La legge elettorale per far votare i fuorisede è ancora bloccata in Senato
Quasi 5 milioni di persone rischiano di non poter votare alle elezioni del Parlamento europeo del 9 giugno 2024: perché? Cosa è successo alla legge per il voto dei fuorisede che era stata approvata alla Camera? Parliamone.
Ci sono stati tanti anni della mia vita in cui ero lontana da casa, domiciliata altrove. Vivevo in un’altra città, in un’altra Regione, ma avevo deciso di non spostare la residenza. Forse pensavo un giorno di tornare.
In quegli anni, ci sono state volte in cui non ho votato. Il motivo? La legge non mi permetteva di votare nella città in cui mi ero trasferita e nella quale la mia vita stava prendendo forma. L’unico modo per votare era infatti quello di tornare nel Comune in cui avevo ancora la residenza.
Che tra una cosa e l’altra significava dover spendere tanti soldi per il biglietto: gli sconti previsti con la compagnia di linea dei tempi non erano comunque più competitivi di un viaggio, stretti e scomodi, con una qualunque low cost.
Ho sperato, però, che con il trascorrere del tempo le cose sarebbero cambiate e che per i fuorisede ci sarebbe stata una legge che permettesse loro di votare come tali, quindi nel Comune di domicilio invece che in quello di residenza.
Il 9 giugno 2024 si terranno le votazioni per l’elezione del Parlamento europeo e questa legge non è ancora realtà: è rimasta, infatti, bloccata in Senato e pare che non ci sia nessun interesse a ricalendarizzare la sua discussione.
Elezioni da fuorisede: chi non può votare?
Sono 4,9 milioni le persone fuorisede (studenti e lavoratori) che oggi non possono votare nella città in cui vivono perché non hanno spostato lì la residenza. Il 10% del corpo elettorale del Paese, in pratica.
A prescindere dalle motivazioni personali per i quali non si cambia la residenza, il voto dovrebbe essere un diritto e, come tale, dovrebbe anche essere garantito. Così l’astensionismo rischia di diventare, ancora una volta, il partito più votato alle elezioni.
Spesso spostarsi per andare a votare significa dover rivoluzionare i propri impegni lavorativi e sociali, per sobbarcarsi in un viaggio in cui, ancora una volta, si ricorderanno i motivi per i quali si era andati via, soprattutto nelle Regioni del Sud. Quando ti rendi conto che ci metti quasi lo stesso tempo che ci vuole per andare a New York per tornare a casa a votare.
Mancanza di infrastrutture adeguate, di mezzi pubblici che permettano di collegare qualsiasi comune tramite coincidenze, ferrovie ferme al monobinario, luoghi che sono stati abbandonati a sé stessi e quasi dimenticati, come la legge per il voto ai fuorisede arenata in Senato.
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Perché la legge è ferma in Senato
La proposta di legge del comitato Voto dove vivo è giunta alla Camera, anche per merito della deputata Marianna Madia. Tuttavia, dopo essere stata approvata alla Camera, è rimasta incagliata in Senato. È ancora possibile che la situazione si evolva, ma ci dovrebbe essere un’accelerazione dei tempi per fare in modo che, prima di giugno, l’approvazione arrivi anche in Senato.
Purtroppo, però, al momento il Senato ha questioni ancor più spinose da trattare, come la riforma sul premierato o quella che dovrebbe introdurre l’autonomia differenziata delle Regioni. Insomma, quella del voto ai fuorisede nel Comune di domicilio non fa neanche parte dell’agenda del Senato.
Un voto che potrebbe essere facile e che, invece, nei fatti è difficilissimo. L’Italia è oggi, assieme a Malta e Cipro, l’unico Paese europeo dove i fuorisede non possono votare se non hanno già trasferito la propria residenza nel luogo in cui abitano. Perché non adeguarsi allo standard europeo?
Si potrebbe poi anche prendere spunto da altri esempi nostrani, come il voto per corrispondenza concesso a chi risiede stabilmente o temporaneamente all’estero o quello valido per le Forze dell’Ordine e i militari, che possono votare nel luogo in cui hanno il domicilio.
Legge elettorale per i fuorisede: cosa stanno le cose oggi
Siamo davanti a questione che l’attuale Governo non sembra interessato a risolvere: nel frattempo, l’astensionismo da parte dei giovani ha raggiunto il 37% alle scorse elezioni politiche, con una percentuale del 50,5% toccata alle ultime elezioni europee.
Un dato che si ostina a non cambiare:
- per la mancanza di volontà da parte delle forze politiche: più che trovare una soluzione comune, sembra ci sia un interesse a portare la questione per le lunghe, attraverso il dibattito e l’opposizione;
- per la lentezza con cui si muove la macchina amministrativa – le prime proposte sono state avanzate nel 2010, durante l’ultimo Governo Berlusconi.
Nella proposta di Madia, è stato ipotizzato il voto anticipato: si darebbe ai cittadini fuori sede la possibilità di votare, qualche giorno prima delle elezioni, in un seggio collocato in un ufficio postale del luogo di domicilio. La scheda sarebbe sigillata e inviata al proprio Comune di residenza, per essere mescolata alle altre prima dello spoglio.
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Legge per il voto ai fuorisede tra oppositori e fautori
Tra gli oppositori alla legge Madia troviamo Wanda Ferro, che la reputa contraria al principio di territorialità e secondo la quale porterebbe a una modifica del bacino elettorale, che influenzerebbe la formazione dei collegi.
Tali obiezioni potrebbero però essere superate in nome del principio del diritto democratico al voto. Perché non dare la possibilità di votare ai cittadini che si trovano all’interno del Paese ma sono fuorisede, quando poi il voto all’estero avviene con buste spedite tramite Posta e sistemi di sicurezza neanche troppo elevati?
Secondo il M5S Siamo di fronte a un atteggiamento surreale che colloca il governo Meloni fuori dalla realtà. L’astensione è già molto alta, perché darle una mano?
Il voto nel proprio domicilio permetterebbe di recuperare tra i 2 e i 3 milioni di elettori, che potrebbero votare a sinistra, a destra o al centro. Un vantaggio che, nei fatti, andrebbe a beneficio di tutti.
Nel frattempo, la protesta continua: il 30 gennaio è infatti partita la manifestazione promossa da The Good Lobby, Will Media, Fanta Sanremo e altre società che stanno cercando di spronare i senatori a votare la legge delega sul voto per i fuorisede.
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