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Ergastolo bianco: la differenza tra detenuti e internati

Chi sono i cosiddetti internati in Italia, cosa cambia rispetto ai detenuti, qual è la loro condizione nelle carceri e perché, di fatti, il loro si trasforma spesso in un ergastolo bianco.

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  • La legge prevede una differenza tra detenuti e internati.
  • In realtà, però, le loro condizioni sono pressoché le stesse perché anche gli internati si ritrovano rinchiusi in cella.
  • La loro permanenza negli istituti penitenziari si traduce spesso in quello che prende il nome di ergastolo bianco.

Tanto è stato detto, negli anni, sulla funzione rieducativa della pena, ma ogni giorno l’ordinamento penale italiano non smette di stupire con tutte le contraddizioni che lo caratterizzano. 

Tra problemi di sovraffollamento nelle carceri e condizioni di vita precarie, soprattutto a livello psicologico, confermate anche dal crescente numero di suicidi tra le sbarre – che nel 2022 ha toccato la sua cifra record (85) – il carcere, oggi, è ben lontano da quella che dovrebbe essere la sua funzione. La riabilitazione del reo.

A peggiorare ancor di più la tragicità della situazione, troviamo il paradosso della condizione degli internati, persone che si differenziano dai detenuti, anche se, nei fatti, è come se lo fossero. 

Per comprendere meglio chi sono questi soggetti e il martirio al quale sono sottoposti nel nostro Paese, vogliamo prima partire dalla classificazione dei detenuti in Italia, ovvero delle persone che si trovano in carcere, in stato di custodia cautelare o in stato di esecuzione penale. 

Differenza tra indagati e imputati

Una prima differenza da sottolineare è quella presente tra indagati e imputati. I primi sono soggetti sottoposti a un procedimento penale, non ancora rinviati a giudizio. Rimangono tali fino al termine della indagini preliminari. 

Gli imputati, invece, sono coloro i quali sono stati accusati di aver commesso un reato e che, ai sensi del comma 2 dell’art. 27 della Costituzione, non sono considerati colpevoli fino alla sentenza definitiva di condanna. 

Si distinguono a loro volta in:

  1. imputati giudicabili, che sono stati rinviati a giudizio dopo la chiusura delle indagini preliminari e sono in attesa di un giudizio di primo grado in un procedimento penale;
  2. imputati appellanti, che hanno ricevuto una sentenza penale di primo grado e sono in attesa del giudizio di secondo grado;
  3. imputati ricorrenti, per i quali è stata emessa una sentenza penale di secondo grado e che sono in attesa del giudizio in Cassazione. 

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Condannati, arrestati, reclusi

Nel momento in cui riceve una condanna definitiva, l’imputato diventa un condannato, ovvero una persona che dovrà scontare la pena relativa al reato che ha commesso presso un istituto penitenziario. 

Sono condannati anche quei soggetti per cui, in seguito alla sentenza definitiva di condanna, sia stata disposta:

In base alla pena, i condannati possono essere arrestati, reclusi, ergastolani. Di seguito le differenze.

Tipologie di condannatiSignificato
ArrestatiCondannati alla pena dell’arresto, che va da un minimo di 5 giorni fino a 3 anni
ReclusiCondannati alla pena della reclusione, da un minimo di 15 giorni a un massimo di 24 anni (che possono arrivare a 30 in caso di circostanze aggravanti o del cumulo di più pene)
ErgastolaniCondannati alla pena dell’ergastolo

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Cosa significa internato?

Vengono chiamati internati, per essere distinti dai detenuti, tutte quelle persone ancora recluse nonostante abbiano già finito di pagare i loro conti con la giustizia. Il termine richiama il linguaggio degli ex manicomi.

Continuano a essere reclusi perché considerati socialmente pericolosi. Per questo, vengono sottoposti alle misure di sicurezza detentive (previste al numero 1 comma 1 dell’art. 215 c.p.), quali:

  • la colonia agricola;
  • la casa lavoro;
  • la casa di cura e custodia;
  • l’ospedale psichiatrico giudiziario, di fatto abolito nel 2013 e sostituito nel 2015 dalle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS). 

Ma anche le case lavoro hanno le stesse sbarre di una cella e agenti che controllano ciò che fai. Di fatto, le condizioni degli internati non sono troppo distanti da quelle dei detenuti. Alcuni si trovano al 41 bis. Altri restano in cella con i detenuti, alcuni in attesa di essere trasferiti nelle Rems, dove vengono accolti gli autori di reato con disturbi mentali, ritenuti socialmente pericolosi.

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Cos’è l’ergastolo bianco

Un’anomali giuridica – quella vissuta ogni giorno dagli internati – che non trova, al momento, soluzioni alternative e la speranza di un futuro diverso, fuori dal carcere

Queste persone, pur avendo già scontato la loro pena, rimangono in carcere per eseguire una misura di sicurezza detentiva. E, nonostante l’assegnazione a una casa di lavoro, una colonia agricola o un ricovero in una Rems, spesso si ritrovano a vivere nello stesso istituto penitenziario in cui si trovavano già. 

Le case di lavoro risultano, frequentemente, dei veri e propri flop, trasformandosi in prigioni per la vita. Gli internati – che a volte sono delinquenti abituali – oziano quindi in cella, al fianco dei detenuti. Le differenze che li separano esistono solo sulla carta. Non lavorando – perché sono poche le cooperative disposte ad assumerli e gli unici lavori disponibili sono quelli per l’amministrazione penitenziaria – non hanno neanche modo di dimostrare la loro cessata o ridotta pericolosità

Una detenzione a tempo indeterminato, che ha portato a definire la situazione degli internati con l’epiteto ergastolo bianco. Entri in carcere, potresti non uscire mai più. La misura di sicurezza può infatti essere prorogata diverse volte, senza sosta – almeno ciò era possibile fino al 2014. 

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Una legge più equa

Gli internati sono considerati da molti giuristi un “residuo di archeologia giuridica” contrario alla Costituzione. In effetti, si tratta di una misura che risale al codice fascista Rocco. Prima del 2014, gli internati correvano davvero il rischio di restare in carcere per tutta la vita.

Il cambiamento è arrivato con l’art. 1 comma 1 ter del D. L. 31 marzo 2014 n. 52, così come convertito in legge 30 maggio 2014 n. 81, con il quale è stato previsto che:

le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima.

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Problemi applicativi

Il problema degli internati è ancorato a una questione più complessa: quella del doppio sistema sanzionatorio che distingue tra pena, la quale dipende dalla colpevolezza del soggetto per il reato commesso, da applicare in base alla gravità, e misura di sicurezza, che invece si basa sul concetto di pericolosità sociale del reo

Questo doppio binario spesso viaggia in un’unica direzione e si traduce con l’applicazione congiunta della pena e della misura di sicurezza – si pensi ai casi di internati condannati al 41 bis. 

Così facendo, però, si verifica una duplice privazione della libertà personale dell’individuo, andando ben oltre il limite stabilito dalla colpevolezza per il fatto criminoso commesso. L’esecuzione della misura di sicurezza dovrebbe infatti restare separata rispetto alla pena e prevedere modalità esecutive differenti, anche in relazione all’obiettivo di fornire al detenuto un supporto riabilitativo e risocializzativo al termine della pena. 

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Ergastolo bianco – Domande frequenti

Che differenza c’è tra detenuti e internati?

Detenuti e internati sono due soggetti differenti, ma nei fatti la loro condizione è molto simile: scopri quali sono le differenze nella nostra guida. 

Che cosa è l’ergastolo bianco?

Gli internati, che si trovano in carcere perché sottoposti a una misura di sicurezza detentiva, spesso sono costretti a stare in cella per periodi lunghissimi. Per questo motivo, la loro condizione è nota come ergastolo bianco. 

Perché gli internati non escono dal carcere?

Gli internati sono sottoposti alle misure di sicurezza detentiva, quindi restano in carcere, in base al fatto che vengono considerati socialmente pericolosi. 

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Maria Saia
Esperta di diritti delle donne
Ha respirato per più di 20 anni la stessa aria di Falcone e Borsellino e ne condivide, ancora oggi, il sogno utopico di un mondo senza mafie e ingiustizie. Non a caso, “È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo” è una delle sue citazioni preferite. Su deQuo, scrive di bonus e agevolazioni statali e di diritti della persona - in particolare, di diritti delle donne.
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