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Azione revocatoria: come funziona, presupposti, esempi, termini

Cosa si intende per azione revocatoria? Quali sono i suoi presupposti? E gli effetti? Analizziamo nel dettaglio le sue caratteristiche e cosa cambia tra le differenti tipologie.

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  • L’azione revocatoria è un’azione di inefficacia relativa, ovvero uno strumento che può essere impiegato dai creditori per tutelarsi da eventuali atti pregiudizievoli del debitore.
  • L’azione revocatoria ha specifici presupposti: la scientia fraudis, l’eventus damni e il consilium fraudis.
  • Può essere posta in essere se l’atto di disposizione può arrecare una riduzione della garanzia patrimoniale generica del debitore.

L’azione revocatoria è un istituto a tutela del diritto del creditore, che potrebbe essere pregiudicato da eventuali condotte del debitore, come per esempio l’alienazione.

Tramite tale azione, si rende inefficace l’atto nei confronti del creditore che, quando sarà il momento, potrà esercitare l’azione esecutiva anche rispetto al bene oggetto di alienazione.

Nel seguente articolo, ti spiegheremo nel dettaglio cos’è l’azione revocatoria, a cosa serve e quali sono le condizioni per esercitarla. Dopo avere esaminato i caratteri generali dell’azione, procederemo poi ad esaminare alcune questioni tradizionalmente ritenute controverse.

Azione revocatoria: cos’è

L’azione revocatoria ordinaria è disciplinata dagli articoli 2901 e successivi del Codice civile: si tratta di un’azione cautelativa, attraverso la quale i creditori possono richiedere l’inefficacia degli atti di disposizione del patrimonio attraverso i quali i debitori rechino loro pregiudizio. 

In particolare, con l’articolo 2901 c.c. viene stabilito che:

il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: 

1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 

2) che inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione

Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito. Non è soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduto. L’inefficacia dell’atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione.

termini di prescrizione dell’azione revocatoria corrispondono a 5 anni, i quali decorrono dal compimento dell’atto oggetto di pregiudizio.

Per approfondire l’argomento leggi anche: Azione revocatoria fallimentare: termini e conseguenze 

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Azione revocatoria: presupposti

La revocatoria è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale generica, che viene offerto al creditore laddove il debitore compia un atto dispositivo, potenzialmente pregiudizievole, in vista della successiva, come dire, esecuzione forzata. 

L’atto revocato è potenzialmente pregiudizievole, nel senso che siamo ancora in una situazione in cui il patrimonio non è aggredito; quindi, ha una finalità cautelativa conservativa in vista della successiva azione esecutiva sul tuo patrimonio.

La giurisprudenza ritiene, proprio a dimostrazione che è un’azione, alla fine, cautelativa, che non è necessario che il credito sia certo: può agire anche colui che è titolare di un credito litigioso in revocatoria, anche se il credito è oggetto di giudizio pendente.

Affinché si possa esercitare l’azione revocatoria, devono essere presenti alcuni presupposti, i quali sono stati raccolti nella tabella che segue. 

PRESUPPOSTOSPIEGAZIONE
Scientia o consilium fraudisIl creditore deve essere certo che il  debitore e i terzi acquirenti fossero consapevole di potergli arrecare un danno con il compimento dell’atto dispositivo, quindi che stessero agendo in malafede
Consilium fraudisSe l’atto dispositivo è precedente all’insorgere del credito, è necessaria la partecipazione dolosa da parte del debitore e dei terzi acquirenti alla sua preordinazione al fine di pregiudicare gli interessi del creditore
Eventus damniL’atto di disposizione dovrà avere una natura tale da riuscire a danneggiare gli interessi del creditore 

Quanto appena esposto è valido nei casi in cui l’atto sia a titolo oneroso. Tuttavia, al fine di tutelare la posizione del terzo che ha acquistato diritti sul bene, dovrà essere provato anche il dolo del terzo.

Nell’ipotesi in cui, invece, l’atto fosse a titolo gratuito basterà dimostrare l’esistenza di una frode e del danno che ne deriva. Non serva, quindi, che sia provato l’elemento soggettivo del terzo acquirente.

Cosa succede se la sentenza non riconosce il diritto?

Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, l’azione revocatoria può essere esercitata anche rispetto a crediti sub iudice, cioè quei crediti che sono sottoposti ad un giudizio di accertamento, finalizzato ad accertare se il credito esista oppure no. Cosa succede se la sentenza non riconosce il diritto di credito al creditore, che nel frattempo ha esercitato azione revocatoria?

Questo creditore che non ha il credito, ovviamente, non potrà servirsi della revocatoria, ma intanto può comunque esercitare l’azione; quindi, non c’è un rapporto di pregiudizialità tra i due giudizi. Si può dunque affermare che la revocatoria non si sospende in attesa che si definisca l’esito del giudizio sul credito litigioso.

È evidente che la sentenza sarà inutile se risulta che l’istante non è creditore, perché la causa in cui il suo credito è in contestazione si risolve nel senso che non è titolare del credito. È ovvio che l’azione revocatoria serve ad assicurare gli effetti di una successiva azione esecutiva, che non potrà essere fatta senza credito.

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Azione revocatoria e tutela dei subaquirenti

La disciplina dell’azione revocatoria prevede, poi, anche una norma sulla tutela dei successivi acquirenti, quindi non del beneficiario dell’atto dispositivo, ma del successivo avente causa dal beneficiario dell’atto dispositivo.

Il beneficiario dell’atto dispositivo soccombe alle condizioni che abbiamo detto, cioè se ha la consapevolezza (senza che sia necessario l’elemento soggettivo), o se ha acquistato a titolo gratuito. Se, invece, ha rialienato, c’è il problema dei terzi subacquirenti.

Rispetto ai terzi subacquirenti si dice che, se hanno acquistato a titolo oneroso e sono in buona fede, i diritti di costoro non sono pregiudicati, salvo però gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione, perché la domanda di revocazione che abbia ad oggetto atti traslativi immobiliari si trascrive, e quindi, in materia di trasferimento immobiliare, come spesso accade, c’è appunto la tutela sulla base della priorità della trascrizione.

Ciò significa che, se la domanda di revocazione è trascritta prima dell’atto di alienazione, allora la revocazione prevale, mentre, se ad essere trascritto prima è l’atto di alienazione, allora prevale l’atto in questione.

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Azione revocatoria: effetti

L’azione revocatoria è un’azione non demolitoria, perché produce semplicemente l’effetto di inefficacia relativa dell’atto. In pratica, l’esito dell’azione revocatoria è soltanto quello di rendere l’atto non opponibile al creditore che ha agito in revocatoria. 

Per il resto, l‘atto continua ad essere valido e produttivo di ogni altro effetto, cioè fra le parti non cambia nulla, l’atto è valido ed efficace. Tuttavia, un domani, il creditore potrà aggredire il bene oggetto dell’atto di disposizione revocato, anche se di proprietà di un terzo e non del debitore.

Infatti, la successiva azione esecutiva è anch’essa contro il terzo acquirente, quindi non ha effetto restitutorio. Normalmente, essa è preordinata ad una successiva azione esecutiva. Tant’è che oggi, il legislatore, per rafforzare in certi ambiti la tutela dei creditori, ha introdotto un’azione esecutiva anticipata rispetto alla revocatoria.

Cioè ha previsto, rispetto ai trasferimenti a titolo gratuito e agli atti che creano vincoli di indisponibilità sopra i beni, compiuti dal debitore, la possibilità per i creditori che abbiano già un titolo esecutivo, mediante l’istituto dell’art. 2929 bis c.c.

In questo caso, sono legittimati attivi all’azione soltanto i creditori anteriori, mentre la revocatoria può essere esercitata, in teoria, anche dal creditore posteriore, cioè il creditore che è diventato creditore dopo il compimento dell’atto. In predetta ipotesi, egli deve dimostrare una sorta di dolosa preordinazione del debitore, che abbia inteso alienare il bene con l’intento di danneggiare quello che sarà un creditore futuro.

In breve, l’azione revocatoria può essere compiuta anche dal creditore il cui diritto non era sorto al momento dell’atto dispositivo (cioè l’alienazione) se prova questo particolare elemento soggettivo, consistente nella dolosa preordinazione.

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Come funziona l’azione revocatoria semplificata

L’azione revocatoria semplificata è stata introdotta dal decreto legge n. 83 del 27 giugno 2015, il quale ha portato all’inserimento nel Codice civile dell’articolo 2929-bis

Tale azione permette al creditore di procedere con un’esecuzione forzata senza che sia necessario avere l’esito dell’azione revocatoria, nei casi di:

  1. apposizione di vincoli di indisponibilità;
  2. alienazioni.

Tale norma potrà essere applicata quando l’atto pregiudizievole abbia come oggetto beni immobili e beni mobili che siano iscritti in pubblici registri e sia stato compiuto, a titolo gratuito, in seguito al sorgere del credito. Si ricorda che, per procedere il tal senso, il pignoramento dovrà essere trascritto dal creditore entro un anno dalla data di trascrizione dell’atto. 

Azione revocatoria del fondo patrimoniale

Il fondo patrimoniale è un’ipotesi di patrimonio destinato, disciplinata dal codice civile agli artt. 167 ss c.c. Questo viene costituito dai coniugi o da un soggetto terzo in occasione delle nozze: servirà per far fronte alle spese familiari. Tale fondo non potrà essere aggredito dai creditori il cui diritto non sia sorto in conseguenza dello scopo di destinazione.

Proprio per questa ragione sorge il problema di tutela dei creditori, cioè se i creditori possano esercitare l’azione di revocazione rispetto al fondo patrimoniale, che costituisce un vincolo giuridico. Non c’è dubbio che l’atto costitutivo del fondo patrimoniale rientri tra gli atti che possono essere oggetto di revocatoria. 

Qui si pone il problema della qualificazione, se atto a titolo gratuito o atto a titolo oneroso. La tesi prevalente ritiene che, alla fine, l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando viene effettuato da entrambi i coniugi, costituisca un atto comunque a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione a favore dei disponenti e, quindi, segua il regime della revocatoria che caratterizza gli atti a titolo gratuito. Dunque, non serve la consapevolezza del pregiudizio a favore del beneficiario

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Azione revocatoria della divisione ereditaria

Altra questione che si è posta rispetto all’azione revocatoria, è la possibilità di esercitare l’azione rispetto alla divisione ereditaria, cioè l’atto con cui gli eredi provvedono a dividere il patrimonio ereditato dal defunto. La divisione realizza una sorta di trasformazione del diritto degli eredi sulla quota in diritto sui beni che vengono poi attribuiti a ciascuno di loro.

Un tempo si poteva dubitare se la divisione fosse un atto rientrante nel campo di applicazione della revocatoria, soprattutto quando se ne affermava una efficacia meramente dichiarativa.

In realtà, anche quando una parte della giurisprudenza accoglieva la tesi dell’efficacia dichiarativa, si osservava che comunque la divisione potesse pregiudicare le ragioni dei creditori, potendo dar luogo, in sede di trasformazione della quota in porzione materiale dei beni, ad una alterazione comunque del patrimonio del debitore, soprattutto là dove le porzioni materiali non fossero proporzionali, e quindi corrispondenti al valore della quota.

Del resto, la stessa possibilità di immaginare la rescissione della divisione per lesione conferma che la divisione porta, da questo punto di vista, ad essere lesiva, può essere iniqua. Il legislatore prevede, infatti, un particolare rimedio, che è, appunto, la rescissione per lesione.

Quindi, la giurisprudenza, anche prima che le Sezioni Unite sciogliessero il dibattito sulla natura dichiarativa/costitutiva della divisione convenzionale, ne ammetteva l’azione revocatoria.

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Natura costitutiva della divisione

Oggi, a maggior ragione, chiarita la natura costitutiva della divisione, si ritiene che la divisione sia oggetto di azione revocatoria e il problema che rimane sia appunto quello di qualificarne la natura giuridica, cioè che tipo di atto sia la divisione. 

La divisione, effettivamente, non svolge una funzione di scambio: è un atto che svolge soprattutto funzione distributiva e, nello svolgimento di questa funzione, distribuisce porzioni materiali in luogo di quelle che sono le quote ideali. Quindi, trasforma la situazione di contitolarità che ha ad oggetto la quota ideale, in una situazione di contitolarità esclusiva che ha ad oggetto beni materiali di valore di regola corrispondente alla quota ideale. 

Se pensiamo alla divisione convenzionale della comunione ereditaria, tutti diventano successori mortis causa del de cuius, non c’è uno scambio fra di loro. Proprio alla luce di questa peculiarità, la giurisprudenza ritiene che l’atto di divisione sia un atto neutro.

Rispetto alla dicotomia oneroso/gratuito, questa qualificazione in termini di neutralità, consente di ascriverlo nell’ambito degli atti che non possono considerarsi onerosi, e quindi, quando viene sottoposto a revocatoria, viene sottoposto al regime degli atti che non sono onerosi. 

L’art. 2901 c.c. dice che, se l’atto è oneroso, serve la consapevolezza del pregiudizio anche da parte del terzo, mentre se l’atto non è oneroso (dire che è neutro significa dire che non è oneroso), questa consapevolezza non serve. Quindi, si ritiene che venga assoggettato a revocatoria secondo le regole degli atti non onerosi, degli atti normalmente gratuiti, pur non essendo propriamente un atto gratuito, e senza che si richieda la consapevolezza del pregiudizio da parte degli altri condividenti.

Azione revocatoria – Domande frequenti

Che cos’è l’azione revocatoria?

L’azione revocatoria è un’azione di inefficacia relativa, cioè rende inefficace l’atto di alienazione o altro atto lesivo dell’interesse del creditore.

Quali sono le condizioni dell’azione revocatoria?

Le condizioni dell’azione revocatoria sono la scientia fraudis, cioè la volontà di arrecare un pregiudizio al creditore, l’eventus damni, cioè il pericolo di pregiudizio del creditore, il consilium fraudis, la dolosa preordinazione del debitore, se il credito è successivo all’atto.

Cosa serve se l’atto dispositivo è a titolo oneroso?

Se l’atto dispositivo è a titolo oneroso, l’azione revocatoria può essere esercitata solo se il terzo aveva consapevolezza di ledere il diritto del creditore.

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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