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Quali insulti si possono dire senza commettere un reato

Quali sono i casi nei quali un insulto o una parolaccia possono rappresentare un reato e cosa si può fare per difendersi in base alle norme attualmente in vigore.

insulti che si possono dire

Le parole hanno un peso e molto spesso possono risultare offensive nei confronti di chi le riceve. L’offesa può corrispondere a un’ingiuria, che oggi non rappresenta più un reato in quanto è stata oggetto di depenalizzazione, oppure al reato di diffamazione.

Di seguito affronteremo una questione delicata, partendo dall’analisi delle offese umilianti, degli insulti querelabili, per esempio quelli online oppure alla guida, e delle parole offensive da denuncia

In altri termini, cercheremo di capire quali sono i casi in cui una parola di troppo può trasformarsi in un’occasione di denuncia verso la persona che l’ha pronunciata e quali sono, invece, le parolacce e gli insulti che si possono dire

Cosa si intende per insulto

Il primo aspetto da chiarire riguarda il significato del termine insulto, molto comune ai tempi dei social network, dove pullula la presenza degli hater da tastiera.

Intanto, bisogna accennare che una stessa parola potrebbe rappresentare un insulto oppure no, a seconda del contesto, del rapporto tra i due interlocutori, della modalità e dell’ambiente in cui viene pronunciata. 

L’insulto è una parola che genera un’offesa in chi lo riceve, ovvero provoca emozioni quali:

  • senso di umiliazione;
  • imbarazzo;
  • risentimento;
  • angoscia;
  • rabbia. 

Si tratta di sensazioni poco positive, che fanno stare male la persona insultata. Quali sono i casi in cui un insulto, e dunque, un’offesa, può rappresentare un reato? 

Leggi anche Cos’è il cyberbullismo

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Quando un insulto è un reato

Quali sono gli insulti querelabili? I casi in cui un insulto rappresenta un reato sono quelli nei quali la persona non è presente: si parla allora di diffamazione. Al contrario, invece, l’ingiuria è un illecito in quanto l’offesa viene ricevuta in modo diretto, quindi viene detta in faccia. 

Il reato di diffamazione (art. 595 c.p.) recita che:

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Approfondisci leggendo le nostre guide su Diffamazione: si può denunciare qualcuno per un emoji? e Diffamazione su Internet e a mezzo stampa: quando è commessa e cosa si rischia

insulto reato quando

Cosa fare se qualcuno mi insulta?

L’offesa ricevuta in modo diretto, ovvero l’ingiuria, viene considerata un illecito civile, quindi è possibile agire in sede civile al fine di ottenere un risarcimento per il danno subito (per esempio, nei casi di ingiuria grave). 

Allo stesso modo non si potrà agire in sede penale neanche nel caso di turpiloquio, ovvero qualora si dovessero pronunciare parolacce in pubblico: in questo caso, trattandosi di un altro illecito amministrativo, si potrà ricevere una sanzione pecuniaria di importo compreso tra 5.000 e 10.000 euro. 

Qualora avessi dubbi circa un’offesa ricevuta e volessi capire se rientri nell’ingiuria, la diffamazione o la calunnia, ti invitiamo a rivolgerti a un avvocato online al quale porre il tuo quesito legale: su deQuo potrai trovare migliaia di avvocati ai quali scrivere per un preventivo gratuito o una consulenza legale online.

Leggi anche Risarcimento danni per calunnia

5 insulti che si possono dire

Riportiamo, infine, alcune sentenze della Corte di Cassazione nei quali è stato stabilito che alcune espressioni dal carattere ingiurioso, a seconda del contesto e del modo in cui vengono utilizzate, non possono diventare oggetto di denuncia.

InsultoSentenza della Cassazione
1. Coglione Cass. sent. n. 34442/17: nel caso in cui venga utilizzato con il significato di scemo, sprovveduto, ingenuo, deficiente
2. VaffanculoCass. sent. 27966/07: rientra ormai nell’uso comune, quindi non è neanche un’ingiuria
3. RompipalleCass. sent. 22887/13: non è offensivo se viene utilizzato con il significato di seccatore
4. Mi hai rotto i coglioniCass. sent.19223/13: espressione utilizzata per dire a qualcuno di non infastidire
5. Negro di merdaCass. sent. 40014/2019: sebbene rappresenti un palese insulto razzista, il nostro ordinamento presenta una lacuna legislativa per la quale un’espressione simile si può denunciare solo nel caso in cui avvenga assieme ad altri reati, come per esempio quello di minaccia

Leggi anche Come difendersi dallo stalking online

Insulti che si possono dire – Domande frequenti

Quali sono gli insulti che non si possono dire?

Un insulto rappresenta un reato soltanto nel caso in cui leda la dignità di qualcuno a sua insaputa, ovvero nel caso di una diffamazione

Come viene punita l’ingiuria? 

Non essendo più un reato dal 2016, l’ingiuria viene punita con una sanzione da 100 euro a 8.000 euro, o da 200 a 12.000 euro nell’ipotesi di ingiuria grave. 

Come difendersi da un’offesa online?

Nel caso in cui si ricevesse un’offesa online che rientra nel reato di diffamazione a mezzo Internet o social è possibile presentare una denuncia alle Forze dell’Ordine e chiedere l’aiuto di un avvocato.

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Immagine profilo autore
Maria Saia
Esperta di diritti delle donne
Ha respirato per più di 20 anni la stessa aria di Falcone e Borsellino e ne condivide, ancora oggi, il sogno utopico di un mondo senza mafie e ingiustizie. Non a caso, “È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo” è una delle sue citazioni preferite. Su deQuo, scrive di bonus e agevolazioni statali e di diritti della persona - in particolare, di diritti delle donne.
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