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Straining: cos’è, quando si configura e come si dimostra 

La pressione psicologica sul lavoro può influenzare il benessere del lavoratore e avere anche delle conseguenze legali: vediamo cosa si può fare per tutelarsi nel caso di straining.

straining significato
  • Lo stress sul posto di lavoro è uno dei motivi principali per i quali si decide di cambiare azienda.
  • In alcuni casi, si potrebbe rischiare persino il burnout.
  • In altri, il lavoratore si potrebbe trovare in una situazione meno grave, ma comunque fonte di forte stress: è il caso dello straining.

Se non hai mai sentito nominare il termine straining, molto probabilmente conoscerai il concetto di demansionamento, ovvero la condizione in cui un lavoratore viene adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle che ha sempre svolto, senza una motivazione legittima.

In questo articolo, vogliamo analizzare il fenomeno dello straining sul lavoro, prendendo in considerazione le tutele legali. La parola straining è stata utilizzata per la prima volta dal dottor Harald Ege, dottore in Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, lo stesso che ha introdotto in Italia la definizione di mobbing, nel 1995. 

Deriva dal verbo inglese “to strain”, che significa letteralmente “mettere sotto pressione”. Il dottor Ege, in pratica, ha esaminato altri fenomeni che possono essere diffusi e praticati sul posto di lavoro, che non rientrano nell’accezione di mobbing. 

Si tratta di condotte poco consone per un posto di lavoro, nel senso che, per il loro essere inique e lesive della dignità del lavoratore, possono risultare molto stressanti. Tra tali condotte rientrano il demansionamento o l’isolamento professionale

Lo strainer è, in questi casi, il datore di lavoro, un responsabile o qualsiasi altro soggetto che, per il ruolo che occupa nell’organigramma aziendale, ponga il lavoratore in una condizione psicologica di forte pressione, mettendo in pratica lo straining. 

Nelle prossime righe, esamineremo:

  • quando si configura lo straining, facendo alcuni esempi concreti;
  • cosa può fare il lavoratore, dal punto di vista legale, in presenza di atteggiamenti similari. 

Che cosa si intende per straining?

Lo straining sul posto di lavoro si configura nel momento in cui un lavoratore inizia a vivere una situazione di stress prolungato come effetto diretto di una specifica condotta, avente carattere discriminatorio

In particolare, sempre in base a quanto elaborato dal dottor Ege, si può effettivamente parlare di straining in presenza di 7 parametri:

  1. il comportamento che genera lo stress deve avvenire sul posto di lavoro;
  2. le ostilità verso il lavoratore devono essere costanti;
  3. devono durare da almeno 6 mesi;
  4. ci deve essere una differenza di posizione tra la vittima e lo strainer;
  5. devono essere messe in atto specifiche azioni, quali l’isolamento, il demansionamento, attacchi diretti alla reputazione del lavoratore o persino violenze (verbali e fisiche) e minacce;
  6. le vessazioni subite devono generare un forte stress psicologico nel lavoratore, tale da portarlo a dimettersi volontariamente;
  7. ci deve essere un intento persecutorio in chi mette in pratica tali condotte. 

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Come si dimostra lo straining?

Prima di tale teorizzazione, i lavoratori che subivano lo straining avevano non poche difficoltà a dimostrare, in sede legale, quindi dinanzi a un Tribunale, la situazione subita sul posto di lavoro. 

Di conseguenza, era anche arduo riuscire a ottenere un risarcimento per i danni derivanti da tali vessazioni, che non sempre potevano rientrare nel concetto di mobbing. Lo straining è stato riconosciuto per la prima volta a livello giurisprudenziale con la sentenza n. 286/2005 del 21 aprile del tribunale di Bergamo

In tale sentenza era emerso che il demansionamento subito da una dipendente sul luogo di lavoro non fosse legittimo. L’atteggiamento del suo datore di lavoro, che l’aveva dequalificata, privandola di tutte le mansioni per le quali era stata assunta, era stato ritenuto ostile. 

Il Giudice aveva quindi accolto la richiesta di risarcimento avanzata dalla donna, facendo rientrare i comportamenti praticati nei suoi confronti proprio nello straining teorizzato da Ege.

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straining sul lavoro demansionamento

Quando si configura il demansionamento?

Lo straining non ha una norma del nostro codice che lo riconosca e lo regoli in modo esplicito. Come per il mobbing, anche in questo caso, si prendono in riferimento gli articoli 2087 e 2103 del Codice civile. Il primo tutela le condizioni di lavoro, mentre il secondo le prestazioni del lavoro

Tra le condotte tutelate, troviamo anche quella in cui il datore di lavoro abbia leso, con i suoi atteggiamenti, la personalità morale del lavoratore. Lo straining può, in un certo senso, essere considerato un sottogruppo del mobbing. 

Si concretizza nel momento in cui la decisione di modificare – peggiorandola – l’attività lavorativa di un dipendente attraverso il suo demansionamento, ledendo i suoi diritti fondamentali, provoca una condizione di stress che può essere nociva per la dignità e la salute della persona

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Dal punto di vista legislativo, basta anche un solo episodio che per gravità, caratteristiche e impatto sull’esistenza del lavoratore mini, con un effetto continuativo, la sua vita lavorativa: allora si può effettivamente parlare di straining. Il demansionamento è, quindi, l’esempio più calzante. 

Lo stress causato al lavoratore deve essere molto elevato, superiore a quello che potrebbe derivare dal normale schema organizzativo aziendale, in particolare dai rapporti orizzontali/verticali, e tale da causare, per esempio, stati di ansia e depressione. Il lavoratore può ritrovarsi nella condizione di sentirsi frustrato, isolato, umiliato, sottostimato, a seconda dei singoli casi. 

danno da straining

Come ottenere il danno da demansionamento

Nei casi in cui si verifichi il demansionamento illegittimo di un lavoratore – che viene adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle di cui si è normalmente occupato – è possibile richiedere il risarcimento per il danno ingiusto subito

Denunciare simili condotte può essere indispensabile per ogni lavoratore che non voglia ritrovarsi in situazioni di mobbing, nelle quali le sue condizioni di salute potrebbero essere ancor di più compromesse

Nel risarcimento per il danno da straining, possono essere inclusi:

  1. danni di tipo patrimoniale – per esempio, le spese dello psicologo al quale ci si è rivolti per trovare un rimedio allo stress lavorativo o i medicinali eventualmente prescritti dal medico di base, derivanti sempre dallo stress sul lavoro;
  2. danni non patrimoniali, in quanto la vittima di straining potrebbe aver subito un pregiudizio alla sua integrità psico-fisica, quindi un danno biologico, così come una lesione alla sua dignità personale – in termini di onore, reputazione e immagine – e in ambito relazionale-emotivo.

L’onere della prova sarà a carico del lavoratore: quest’ultimo dovrà dimostrare che i propri danni psico-fisici siano una diretta conseguenza di una situazione in essere sul posto di lavoro.

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Straining – Domande frequenti

Cos’è lo straining sul lavoro?

Lo straining è una condizione di forte stress psicologico, derivante, in genere, dal demansionamento del lavoratore. 

Come dimostrare lo straining?

Lo straining deve essere dimostrato dal lavoratore che lo ha subito. Si deve provare di essere stati vittima di un comportamento illegittimo, dal quale è scaturita una condizione di forte stress.

Cosa comporta il demansionamento?

Il demansionamento prevede l’attribuzione a un lavoratore di mansioni inferiori rispetto a quelle delle quali si è sempre occupato in azienda. 

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Maria Saia
Esperta di diritti delle donne
Ha respirato per più di 20 anni la stessa aria di Falcone e Borsellino e ne condivide, ancora oggi, il sogno utopico di un mondo senza mafie e ingiustizie. Non a caso, “È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo” è una delle sue citazioni preferite. Su deQuo, scrive di bonus e agevolazioni statali e di diritti della persona - in particolare, di diritti delle donne.
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