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Stallo condominiale: quando si verifica e come comportarsi

Il condominio è un mero ente di gestione che si occupa di amministrare le cose in comunione. Le decisioni sono prese in assemblea dai condomini, che tuttavia potrebbero non riuscire a giungere ad una soluzione. In questo caso, vi è uno stallo condominiale. Cosa è possibile fare in queste ipotesi?

stallo condominiale
  • Stallo condominiale è una locuzione che fa riferimento alla difficoltà per l’assemblea di condominio di prendere una decisione.
  • Questa può verificarsi in diverse ipotesi, per esempio quando non si presentano i condomini in assemblea.
  • Laddove si verifichi tale evenienza, l’unico rimedio a disposizione dei singoli condomini è quello di adire all’autorità giudiziaria.

Stallo condominiale è un termine che viene impiegato in specifiche situazioni di inerzia dell’assemblea condominiale. La legge, infatti, prevede una serie di regole che devono essere applicate per assumere una decisione in sede al condominio. Quest’ultimo non è una persona giuridica, ma un ente di gestione, quindi le decisioni spettano ai proprietari delle unità abitative nell’edificio.

Nel presente articolo ti spiegheremo, in primo luogo, cos’è un condominio e come vengono assunte le decisioni, in maniera sintetica. Dopodiché, passeremo ad esaminare le varie ipotesi di inerzia dell’assemblea condominiale, che sono causa dello stallo.

Infine, ci soffermeremo su quelli che sono i rimedi che il legislatore mette a disposizione dei condomini. In particolare, ti descriveremo come si nomina l’amministratore giudiziario, quando e quale funzione svolge. 

Che cos’è il condominio?

Prima di iniziare a trattare dello stallo condominiale, cerchiamo brevemente di spiegare alcune caratteristiche essenziali del condominio, anche per capire la questione che andremo ad affrontare. 

Il condominio è una comunione forzosa che riguarda le parti comuni di un edificio, al cui interno sono presenti più unità immobiliari. Perché si dice forzosa? Essa è tale perché il proprietario dell’unità immobiliare non può rinunciare ad essa o trasferire la sua quota di comunione ad altri soggetti.

Ciascuno dei proprietari della singola unità è condomino e può godere e sfruttare questi beni comuni. Alcuni beni sono necessariamente in comunione, come le strutture portanti dell’edificio, quindi scale, mura, portone, ingresso, cortile, ecc. 

Possono essere previsti beni che sono di esclusivo utilizzo del condominio? Sul punto si è discusso sia in dottrina sia in giurisprudenza. C’è chi sostiene che sia possibile, facendo anche riferimento alla fattispecie del lastrico solare. Il codice civile espressamente contempla la fattispecie dell’uso esclusivo del lastrico, tuttavia è necessario fare alcune precisazioni.

Con uso esclusivo del lastrico si intende l’esercizio del diritto al calpestio e alla soprelevazione, però il lastrico continua a svolgere una funzione che è comune a tutti i condomini, ossia quella di copertura dell’edificio.

La quota di comproprietà è quella determinata in base alla tabelle millesimali, che prendono in considerazione l’estensione dell’unità immobiliare. Dunque, nascono diritti e doveri commisurati a predetta quota – le eventuali obbligazioni sono dette propter rem, perché sono collegate all’esercizio di un diritto reale.

Ti consigliamo di approfondire l’argomento anche leggendo: Condominio: definizione, organi e pagamento delle spese

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Come decide il condominio?

Il condominio non è una persona giuridica: ad oggi si ritiene che sia un ente di gestione, cioè consente di gestire la cura e il mantenimento delle cose comuni. Ciò significa che le decisioni non possono essere prese dall’amministratore, ma devono essere sempre prese dai condomini mediante l’organo assembleare.

L’assemblea condominiale decide mediante delibere, che possono essere prese a maggioranza o all’unanimità, se si tratta di atti dispositivi o di straordinaria amministrazione oppure innovativi, o a maggioranza, se si tratta di atti di ordinaria amministrazione.

La maggioranza sussiste se sono presenti tanti condomini che rappresentano almeno la metà delle quote millesimali e se vi è la maggioranza dei votanti tra questi. Quindi, la legge richiede anche un quorum di validità per le delibere condominiali. Le delibere, se prese a maggioranza, si applicano a tutti i condomini, salvo opposizione entro il termine di 30 giorni.

Dunque, questo metodo di decisione può condurre al c.d. stallo condominiale nell’assunzione di una specifica decisione da parte del condominio.

LEGGI ANCHE: Il mandato irrevocabile a modificare le tabelle millesimali originariamente predisposte non è efficace se non ratificato dall’assemblea condominiale (Nota a Cassazione n. 791 del 12/1/2022)

Che cos’è lo stallo condominiale decisionale?

Lo stallo condominiale decisionale si verifica quando si crea una situazione di paralisi dell’organo assembleare, che deve prendere una decisione. Come abbiamo evidenziato, il regime previsto potrebbe comportare non poche problematiche circa la possibilità di arrivare ad una decisione.

Questo, per esempio, può verificarsi anche nelle società, dove sono presenti due soci e ognuno è titolare di una quota: questo rende quasi impossibile prendere le decisioni, poiché è necessario che entrambi siano d’accordo, altrimenti si realizza uno stallo.

Questo si verifica anche nell’ambito del condominio, quando i condomini devono decidere all’unanimità, ma, talvolta, può accadere anche quando debbano decidere a maggioranza. Lo stallo è una problematica tipica dei piccoli condomini con pochi proprietari, soprattutto se non si tratta di condomini familiari.

Più si riduce il numero dei condomini, più si innalza un rischio di stallo condominiale anche quando si devono prendere decisioni a maggioranza, oltre che all’unanimità. Anche nel condominio possono esserci solo due o tre condomini: quando ci sono solo due condomini si parla di condominio minimo, come nel caso delle villette bifamiliari. 

Ciò non esclude che lo stallo condominiale possa verificarsi anche in edifici di maggiori dimensioni, soprattutto quando la maggior parte dei condomini non si presenta in assemblea. In questo caso, si viene a creare una situazione non dissimile da quella che si avrebbe nei piccoli edifici.

Approfondisci l’argomento leggendo anche: Riforma del condominio 2023: come cambia la mediazione?

Cos’è il condominio minimo?

Un condominio minimo, in genere, è un condominio con due unità immobiliari, quindi con due proprietari. Per essere definito condominio minimo non devono essere presenti più di 4 proprietari. Se non è superata la soglia degli 8 proprietari, invece, si parla di piccolo condominio.

Queste definizioni sono importanti, perché con la riforma del condominio del 2012 sono state introdotte apposite regole che regolano queste fattispecie. In generale, valgono tutte le regole in vigore per i condomini normali – però per questi non vi è l’obbligo di nomina dell’amministrazione e l’adozione di un regolamento.

Anche se non sussiste un obbligo di nomina dell’amministratore per i condomini minimi, tuttavia, questa facoltà comunque non è esclusa, anche perché l’amministratore è un mero mandatario dei condomini. Quindi, discrezionalmente, i condomini potrebbero decidere di pagare un professionista, anche esterno al condominio, per gestire le varie attività e decisioni – è però anche possibile procedere alla gestione senza amministratore, in seno all’assemblea.

Potrebbe anche esserti utile leggere: Consulenza Legale Condominio: come trovare un avvocato online

stallo condominiale quando si verifica cosa fare

Cosa succede in caso di stallo condominiale?

Lo stallo condominiale è un’ipotesi piuttosto frequente: purtroppo non vi sono molti rimedi per risolverlo. Si può tentare di discutere la questione in via bonaria al fine di giungere ad un compromesso, ma nel caso questa strada non sia sufficiente, è necessario ricorrere al giudice

Si ricorda, poi, che alcuni provvedimenti sono proprio necessari alla conservazione e all’amministrazione della cosa comune. Quindi, se non si raggiunge la maggioranza, è inevitabile ricorrere all’autorità giudiziaria, la quale prenderà la decisione per conto dei condomini.

Tale possibilità è stata espressamente contemplata dalla legge, che indirettamente impone di adire al giudice per superare lo stallo decisionale. Il giudice potrebbe anche nominare un amministratore giudiziario.

Quindi, ciascun condomino può rivolgersi al giudice al fine di risolvere il predetto stallo, per prendere gli opportuni provvedimenti. Il giudice provvederà all’esecuzione dei provvedimenti mediante l’amministratore.

Per perseguire suddetto obiettivo, il legislatore ha previsto anche uno specifico provvedimento davanti al tribunale, per imporre ai condomini l’attuazione dei provvedimenti e la realizzazione di opere. 

Ti consigliamo anche di leggere: Comunicazione verbale assemblea di condominio: come funziona

Come si fa ricorso al giudice?

Il ricorso al giudice è possibile in caso di stallo condominiale, cioè se non si giunge ad una decisione in sede di assemblea condominiale:

  • in caso di contrasto tra condomini, quindi non si raggiunge la maggioranza per deliberare; 
  • quando non è stata convocata l’assemblea di condominio;
  • in tutte le altre ipotesi in cui non sia possibile assumere una determinata decisione. Per esempio, un caso di questo tipo si verifica quando solo uno dei condomini si presenta in assemblea, quindi non è neanche raggiunto il quorum deliberativo. In tale evenienza, si parla di inerzia assembleare;
  • quando l’assemblea non riesce a nominare l’amministratore di condominio, dopo la cessazione della carica del predecessore.

Potresti essere interessato anche al nostro approfondimento su Come funziona il verbale dell’assemblea condominiale

Stallo condominiale e nomina dell’amministratore

Come abbiamo evidenziato nei precedenti paragrafi, in caso di ricorso al giudice questo può nominare un amministratore per l’esecuzione dei provvedimenti che lo stesso giudice ha disposto. La legge riconosce ai singoli condomini di ricorrere al giudice anche al solo scopo di nominare l’amministratore giudiziario, o anche per revocarlo.

In questo caso, si tratta di volontaria giurisdizione, ossia un’attività di diritto privato esercitata, però, dall’organo giurisdizionale. Il giudice, in questa ipotesi, non svolge una funzione di tutela giurisdizionale, come invece avviene in sede di contenzioso, ma, opera per prevenire controversie. 

Non è dunque finalizzato all’attuazione del diritto, ma alla realizzazione e all’esercizio di un potere, ad integrare uno stato personale, un regime o situazione giuridica. Quindi, se l’assemblea, per una delle ragioni che abbiamo elencato nel paragrafo precedente, non ha preso la decisione, allora è possibile ricorrere al giudice per la nomina dell’amministratore.

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stallo condominiale cosa fare

La funzione dell’amministratore giudiziario

Normalmente, la nomina dell’amministratore è attribuita all’assemblea, così come anche la scelta di ricorrere all’amministratore giudiziario; in questo caso, invece, può anche essere assunta dal giudice. 

L’intervento dell’autorità giudiziaria è però a carattere eccezionale, quando non sia possibile procedere tramite delibera condominiale. Il giudice dovrà procedere all’accertamento di tale impossibilità, svolgendo, come dicevamo poc’anzi, una funzione di amministrazione. 

Dovrà essere scelto, tuttavia, comunque in base ai medesimi criteri, cioè se il soggetto è idoneo a svolgere il proprio ruolo e ad adempiere efficientemente. 

L’amministratore giudiziario può svolgere le stesse funzioni che normalmente sono devolute all’amministratore nominato dall’assemblea. Queste funzioni sono elencate all’art. 1130 c.c., in assenza di delibera. Mentre, in base all’art. 1131 c.c., può esercitare poteri di rappresentanza, nei limiti delle attribuzioni contemplate dall’art. 1130 c.c.

I provvedimenti dell’amministratore giudiziario, quando disposti dal giudice, sono obbligatori per i condomini, salvo i rimedi concessi in sede giudiziaria o assembleare.

Ti consigliamo anche di leggere: Cosa fare se l’amministratore non esegue le delibere condominiali

Compenso e durata dell’incarico

Anche l’amministratore giudiziario deve essere remunerato, come quello ordinario: il compenso deve essere determinato in base all’attività svolta. L’amministratore nominato dal giudice, però, deve precisare, con preventivo scritto ai condomini, la misura del compenso che intende richiedere. Gli oneri sono a carico di tutti i condomini.

La nomina dell’amministratore giudiziario, poi, non trova fondamento in una delibera assembleare, ma dall’esigenza di sopperire all’inerzia dell’assemblea. Dunque, non opera il limite minimo dell’art. 1129 per l’incarico, che equivale ad un anno.

Si applica, invece, il limite massimo di durata dell’ufficio, il quale può anche cessare prima che vengano meno le ragioni della nomina. 

Ti potrebbe anche interessare leggere: Atti emulativi in condominio: cosa comportano?

Stallo condominiale – Domande frequenti

Cosa si intende per stallo condominiale?

Lo stallo condominiale si verifica quando l’assemblea dei condomini non è in grado di prendere una decisione, che tuttavia è essenziale al fine di gestire la cosa comune.

Cosa fare in caso di stallo condominiale?

In caso di stallo condominiale, è necessario ricorrere all’autorità giudiziaria che assume le decisioni al posto dell’assemblea. Allo scopo di dare esecuzione ai provvedimenti richiesti può anche nominare un amministratore.

Quanto dura in carica l’amministratore?

Nell’ipotesi di stallo condominiale, la carica dell’amministratore giudiziario non necessariamente deve rispettare il limite dell’anno di cui all’art. 1129 c.c. La carica può anche cessare prima che sia stata risolta la questione che ne ha causato la nomina.

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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