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Avvocato chiede un compenso eccessivo: cosa fare e come tutelarsi

Cosa fare se l’avvocato chiede un compenso eccessivo. Rimedi legali, tutele per il cliente e tutti gli strumenti per contestare le parcelle sproporzionate

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  • L’avvocato, che chiede compenso eccessivo non può essere querelato innanzi alla Procura della Repubblica, poiché si tratta di un comportamento privo di rilevanza penale.
  • La richiesta di un compenso eccessivo può essere però causa di illecito disciplinare.
  • Si può richiedere all’autorità giudiziaria di valutare e decidere in ordine alla riduzione del compenso richiesto dall’avvocato. 

Il compenso dell’avvocato per lo svolgimento di una attività di consulenza o difesa ha sempre rappresentato un tema controverso. Il cliente, molto spesso, “vede” un atto difensivo o di consulenza solo come un insieme di fogli e un’arringa in tribunale semplicemente come un discorso, poiché spesso non ha effettiva e piena contezza di quanto lavoro di studio e di ricerca vi sia dietro tali attività.

Tale situazione è probabilmente peggiorata a seguito dell’abolizione dei c.d. parametri forensi per la retribuzione dell’avvocato, voluta in realtà per agevolare la professione, che da anni si trova in forte difficoltà.

Ciò non toglie che, in alcuni casi, si possa verificare la situazione in cui effettivamente l’avvocato chiede un compenso eccessivo. In simili ipotesi, il cliente può attivare una serie di strumenti, previsti dall’ordinamento, per contestare una parcella davvero troppo “salata”. Vediamo quali sono.

Mandato dell’avvocato e compenso

Ai sensi degli artt. 10 ss del Codice Deontologico Forense 23 febbraio 2024, l’avvocato svolge, per il proprio assistito o cliente, un mandato che si fonda su un rapporto di fiducia e correttezza professionale. In ragione di ciò, ai sensi dell’art. 25 del citato Codice, la determinazione del proprio onorario è libera. 

Ciò significa che il professionista può, in linea di principio, formulare una proposta di compenso che ritiene congrua, senza essere vincolato al rispetto di criteri stringenti. È poi nel diritto del cliente, non accettare la proposta, quando questa si rivela eccessiva.

In ogni caso, ferma la facoltà dell’avvocato di decidere il proprio onorario, è altrettanto vero che il professionista non può chiedere un compenso eccessivo, completamente sproporzionato rispetto all’attività effettivamente svolta.

Tale limite è espressamente previsto dall’art. 29 del Codice, a norma del quale l’avvocato non deve richiedere compensi o acconti manifestamente sproporzionati all’attività svolta o da svolgere.

Approfondisci leggendo Parametri forensi: guida alle tariffe per il calcolo del compenso dell’avvocato

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Come stabilire se il compenso chiesto dall’avvocato è eccessivo

Prima di procedere con l’attivazione degli strumenti previsti dall’ordinamento a favore del cliente/assistito, nel caso di compenso eccessivo, è necessario stabilire quando l’onorario è sproporzionato.

A tal fine, occorre una attenta e specifica valutazione del singolo caso concreto, che analizzi diversi fattori, quali, a titolo esemplificativo, la tipologia di attività svolta, il grado di complessità e, eventualmente, anche le tempistiche di esecuzione del mandato.

È importante precisare che, essendo l’incarico affidato all’avvocato una obbligazione di mezzo e non di risultato, la congruità del compenso non può essere determinata tenendo in considerazione l’esito favorevole o non di una controversia, ma al più, la correttezza e la pertinenza degli atti compiuti dal professionista in relazione alla specifica fattispecie oggetto di mandato.

In tal senso, per valutare la proporzionalità del compenso rispetto all’attività svolta, possono essere utilizzati i citati parametri forensi, i quali tengono in considerazione aspetti tecnici specifici (valore della causa, fase processuale, difficoltà dell’attività, urgenza e complessità) e che, in qualche modo, nonostante l’abolizione, rappresentano ancora validi riferimenti di massima da considerare.

LEGGI ANCHE Come non farsi fregare dall’avvocato: cosa fare se la parcella è esagerata

Cosa fare se il preventivo dell’avvocato è eccessivo 

Nelle ipotesi in cui l’avvocato chieda un compenso eccessivo, la legge riconosce una serie di strumenti di tutela, distinti in base al momento in cui si rilevi la non congruità del compenso.

Se si è ancora in una fase iniziale, ovvero prima della formale accettazione dell’incarico e si ritiene che la proposta sia sproporzionata, è utile:

  1. non firmare il preventivo e manifestare chiaramente, possibilmente a mezzo mail, l’intenzione di non accettare la proposta e, conseguentemente, di non volersi avvalere della assistenza o difesa dell’avvocato. Ciò essenzialmente al fine di evitare che il professionista proceda con l’espletamento delle attività preliminari e preparatorie all’incarico, in relazione alle quali poi il cliente è tenuto a corrispondere un onorario, seppur minimo;
  2. chiedere un parere al Consiglio dell’Ordine degli avvocati, presso cui il professionista è iscritto. Tale strumento può essere attivato anche in fase successiva, per esempio quando si è accettato e formalizzato il preventivo, in seguito “gonfiato” poiché contenente spese in precedenza non previste e considerate non congrue dal cliente o assistito.

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Cosa fare per contestare un compenso manifestamente sproporzionato

Nel caso in cui, invece, si è accettato il preventivo, ma questo per varie ragioni non si ritiene più proporzionato, pur essendo più complicato riuscire a trovare tutela, il cliente può, in ogni caso, ricorrere ad altri strumenti e attivare procedure per riuscire a contestare l’operato dell’avvocato

È fondamentale subito chiarire, perché molto spesso genera confusione, che non è possibile querelare l’avvocato presso la competente Procura della Repubblica, atteso che la richiesta di un compenso, anche se effettivamente e oggettivamente eccessivo, non ha rilevanza penale, cioè non rappresenta un reato passibile di sanzione penale

Ad ogni modo, il cliente assistito può: 

  • contestare formalmente la parcella, chiedendo all’avvocato un dettaglio analitico delle attività svolte e un elenco delle voci di spesa sostenute, proponendo una soluzione bonaria della questione;
  • con l’aiuto di un avvocato, chiedere la determinazione del compenso al giudice, nel caso in cui non si riesca a trovare un accordo (art. 2233 c.c.), affinché l’autorità giudiziaria valuti una riduzione del compenso parametrata all’attività svolta.

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Il compenso eccessivo può costituire illecito disciplinare

Discorso a parte merita l’esposto all’Ordine degli avvocati, che il cliente assistito può presentare per contestare il compenso eccessivo chiesto dal difensore. È tuttavia importante premettere che l’Ordine non ha potestà di definire il quantum del compenso, cioè anche se accertato che l’onorario sia eccessivo, non può rideterminarlo. 

Tale competenza è riservata al giudice, in caso di esito fallimentare della composizione bonaria della controversia. Atteso che, come rilevato, è fatto divieto per l’avvocato chiedere un compenso eccessivo, la violazione di tale obbligo può rilevare da un punto di vista disciplinare

In altri più specifici termini, la richiesta di un compenso eccessivo può integrare gli estremi per un illecito disciplinare, ovvero la violazione di un dovere imposto a un professionista, che può comportare l’applicazione di una sanzione disciplinare, indipendentemente dalla produzione e dall’entità di un conseguente alla condotta illecita.

La responsabilità disciplinare dell’avvocato

Le sanzioni applicabili in tali casi possono essere diverse e variano in base alla gravità della condotta realizzata dal difensore (più frequentemente avvertimento o sospensione dall’esercizio della professione).

Tale previsione è contenuta nell’art. 20 del Codice forense, rubricato Responsabilità disciplinare, che per espressa previsione normativa stabilisce che le violazione dei doveri e delle regole di condotta, le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta imposti dalla legge o dalla deontologia costituiscono illeciti disciplinari ai sensi dell’art. 51, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

A ciò deve aggiungersi che l’illecito disciplinare non viene meno neppure nel caso in cui vi sia un accordo sul compenso fra cliente/assistito (art. 25 c.d.f.) del compenso richiesto (in tale senso, si segnala, Consiglio Nazionale Forense, sentenza 28 marzo 2025, n. 80). 

Scopri di più su Avvocato e cliente possono essere amici?

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Come presentare l’esposto per compenso eccessivo

L’esposto deve essere presentato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza dell’avvocato, secondo modalità, sostanzialmente analoghe. L’atto di esposto deve contenere le generalità complete dell’esponente e dell’avvocato, nonché una descrizione esauriente e pertinente dei fatti, comprovati da documentazione.

Rappresentare i fatti dai quali far discendere le responsabilità dell’avvocato è, senza timore di smentita, la parte più difficile. Per tale motivo, è necessario farsi consigliare da un avvocato specificamente esperto in materia deontologica.

L’atto di esposto deve essere corredato da tutta la documentazione che si ritiene necessaria per dimostrare la violazione degli obblighi sottesi al mandato.

Diverse sono le modalità con le quali è possibile inviare l’esposto, ovverosia mediate posta raccomandata con ricevuta di ritorno, posta elettronica certificata (PEC) o via email.

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Come prevenire conflitti per il compenso

Alla luce di quanto esposto in precedenza, è evidente come vi siano efficaci strumenti per contestare una parcella un po’ troppo salata, ma se possibile, per evitare di trovarsi in situazioni spiacevoli, è opportuno mettere in atto una serie di misure preventive.

Oltre a richiedere all’avvocato la predisposizione e l’invio di un preventivo scritto, è utile trovare strumenti per concordare per iscritto ogni variazione del compenso. Sono proprio le variazioni a volte a far “lievitare” l’onorario del professionista. 

In tal caso, è tuttavia diritto del cliente/assistito chiedere aggiornamenti costanti sull’andamento della pratica e sulle conseguenti spese di volta in volta affrontate.

Infine, un ultimo buon consiglio consiste nel chiedere al professionista di rilasciare fatture dettagliate, comprensive di tutte le attività svolte e i costi sostenuti.

Approfondisci leggendo Quando un avvocato può essere radiato dall’Albo professionale?

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Avv. Debora Mirarchi
Esperta in diritto tributario
Laureata all’Università di Bologna, sono iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano dal 2012. Negli anni, ho collaborato con studi operanti nel settore tributario, acquisendo una significativa esperienza nella consulenza nazionale e internazionale, con focus in materia di fiscalità. Unitamente all’esercizio della professione, ho coltivato la passione per la scrittura, collaborando, in qualità di autrice, con le principali riviste specialistiche di settore.
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