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Curatore fallimentare: chi è, cosa fa, come diventarlo

Il curatore fallimentare è uno degli organi fondamentali del fallimento. Gestisce il patrimonio dell’impresa fallita sotto la direzione del Giudice Delegato. Consente di stabilire qual è lo stato del patrimonio e porre in essere atti necessari a soddisfare i creditori.

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  • Il curatore fallimentare è uno degli organi fondamentali del fallimento, nominato dal Giudice Delegato.
  • Svolge la funzione di gestione del patrimonio del fallito per soddisfare i creditori e consentire l’espletamento della procedura concorsuale.
  • Può incorrere in forme di responsabilità civile, penale e professionale laddove ponga in essere condotte abusive.

Il curatore fallimentare è uno degli organi fondamentali del fallimento. È possibile accedere a questo ufficio di diritto pubblico tramite nomina del giudice. In genere, sono professionisti, avvocati, commercialisti o anche ragionieri a svolgere questa funzione.

Il compito principale del curatore è quello di gestire il patrimonio del fallito. Nell’esercizio di questa attività, assume il ruolo di pubblico ufficiale. 

Egli potrà compiere atti sia di ordinaria sia di straordinaria amministrazione per la conservazione e il recupero del patrimonio, al fine di soddisfare i creditori. Tale attività è compiuta sotto la direzione del Giudice Delegato nell’ambito del fallimento, che talora deve anche fornire la propria autorizzazione.

Nelle prossime righe illustreremo nel dettaglio cos’è la figura del curatore fallimentare, spiegando come diventare curatore e quali funzioni e poteri esercita. Cercheremo inoltre di descrivere brevemente le funzioni, gli obblighi e le responsabilità.

Curatore fallimentare: chi è?

Il curatore fallimentare è uno degli organi della procedura del fallimento. Svolge l’essenziale funzione di amministrare la massa patrimoniale del fallito, sotto la direzione del Giudice Delegato. Nell’esercizio di questa funzione, egli è pubblico ufficiale, come viene espressamente disposto dall’art. 30 della legge fallimentare. 

Si ritiene che egli svolge la propria attività per perseguire un interesse generale. Non può essere considerato un sostituto del fallito o dei creditori, ma collabora all’esercizio della funzione giudiziaria.

Proprio per tale ragione il legislatore l’ha qualificato come pubblico ufficiale. Ciò implica anche la possibilità di rispondere penalmente di alcuni reati propri, commessi nell’esercizio delle proprie funzioni. D’altro canto, al pari degli altri pubblici ufficiali, gode di particolari tutele.

Egli adempie ad un’attività molto delicata. Talvolta è soggetto ad autorizzazione del giudice per intraprendere azioni. Tuttavia, è necessario che faccia una corretta rappresentazione dei fatti in modo tale che il giudice possa emettere la sentenza di fallimento.

Normalmente non può delegare ad altri le proprie funzioni. Potrebbe però fare richiesta al giudice per ottenere un’autorizzazione, affinché possa avvalersi di collaboratori. Ciò potrebbe rivelarsi essenziale, soprattutto in considerazione della crescente complessità di questo ruolo.

I collaboratori non possono sostituirsi al curatore fallimentare, ma agiscono in base alle direttive ricevute, secondo le regole di qualsiasi prestazione professionale.

Leggi anche: Istanza di fallimento requisiti e presupposti

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Curatore fallimentare: cosa fa?

Il curatore fallimentare è l’organo per eccellenza della procedura fallimentare, a cui riferirsi in quanto ha conoscenza dello stato complessivo dell’impresa. 

Il curatore si occupa della gestione del patrimonio del fallito e può compiere tre tipologie di atti. A tal fine procede alla riscossione di crediti, al recupero di beni e alla conclusione di atti negoziali, quando li reputa necessari o utili ai fini del fallimento.  

1. Curatore fallimentare: poteri

L’art. 32 della legge fallimentare afferma che il curatore deve procedere personalmente ad esercitare le funzioni individuate. Può però farsi coadiuvare da determinati soggetti, spesso dotati di maggiori competenze tecniche. È infatti previsto che:

il curatore può essere autorizzato dal comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilità. Del compenso riconosciuto a tali soggetti si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore.

Una delle funzioni fondamentali è quella di redigere le relazioni da comunicare al giudice. La legge necessariamente impone la redazione di una relazione entro 60 giorni dalla conclusione del fallimento.

Questa deve contenere un resoconto dettagliato delle attività compiute e degli atti esercitati. Inoltre, deve anche descrivere la condotta tenuta dal fallito durante la procedura, evidenziando se si è dimostrato collaborativo o ha assunto condotte non opportune, foriere di responsabilità civile o anche penale. 

Devono anche essere riportate le informazioni raccolte presso gli amministratori della società e gli organi di controllo. Successivamente alla prima relazione, deve essere redatta una relazione riepilogativa ogni sei mesi. 

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2. Che atti può compiere il curatore fallimentare? 

Gli atti si distinguono in tre tipologie:

  1. atti di ordinaria amministrazione: vi rientrano tutti quegli atti necessari al proseguimento delle attività o alla soddisfazione dei creditori. Possono essere compiuti anche in assenza dell’autorizzazione del giudice delegato. Appartengono a questa categoria locazione, contratti di trasporto, vendita di beni deperibili, ecc;
  2. atti di straordinaria amministrazione: sono menzionati dalla stessa legge fallimentare all’art. 25. Questi atti non sono necessari per il fallimento e il soddisfacimento dei creditori, ma potrebbero essere utili. Possono essere posti in essere previa autorizzazione del Giudice Delegato. In questo caso, il curatore deve procedere a redigere un parere che il giudice, nell’esercizio della propria discrezionalità, autorizza o meno;
  3. atti singoli particolari: sono una categoria di atti elencati dalla legge stessa per i quali è necessario un decreto motivato del Giudice Delegato, sentito il comitato dei creditori. Se sono atti che hanno un valore superiore ad una certa soglia, è necessario che l’autorizzazione provenga su iniziativa del giudice, sempre previo parere del comitato, emettendo un decreto motivato. 

3. Rappresentanza in giudizio del curatore

Il curatore svolge anche un’attività giudiziale e può esercitare azioni per recuperare il patrimonio o tutelarlo, come azioni revocatorie, rescissioni o risoluzioni contrattuali. Il curatore fallimentare deve essere autorizzato dal giudice per stare in giudizio, tramite un provvedimento ordinatorio vincolante.

L’autorizzazione deve essere data:

  • per ogni grado di giudizio;
  • per appello incidentale;
  • tramite domanda riconvenzionale. 

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Come si diventa curatore fallimentare

Detto ciò, possiamo soffermarci su come si diventa curatore fallimentare. In primo luogo, per diventare curatore fallimentare è necessario aver seguito un apposito percorso di studi.

In genere, possono svolgere questa funzione i dottori commercialisti o gli avvocati. Devono essere iscritti ad apposito albo, come quelli di avvocati, ragionieri, dottori commercialisti, dottori revisori contabili o dei consulenti del lavoro. È possibile anche essere parte di  studi professionali associati o società di professionisti avvocati, ragionieri o commercialisti.

Si consiglia poi di seguire un percorso di specializzazione mediante corsi di formazione o master. Una volta conseguita un’apposita formazione professionale, è necessario poi iscriversi all’albo dei curatori fallimentari.

A tal fine è necessario:

  • seguire un corso di perfezionamento di 200 ore in crisi di impresa o sovraindebitamento;
  • svolgere un periodo di tirocinio di almeno sei mesi presso altri curatori fallimentari, commissari giudiziali, professionisti indipendenti, delegati per le operazioni di vendita nelle procedure esecutive immobiliari.

Inoltre, per rimanere iscritti all’albo, è necessario svolgere un corso con cadenza biennale di aggiornamento, della durata di almeno 40 ore, presso gli atenei universitari.

L’incarico si riceve mediante nomina da parte del Tribunale, in particolare dal collegio composto da tre giudici che appartengono alla sezione fallimentare

L’incarico è attribuito con sentenza dichiarativa, con successiva accettazione del professionista incaricato. La decisione deve essere comunicata al giudice delegato entro due giorni dalla nomina. Se il professionista non accetta, il tribunale deve procedere ad un’ulteriore nomina. 

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1. Curatore fallimentare: requisiti

Il professionista che intende diventare curatore fallimentare deve essere in possesso di alcuni requisiti, di cui alcuni a carattere morale:

  • ​​non essere in una delle condizioni di ineleggibilità o decadenza previste dal Codice civile, come l’interdizione dai pubblici uffici, inabilitazione o condanna;
  • non essere sotto misure preventive;
  • non aver riportato condanne con una sentenza in giudicato;
  • non essere stati sottoposti a pena detentiva o reclusione per un reato finanziario, bancario, assicurativo o mobiliare;
  • non aver scontato la pena della reclusione per delitti contro la pubblica amministrazione, patrimonio, fede, economia o ordine pubblico;
  • non essere stati reclusi o recluse per delitti non colposi;
  • non avere avuto sanzioni disciplinari più severe di quella minima prevista dagli ordini professionali negli antecedenti cinque anni.

Altri requisiti invece sono relativi alle competenze professionali, oltre all’iscrizione all’albo. Si tratta di:

  • essere già stati nominati come curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali in almeno quattro procedure negli ultimi quattro anni;
  • aver ricoperto il ruolo di commissario giudiziale e liquidatore nelle procedure del Codice della crisi e dell’insolvenza;
  • possedere capacità imprenditoriali e gestionali, assunte nell’esercizio di funzioni gestorie in società mai sottoposte a procedure fallimentari. 

2. Quanto viene pagato il curatore fallimentare?

Il compenso minimo del curatore fallimentare è di 811,35 euro. Tuttavia, il compenso può essere determinato anche come percentuale sull’attivo, come riportato in tabella.

Percentuale minima e massimaAttivo accertato
Dal 12 al 14% del valore dell’attivoPer un attivo fino a 16.227,08 euro
Dal 10 al 12%Da 16.227,08 a 24.340,62 euro
Dall’8,50 al 9,50% Da 24.340,62 a 40.567,68 euro
Dal 7 all’8%Da 40.567,68 a 81.135,38 euro
Dal 5,5 al 6,5%Da 81.135,38 a 405.676,89 euro
Dal 4 al 5%Da 405.676,89 a 811.353,79 euro
Dallo 0,90% all’1,80%Da 811.353,79 a 2.434.061,37 euro
Dallo 0,45 allo 0,90%Oltre 2.434.061,37 euro

Talora, invece, è determinato come compenso sul passivo:

Provvigione minima e massimaPassivo accertato
Dallo 0,19 allo 0,94% del valore del passivoFino a 81.131,38 euro
Dallo 0,06 allo 0,46%Oltre 81.131,38 euro

Obblighi e adempimenti fiscali del curatore fallimentare

Il curatore fallimentare è tenuto all’adempimento di una serie di obblighi fiscali. Il primo atto è di presentare, entro 30 giorni dalla dichiarazione di fallimento, la denuncia di variazione all’ufficio IVA sull’apposito modello. Inoltre, nei successivi 30 giorni dall’autorizzazione alla gestione provvisoria, deve essere comunicato all’ufficio IVA l’inizio della gestione.

Qualora il Curatore non intendesse utilizzare i registri IVA delle fatture emesse e/o dei corrispettivi degli acquisti utilizzati dal fallito, deve procedere all’acquisto e alla regolazione di nuovi.

Entro quattro mesi dalla nomina a Curatore, deve:

  • registrare le operazioni di fatturazione sui registri del fallito;
  • predisporre e presentare la dichiarazione IVA relativa alla parte dell’anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento;
  • effettuare operazioni imponibili, ovvero procedere alla liquidazione periodica dell’IVA secondo le scadenze mensili o trimestrali;
  • per le fatture di vendita e di acquisto, è tenuto alla registrazione ed emissione delle fatture ai sensi  74-bis D.P.R. 633/72;
  • deve presentare la dichiarazione annuale dei redditi.

Laddove emerga un reddito imponibile, deve anche essere pagata la relativa sui redditi. In questo caso, però, l’amministrazione deve insinuarsi al passivo del fallimento. Se compie atti su immobili, inoltre, è tenuto anche a versare le imposte di registro. 

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Curatore fallimentare: è rappresentante legale? 

Possiamo ora procedere ad esaminare alcune questioni specifiche in materia fiscale che riguardano l’attività del curatore fallimentare. Si è posta per esempio la questione se il curatore sia rappresentante legale. Questo incide su una questione fondamentale, cioè a chi devono essere notificate le cartelle di pagamento per la società.

Laddove sia il curatore, ciò comporterebbe che deve:

  • chiedere l’annullamento in autotutela della cartella;
  • effettuare il ricorso alla Commissione tributaria.

In tal modo, però vi sarebbero inevitabili ripercussioni negative in termini di durata della procedura e spese. La giurisprudenza sul punto ha affermato che il curatore fallimentare non diventa rappresentante legale dell’impresa. Questo ruolo resta in capo agli amministratori, mentre il curatore è solo ausiliario del giudice

Che gli amministratori mantengano il proprio ruolo deriva anche dalla previsione dell’art. 149 della legge fallimentare, che dispone la facoltà di sentire gli amministratori e i liquidatori durante l’amministrazione del curatore.

Anche il fatto che il professionista abbia la rappresentanza in giudizio, non comporta che esso sia rappresentante legale. Tale potere è conseguenza dello spossessamento dei beni da parte del curatore. La giurisprudenza di Cassazione, poi, ha ribadito tale concetto in più occasioni.

Scopri di più sulla rappresentanza legale

Abuso di potere del curatore fallimentare

Il curatore fallimentare può porre in essere condotte di abuso di potere, incorrendo in varie forme di responsabilità, sia professionale sia civile – e talvolta anche penale. 

In particolare, si ritiene possa sussistere abuso di potere se il curatore: 

  • utilizzi e distrugga documenti d’ufficio;
  • rediga false attestazioni di avvenuta chiusura della procedura fallimentare;
  • sottragga beni dal patrimonio fallimentare;
  • ponga in essere condotte illecite.

In queste ipotesi, il soggetto incorre nella sanzione professionale della radiazione dall’albo. Suddette condotte, possono contestualmente integrare anche dei reati. Ricordiamo, innanzitutto, che il curatore fallimentare è pubblico ufficiale, quando sono integrati i reati propri, tra cui i delitti contro la pubblica amministrazione. 

La condotta di falso può infatti integrare uno dei reati di cui agli artt. 476  e 477 c.p. Infatti, la sottrazione di beni del fallimento può costituire anche reato di peculato. In generale, atti abusivi, se rispettate le condizioni previste dall’art. 323 cp, possono integrare abuso di ufficio, quando realizzate in violazione di regole di condotta previsto dalla legge, realizzando un danno o un vantaggio indebito. 

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abuso di potere curatore fallimentare

La legge fallimentare prevede poi alcune fattispecie specifiche a presidio della correttezza della condotta del curatore fallimentare:

  • falso in attestazioni e relazioni di cui all’art. 236 l. fall: è una fattispecie con la quale si vuole garantire la veridicità delle relazioni che saranno poi impiegate del giudice del fallimento;
  • interesse privato del curatore in atti della procedura fallimentare, di cui all’art. 228 l. fall., fattispecie che ricalca in parte il reato di abuso di ufficio.

Infine, il curatore fallimentare può incorrere anche in responsabilità civile per eventuali danni derivanti dalla condotta abusiva. Sulla natura di questa responsabilità, sono state formulate due tesi;

  • responsabilità civile di natura aquilina riconducibile all’art. 2043 cc;
  • responsabilità contrattuale da contatto sociale.

Leggi anche Reato di peculato nella Pubblica Amministrazione: cos’è, esempio, pena e prescrizione

Differenze curatore fallimentare e liquidatore

Il liquidatore fallimentare assume un ruolo in parte distinto dal curatore. Come quest’ultimo, è organo della procedura fallimentare, nominato dal giudice, che assume il ruolo di pubblico ufficiale.

Il liquidatore svolge funzioni molto simili a quelle del curatore poiché:

  • gestisce i beni del patrimonio dell’impresa;
  • provvede alla loro liquidazione;
  • distribuisce il ricavato dalla liquidazione ai creditori.

I soggetti in questione operano però in momenti diversi, l’uno nella procedura fallimentare, l’altro in sede di concordato. Il legislatore riconosce poi anche poteri in parte differenti.

Curatore fallimentare – Domande frequenti

Che cosa fa il curatore?

Il curatore fallimentare gestisce il patrimonio del fallito, per consentire la soddisfazione dei creditori.

Chi può fare il curatore?

Possono diventare curatore fallimentare professionisti, sia avvocati sia curatori o ragionieri che siano iscritti ad apposito albo.

Quanto guadagna un curatore fallimentare?

Il curatore fallimentare guadagna una somma percentuale che varia a seconda dell’importo dell’attivo o del passivo. Non è mai inferiore agli 811,35 euro

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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