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Funzione rieducativa della pena: cosa sono i benefici penitenziari

I benefici penitenziari sono degli strumenti mediante i quali si favorisce la risocializzazione del detenuto. Essi consentono di trascorrere parte della pena al di fuori dell’istituto penitenziario, anche solo per poche ore al giorno.

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  • I benefici penitenziari sono istituti che consentono la risocializzazione del detenuto e il suo progressivo reinserimento nella società.
  • Permettono di trascorrere parte della pena al di fuori dell’istituto penitenziario: per tale ragione sono spesso comparati con le misure alternative alla detenzione.
  • In genere, è competente il Magistrato di Sorveglianza all’adozione del provvedimento.

I benefici penitenziari sono previsti dalla legge sull’ordinamento penitenziario. Consentono di realizzare la progressività della pena e di favorire la risocializzazione, anche mediante il controllo di assistenti sociali o il lavoro esterno.

Sono adottati, in genere su richiesta del detenuto dal Magistrato di Sorveglianza. Sono stati recentemente toccati dagli interventi della Legge di Bilancio 2023, per quanto riguarda i c.d. reati ostativi. Nelle prossime righe, cercheremo di analizzare più nel dettaglio la disciplina dei benefici penitenziari. 

Benefici penitenziarie e funzione rieducativa della pena

Secondo orientamento ormai accreditato in giurisprudenza e in dottrina, la funzione della pene è prevalentemente rieducativa, come si desume dall’art. 27 Cost. Ciò che non esclude che possa svolgere altre anche altre funzioni.

Tuttavia, indipendentemente dalla compresenza di più funzioni, la pena deve consentire la risocializzazione del reo e la rieducazione ai valori dell’ordinamento, al fine di consentire la sua reintegrazione nella comunità.

Principio strettamente connesso è quello della progressione nel trattamento sanzionatorio, che implica molteplici conseguenze. Quella che più ci interessa è relativa alla necessità di adeguare il trattamento ai progressi effettuati dal detenuto in ottica rieducativa.

In altri termini, in base alla buona condotta del soggetto, si deve consentire:

  • la riduzione della pena da espiare; 
  • oppure, l’accesso alle forme di esecuzione della pena con modalità extra carcerarie.

In tal modo, si consente un graduale reinserimento nella società, proprio da un punto di vista fattuale.

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Buona condotta: cos’è

I benefici penitenziari vengono erogati sulla base del presupposto della buona condotta. Cosa significa questa locuzione? In genere, buona condotta fa riferimento alla condotta tenuta dal detenuto nell’arco di tempo intercorrente dall’inizio dell’esecuzione della pena all’adozione della misura.

Il soggetto deve, quindi, dimostrare un ravvedimento che sia oggettivamente desumibile dai comportamenti tenuti. Il detenuto è chiamato a partecipare alle attività previste, volte a realizzare la sua risocializzazione, dando così prova di partecipazione al processo di rieducazione. Dunque, non è sufficiente aver assunto un comportamento corretto e conforme alle regole. 

Quali sono i benefici penitenziari?

La legge sull’ordinamento penitenziario prevede una serie di benefici penitenziari, che, come affermato nel paragrafo precedente, consentono di assicurare la progressività della pena. 

Appartengono a questa categoria:

  1. i permessi premio;
  2. la semilibertà;
  3. la libertà condizionata;
  4. il lavoro esterno.

A queste fattispecie si aggiungono, convenzionalmente, le misure alternative alla detenzione. Queste, benché costituiscano una modalità di esecuzione della pena extra carceraria, rappresentano comunque strumenti per realizzare la progressione nella pena. Si tratta di:

Passiamo all’analisi dei 4 benefici penitenziari previsti dal nostro ordinamento.

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1) Permessi premio

I permessi premio sono uno dei principali benefici penitenziari. L’istituto è disciplinato all’art. 30 della legge sull’ordinamento penitenziario. 

Questi consistono nella possibilità di trascorrere alcuni giorni, non superiori a 15, fuori dall’istituto penitenziario, per coltivare interessi culturali, artistici o lavorativi. Possono essere concessi non più di 45 giorni l’anno di permessi premio.

Sono erogati a:

  1. soggetti ad arresto o reclusione non superiore a 3 anni, anche se congiunta all’arresto;
  2. alla reclusione superiore a 3 anni, salvo quanto previsto alla lettera c), dopo l’espiazione di almeno 1/4 della pena;
  3. condannati alla reclusione per i reati indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis, dopo l’espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre 10 anni;
  4. condannati all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno 10 anni.

Il beneficio viene concesso dal Magistrato di Sorveglianza, quando il detenuto dimostri segnali di risocializzazione e rieducazione ai valori sociali e dell’ordinamento. È competente il magistrato presso l’ufficio annesso all’istituto in cui è scontata la pena.

Il giudice assume informazioni necessarie ed emana il provvedimento motivato. Questo deve essere comunicato immediatamente al PM e all’interessato. È possibile presentare reclamo al Tribunale di Sorveglianza entro 24 ore.

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2) Semilibertà

Il regime di semilibertà consiste nella possibilità del condannato di trascorrere parte del giorno fuori dall’istituto penitenziario, per partecipare ad attività istruttive, lavorative o comunque finalizzate al reinserimento sociale. I condannati sottoposti a semilibertà sono assegnati ad appositi istituti.

Possono accedere al regime:

  • condannati alla pena dell’arresto e alla pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale;
  • fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l’espiazione di almeno metà della pena, ovvero se si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4-bis, di almeno due terzi di essa;
  • il condannato all’ergastolo, ma solo dopo avere espiato almeno venti anni di pena.

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regime di sorveglianza particolare

3) Libertà condizionale

La libertà condizionale è un beneficio penitenziario che consiste nella possibilità di espletare il resto della pena al di fuori del carcere. 

Sono previsti dei requisiti sia oggettivi sia soggettivi per accedere alla misura. Per quanto riguarda i requisiti oggettivi, consistono nell’aver espiato:

  • almeno trenta mesi, o comunque almeno metà della pena, se la pena residua non superi i cinque anni;
  • almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflitta, in caso di recidiva aggravata o reiterata;
  • almeno ventisei anni di pena, in caso di condanna all’ergastolo;
  • almeno due terzi della pena, in caso di condanna per i reati di cui all’art. 4 bis ord. pen.

Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, il condannato deve:

  1. aver avuto una buona condotta, dimostrando la rieducazione ai valori dell’ordinamento;
  2. aver adempiuto alle obbligazioni civili nascenti dal reato.

L’istanza per accedere alla liberazione condizionale deve essere presentata al direttore del carcere, che la invia al Tribunale di Sorveglianza competente per zona in cui si trova l’istituto penitenziario. Quest’ultimo decide sulla liberazione con un proprio provvedimento. Se rigettata la richiesta, non può essere riproposta prima di 6 mesi.

Il Centro di Servizio Sociale svolge un importante ruolo, in quanto collabora all’osservazione del detenuto e redige la relazione in base alla quale il Tribunale di Sorveglianza decide. 

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4) Lavoro esterno

Il lavoro esterno è un beneficio penitenziario previsto dall’art. 48 ord. pen. Questo beneficio consiste nella facoltà concessa al detenuto di uscire dall’istituto penitenziario per:

  1. svolgere attività lavorativa anche autonoma;
  2. frequentare un corso di formazione professionale.

La legge 8 marzo 2001 n. 40 ha ammesso questo beneficio del lavoro esterno anche alle madri o padri con figli di età inferiore ai 10 anni, laddove siano essenziali per la cura del minore. 

Possono accedere al beneficio penitenziario i condannati:

  • all’arresto, o alla reclusione non superiore a 3 anni, anche se congiunta all’arresto;
  • alla reclusione superiore a 3 anni, salvo quanto previsto alla lettera c), dopo l’espiazione di almeno 1/4 della pena;
  • i condannati alla reclusione per i reati indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis, dopo l’espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre 10 anni;
  • all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno 10 anni.

L’Istanza deve essere presentata al Magistrato di Sorveglianza competente in base al luogo dove si trova l’istituto di pena. Al fine di accedere al lavoro esterno deve essere elaborato un apposito programma con l’istituto di pena, a cui segue:

  • l’emissione di autorizzazione del direttore dell’istituto;
  • il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza che rende esecutiva l’autorizzazione.

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Regime di sorveglianza particolare

L’art. 14 bis dell’ordinamento penitenziario prevede un regime particolare di sorveglianza per i soggetti che sono ritenuti pericolosi. Possono esservi sottoposti i detenuti che:

  • con i loro comportamenti compromettono la sicurezza negli istituti penitenziari
  • con la violenza o la minaccia impediscono le attività degli altri detenuti;
  • nella vita penitenziaria mettono in stato di soggezione altri detenuti.

In genere, è un trattamento applicato a chi, per lunghi periodi, è stato sottoposto al regime del 41 bis. Può essere previsto già a partire dell’ingresso nell’istituto. Sull’applicazione decide l’istituto penitenziario su segnalazione stessa dell’autorità giudiziaria, anche in via di urgenza, senza attendere i pareri necessari.

È una misura che non ha carattere punitivo, ma cautelare ed è volta ad assicurare la sicurezza nelle carceri. Laddove dovesse risultare necessario, può essere anche disposto il trasferimento del detenuto.

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Le restrizioni non possono riguardare:

  • l’igiene;
  • il possesso, l’acquisto e la ricezione di generi ammessi;
  • la lettura di libri e periodici, le pratiche di culto, l’uso di apparecchi radio del tipo consentito;
  • la permanenza all’aperto per almeno due ore al giorno 
  • i colloqui.
benefici penitenziari e ergastolo ostativo

Benefici penitenziari e ergastolo ostativo

L’ergastolo ostativo individua la pena erogata per alcuni specifici reati, previsti dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario. Questi si connotano per particolare gravità – sono in genere reati associativi, connessi alle violenze sessuali o reati in materia di stupefacenti o contrabbando.

In particolare, l’ordinamento, nel sistema previgente, imponeva la possibilità di accedere ai benefici penitenziari solo in caso di collaborazione del soggetto detenuto, per quanto riguarda i reati associativi. Dalla collaborazione si desumeva, in via presuntiva, la risocializzazione del reo. La previsione normativa è stata più volte posta all’attenzione della giurisprudenza della Corte Costituzionale. 

Permessi premio ed ergastolo ostativo

La prima questione è stata posta con riferimento ai permessi premio. La Cassazione ha sollevato, in particolare, questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione dell’art. 4 bis co. 1 della legge sull’ordinamento penitenziario.

La questione era relativa alla parte in cui escludeva che il condannato all’ergastolo per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. o altro delitto aggravato dal metodo mafioso, non abbia collaborato con la giustizia a norma dell’art. 58 ter ord. pen., possa beneficiare dei permessi premio.

Si trattava di una preclusione che impediva al magistrato di sorveglianza qualunque valutazione in concreto sulla pericolosità del condannato, determinando l’inammissibilità di ogni richiesta di quest’ultimo di accedere ai benefici penitenziari. 

Permessi premio e Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale stabilì sostanzialmente che questo automatismo fosse irragionevole, considerando la peculiarità di questo beneficio penitenziario, in quanto il permesso premio non comporta l’uscita definitiva dal carcere, ma di breve durata.

La Corte Costituzionale ha sostenuto, in questa specifica occasione, che tale presunzione non è in sé costituzionalmente illegittima. Non è irragionevole, infatti, presumere il mantenimento dei collegamenti con l’organizzazione criminale da parte del condannato non collaborante.

È irragionevole, piuttosto, pretendere che la presunzione non possa esser vinta da prova contraria. Insomma, l’irragionevolezza sta soltanto nell’assolutezza della presunzione. La presunzione non può che essere relativa – si precisa comunque che la presunzione potrà essere contraddetta a determinate e rigorose condizioni.

La Corte sostiene, allora, che devono essere presenti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti. Si introduce, quindi, un regime probatorio rafforzato posto a carico del condannato.

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Novità in tema di ergastolo ostativo

Oltre alla precedente pronuncia sui permessi premio, la giurisprudenza della Corte Costituzionale è intervenuta successivamente anche rispetto agli altri benefici penitenziari, in particolare alla liberazione condizionale.

È stata affermata l’irragionevolezza della presunzione di pericolosità che deriva dalla mancata collaborazione. Si sostiene infatti che non sempre collaborare costituisce una scelta libera, in quanto potrebbe essere doppiamente condizionata.

Per esempio:

  • il condannato potrebbe non collaborare per timore di ripercussioni su di sé o altri congiunti;
  • il condannato collabora solo per avere i benefici, ma non vi è alcuna forma di ravvedimento.

Per tale ragione, la Corte Costituzionale ha chiesto un intervento del legislatore. A differenza del caso precedente in cui ha dichiarato l’incostituzionalità, qui ha evidenziato la particolare rilevanza della misura, che consente l‘uscita dal carcere definitiva.

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Rispetto a reati molto gravi, quali quelli di associazione per delinquere, la collaborazione è uno strumento fondamentale di indagine, quindi risultava necessaria una modifica legislativa. Il legislatore è intervenuto proprio di recente, con la Legge di Bilancio 2023, adeguando la disciplina agli interventi della Corte. 

In particolare, la disciplina dispone che è possibile concedere i benefici penitenziari laddove in concreto il soggetto non collaborante dimostri reinserimento sociale, mediante i seguenti criteri:

  1. l’aver risarcito i danni provocati;
  2. i requisiti che consentono di desumere la non attualità del collegamento con l’organizzazione;
  3. acquisto di pareri del PM di primo grado e della Procura distrettuale.

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Benefici penitenziari – Domande frequenti

Che cos’è il 14 bis?

Il 14 bis delle legge sull’ordinamento penitenziario è la norma che prevede il regime di sorveglianza speciale per alcuni detenuti ritenuti pericolosi.

Quali sono i reati ostativi?

I reati ostativi sono reati di associazione, anche mafiosa, traffico stupefacenti e contrabbando, violenze sessuale.

Quali sono i benefici dell’ergastolo ostativo?

Oggi sono ammessi tutti i benefici penitenziari per i condannati all’ergastolo ostativo, anche se non collaborano con l’autorità giudiziaria. 

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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