Cos’è il dolo

Si parla di violazione di domicilio per indicare l’introduzione nel domicilio altrui o di un luogo ad esso equiparabile contro la volontà, espressa o tacita, di chi vi abita, oppure in modo clandestino o con l’inganno.
Tale reato trova disciplina giuridica nell’articolo 614 del Codice penale, nel quale si legge che:
“Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con l’inganno, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
La pena è da due a sei anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato”.
Nell’articolo 615 c.p., invece, viene disciplinata la violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale, per la quale è prevista una pena che va da uno a cinque anni. Il reato è procedibile a querela della persona offesa.
La legge n. 59 del 12 febbraio 2006 ha esteso la legittima difesa ai casi di violazione di domicilio, provocando una serie di situazioni in cui la legittima difesa da parte di chi vive nell’immobile viene praticata in modo eccessivo.
A questo proposito è infatti bene ricordare che la legittima difesa può considerarsi tale (ovvero legittima) quando è proporzionale rispetto all’offesa ricevuta, quindi la reazione del privato cittadino non deve essere spropositata.
Di conseguenza, nel caso della violazione di domicilio, la legittima difesa è giustificata nel caso in cui il colpevole metta in pericolo l’incolumità fisica della vittima e delle altre persone che vivono nello stesso domicilio, ovvero quando non è possibile contrastare l’offesa se non con l’uso della forza o delle armi.
Il reato di violazione di domicilio è procedibile a querela della persona offesa: la querela può essere presentata dalla vittima presso gli uffici delle Forze dell’ordine – ovvero polizia, carabinieri, polizia giudiziaria – sia in forma scritta sia in forma orale.
Nel caso della querela orale, sarà il pubblico ufficiale a occuparsi della redazione di un verbale, il quale dovrà essere sottoscritto dalla vittima. Quest’ultima, dovrà dichiarare:
La dichiarazione dovrà essere firmata altrimenti l’azione penale potrebbe essere improcedibile. L’autorità che riceverà la querela avrà il compito di verificare l’identità del soggetto, oltre che la data e il luogo della presentazione.
L’atto sarà poi trasmesso al Pubblico Ministero che si occuperà di verificare i fatti. La querela deve essere presentata entro 3 mesi dal giorno in cui la vittima è venuta a conoscenza del reato in questione.
Dal punto di vista penale, il domicilio rappresenta l’abitazione, il luogo di privata dimora e tutte le loro appartenenze.
L’abitazione non è altro che il luogo in cui si conduce la propria vita domestica in modo definitivo o temporaneo. Il suo uso deve essere attuale, ma non è richiesta la continuità dell’occupazione né la necessaria presenza degli occupanti.
La privata dimora, invece, è un qualunque sito nel quale si svolge un’attività che abbia a che fare con la propria vita privata, che possono essere i luoghi nei quali si lavora, così come una camera d’albergo.
Le appartenenze sono, invece, i luoghi accessori a quelli di privata dimora, come può essere un giardino, un balcone, un androne, e così via.
Di seguito saranno riportate alcune delle sentenze più recenti sulla violazione di domicilio che sono state emanate dalla Corte di Cassazione nel corso degli ultimi anni.
Nel reato di violazione di domicilio, l’aggravante della violenza sulle persone sussiste quando l’energia fisica o un altro mezzo, esclusa la minaccia, sia adoperato da un soggetto su un altro per annullarne o limitarne la capacità di autodeterminazione. La violenza deve essere contestuale e collegata da un nesso teleologico con la violazione di domicilio.
Essa può manifestarsi in uno qualsiasi dei diversi momenti nei quali si estrinseca e si fraziona la fase esecutiva del reato, e pertanto anche quando la violenza alle persone non sia usata inizialmente per l’illecita introduzione, ma successivamente per intrattenersi nel domicilio contro la volontà dell’avente diritto.
Il soggetto passivo del delitto di violazione di domicilio è da individuare in chi, per avere la disponibilità esclusiva di uno spazio nel quale si esplica la propria personalità individuale in piena libertà, ha la titolarità del diritto di vietare a terzi l’ingresso o la permanenza in esso, che viene ad identificarsi in uno dei luoghi presi in considerazione dalla norma penale citata.
Con riferimento al delitto di rapina, questa Corte ha in più occasioni avuto modo di chiarire che la realizzazione della condotta incriminata all’interno di un edificio o di un altro luogo destinato a privata dimora configura, dopo l’introduzione del n. 3bis del comma terzo dell’art. 628 cod. pen., un “reato complesso“, nel quale rimane assorbito il delitto di violazione di domicilio, che costituisce reato – mezzo, legato da nesso di strumentalità a quello di rapina.