligo di indicare il cognome del marito. In sintesi, la divisione del registro è un mero retaggio storico, che non ha una vera e propria ragione pratica.
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Separazione registri elettorali tra maschi e femmine: il dibattito
Durante le ultime elezioni politiche del 2022, si è verificato uno specifico fatto che ha fatto di nuovo sorgere il dibattito circa i diritti della comunità LGBT, in particolare dei diritti delle persone transgender costrette a mettersi nella fila indicata per il genere riportato sul documento di identità.
Per chi non ha completato l’iter di transazione, infatti, il documento di identità riporta il genere posseduto dal soggetto al momento della nascita e, di fatto, ancora attuale. Tale genere però non rispecchia l’identità e l’aspetto della persona costretta a seguire una fila specifica.
Questa situazione crea, di fatto, una forte discriminazione, potendo anche esporre la persona interessata a una situazione sgradevole. La legge, d’altra parte, non crea un discriminazione solo per le persone trangender della comunità, ma anche per le donne cisgender. La separazione dei registri appare una previsione anacronistica, che non risponde a una ragione di interesse generale o di organizzazione e gestione del procedimenti elettorale.
Propria in questa occasione, la senatrice Monica Cirinnà ha affermato:
Ho votato! E ho portato con me una dichiarazione scritta con la quale ho chiesto di mettere a verbale che la divisione dei registri elettorali per maschi e femmine va superata. È un ostacolo all’esercizio del voto delle persone trans e non binarie che, in questo modo, sono costrette a fare coming out. Si potrebbero, invece, dividere elettrici ed elettori in ordine alfabetico in base al cognome. Come succede altrove. Nessuno dovrebbe sentirsi discriminato, mai. Soprattutto quando esercita un diritto fondamentale come votare. Potete farlo anche voi, se volete. Buon voto a tutte e tutti.
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Proposta di legge modifica liste elettorali
La questione della separazione delle liste elettorali tra uomini e donne, di recente, è stata di nuovo oggetto di attenzione da parte del legislatore. Una deputato del PD ha, infatti, proposto di modificare la disciplina e unificare le liste elettorali, dividendole solo per cognome, in ordine alfabetico.
Si tratta di una norma degli anni Quaranta, che non viene cambiata perché per il Ministero dell’Interno è difficile modificare le liste, per ragioni organizzative.
La proposta di legge è stata però ignorata dal Parlamento, quindi alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo tutto resterà immutato.
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Liste elettorali uomo/donna – Domande frequenti
La divisione per genere dei registri delle liste elettorali è un retaggio storico, infatti, si prevede anche che per le donne debba essere indicato anche il nome del marito.
La divisione delle liste elettorali per genere è stata ritenuta discriminatoria dalla popolazione transgender, la quale è costretta a seguire la fila in base al genere risultante all’anagrafe, che però non corrisponde all’aspetto del cittadino.
Allo stato attuale, non risultano in atto tentativi di modifica della disciplina in esame.
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