Diritto di superficie: cos’è, costituzione, quanto dura la proprietà superf...

La registrazione del contratto di locazione rappresenta un adempimento obbligatorio da parte di chi ha affittato un immobile: la registrazione serve infatti a dichiarare allo Stato che ogni mese si riceve un canone di affitto in modo tale da pagare le relative imposte.
La mancata registrazione del contratto di locazione entro il termine stabilito dalla legge comporta il pagamento di sanzioni che aumentano con il trascorrere del tempo. In più, prevede la perdita di alcuni diritti fondamentali che spettano invece al proprietario dell’immobile, come per esempio la possibilità di poter sfrattare l’inquilino che non paga l’affitto, per morosità.
Quanto costa la registrazione del contratto di locazione? Chi paga e in che modo? Cosa succede in caso di registrazione oltre il termine fissato dalla legge? Vediamo di seguito cosa è opportuno sapere in merito.
Innanzitutto è bene tenere a mente che non è necessario registrare unicamente il contratto di locazione iniziale, ma anche eventuali proroghe, risoluzioni o cessazioni. Qual è il costo da pagare per la registrazione del contratto di locazione e chi paga tra proprietario dell’immobile e inquilino?
Ci sono diversi importi che devono essere pagati in relazione alla registrazione del contratto. Il primo è l’imposta di registro che varia in relazione alla tipologia di immobile affittato e al valore del contratto.
Per esempio:
Supponiamo di aver affittato un immobile a 700 euro al mese: l’affitto annuale sarà pari a 8.400 euro, dunque l’imposta di registro da versare ogni anno, per tutta la durata della locazione, sarà pari a 168 euro. Esiste una soglia minima da pagare a prescindere dal canone dell’affitto, che corrisponde a 67 euro per il primo anno di registrazione del contratto.
Oltre all’imposta di registro, è prevista l’imposta di bollo che ha un costo di 16 euro ogni quattro facciate della copia del contratto. Per ogni copia che viene registrata, sarà necessario pagare l’imposta di bollo.
Nel caso di contratti in cedolare secca, l’imposta
di registro e l’imposta di bollo non vanno pagate in quanto è prevista un’imposta
sostitutiva pari al 10% del canone annuo dell’immobile.
L’imposta di registro può essere pagata sia dal locatore sia dal conduttore: la legge prevede che non debba essere pagata per intero dall’inquilino, quindi se quest’ultimo dovesse versarla in toto, avrà poi il diritto di richiedere al proprietario il rimborso della quota che gli spetta.
Sul contratto possono essere fissate le percentuali che devono essere pagate dall’una e dall’altra parte: se non ci sono specifiche scritte in merito, allora le spese di registrazione saranno divise al 50% tra i due contraenti.
La norma contenuta nell’art. 1, comma 346, legge n. 311/2004 (legge finanziaria del 2005) stabilisce che il contratto di locazione con una durata superiore ai 30 giorni deve essere registrato a pena di nullità. La disposizione è ispirata evidentemente a ragioni fiscali e sembra elevare a requisito di validità la registrazione del contratto all’Agenzia delle Entrate.
La previsione normativa appena menzionata, però, è stata oggetto di diverse dispute giurisprudenziali. In particolare, ci si è chiesto se la registrazione del contratto di locazione costituisca un mero adempimento fiscale oppure rappresenti un requisito necessario per la validità del contratto di locazione.
Tale dibattito è particolarmente importante perché dalla risoluzione adottata discenderebbero conseguenze diverse. Invero, se si considera la registrazione come un mero adempimento fiscale la sua mancata effettuazione non renderebbe nullo il contratto di locazione, ma darebbe luogo solamente ad una sanzione fiscale.
Al contrario, se si considera la registrazione del contratto di locazione non come un mero adempimento fiscale, bensì come un requisito civilistico richiesto per la validità del contratto, la mancata registrazione sarebbe causa di invalidità del contratto di locazione, rendendolo nullo.
Orbene, il dibattito dottrinale esistente sul punto nasce da una serie di ragioni. In primo luogo, in considerazione della natura tributaria della norma che prevede la registrazione: la norma che prevede la registrazione del contratto di locazione non è una norma civilistica, ma è una norma fiscale (contenuta, infatti, nell’art. 1, comma 346 della legge finanziaria del 2005). Perciò, secondo alcuni, essa opererebbe solamente sul piano fiscale e non anche su quello civilistico.
In secondo luogo, il dibattito sorge in considerazione della circostanza che l’art. 1 della legge n. 431/1998, contenente la disciplina delle locazioni di immobili ad uso abitativo, prevede ai fini della validità del contratto di locazione soltanto la forma scritta dello stesso e non anche la sua registrazione.
In particolare, era stata sostenuta da una parte della giurisprudenza la rilevanza soltanto fiscale della norma tributaria che prevede la registrazione del contratto, secondo cui essa non avrebbe rilevanza dal punto di vista civilistico.
Secondo questo orientamento (Cass. n. 16089 del 2003), invero, la registrazione del contratto non rappresenta un obbligo vincolante ai fini della validità giuridica della locazione, ma è un mero adempimento rilevante solo a fini fiscali, che se non effettuato non può inficiare la validità dell’accordo rendendolo nullo.
A fronte di tale orientamento, però, ve ne era un altro che riteneva che la registrazione fosse un vero e proprio requisito del contratto previsto a pena di nullità, non rilevando a tal fine la natura della norma che lo prevede e non rilevando la circostanza che la registrazione del contratto non è stata elevata a requisito del contratto dall’art. 1 legge n. 431/1998.
Secondo quest’ultimo orientamento, ritenuto dai più preferibile, la norma contenuta nell’art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004 è una norma imperativa ed inderogabile, tutelante superiori interessi pubblici, e di conseguenza essa va rispettata non solo nei rapporti tra privati e Pubblica amministrazione ma anche tra privati nei rapporti negoziali tra di loro. Di conseguenza, la registrazione andrebbe considerato un requisito di sussistenza del contratto di locazione.
Vista la annosità della questione, e la presenza di contrastanti orientamenti, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 37 del 3 gennaio 2014, ha ritenuto opportuno rimettere la stessa al Primo Presidente per la relativa assegnazione alle Sezioni Unite, che con la sentenza n. 18213 del 2015 hanno introdotto un’inversione rispetto alla sentenza della Corte di Cassazione del 2003. In base a quanto decretato, se il contratto non è stato registrato entro i termini previsti, il conduttore avrà diritto a riottenere tutte le somme versate perché il contratto è nullo.
La registrazione del contratto deve essere fatta dal proprietario, ma nulla vieta al conduttore di farsi carico di questo adempimento in quanto, nel caso di mancata registrazione del contratto, la cartella di pagamento che si riceverebbero dal fisco sarebbe anche a suo carico.
I contratti di locazione che hanno una durata inferiore a 30 giorni non devono essere registrati, a meno che non siano stati redatti con atto pubblico o scrittura privata autenticata: in quei casi sarebbe necessaria la registrazione.
Il contratto va registrato entro 30 giorni dalla sua sottoscrizione e va presentato all’Agenzia delle Entrate. Nel caso di registrazione tardiva, saranno applicare alcune sanzioni. Per registrare il contratto, sarà necessario compilare il modello RLI che può essere trasmesso:
Le sanzioni amministrative applicabili nel caso di registrazione tardiva di un contratto di locazione sono disciplinate dalla legge n. 147/2013: gli importi vanno da un minimo di 516 euro a un massimo di 5.164 euro.
È possibile sanare l’omissione della registrazione del contratto facendo ricorso all’istituto del ravvedimento operoso, pagando le somme dovute per la registrazione, alle quali bisognerà aggiungere l’importo della sanzione, più gli interessi di mora.
Ecco a quanto ammonta la riduzione della sanzione in caso di ravvedimento operoso dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo.
Imposta di
registro
Periodo entro il quale avviene il ravvedimento operoso | Sanzione |
Entro 30 giorni | 6% con un minimo di 20 euro |
Entro 90 giorni | 12% |
Annuale | 15% |
Biennale | 17,14% |
Ultrabiennale | 20% |
Imposta di
bollo
Periodo entro il quale avviene il ravvedimento operoso | Sanzione |
Entro 30 giorni | 10% |
Entro 90 giorni | 11,11% |
Annuale | 12,50% |
Biennale | 14,28% |
Ultrabiennale | 16,66% |
Per quanto riguarda, invece, la cedolare secca le sanzioni vanno:
Nel caso di ravvedimento operoso, anche con la cedolare secca è prevista una riduzione della sanzione, pari al:
L’imposta di bollo è pari a 16 euro per ogni quattro facciate del contratto, mentre l’imposta di registro è pari al 2% del canone annuo nel caso di contratto di locazione ad uso abitativo. Per i contratti in cedolare secca non deve essere pagata né l’imposta di registro né l’imposta di bollo.
Saranno applicate delle sanzioni amministrative e degli interessi di mora sia sull’imposta di bollo sia sull’imposta di registro.
Un contratto di locazione non registrato è considerato nullo: di conseguenza, il proprietario potrebbe perdere i diritti che gli spettano, come quello di ricevere il canone di affitto o la possibilità di mandare via il proprio inquilino tramite la procedura di sfratto per morosità.