L’interruzione volontaria di gravidanza è un diritto: cosa posso fare se un medico mi impedisce di abortire?
In Italia, la Legge 194, emanata il 22 maggio del 1978, con l’art. 22 abroga le fattispecie di reato previste dal titolo X del libro II del codice penale negli articoli dal 545 al 555, e disciplina il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni su base volontaria e, in alcuni casi, anche dopo tale periodo, per motivi terapeutici. Ma cosa succede se tutti i medici in ospedale sono obiettori di coscienza?
- La Legge n. 194 del 22 maggio del 1978 disciplina le modalità di accesso all’interruzione volontaria della gravidanza.
- La Francia è stato il primo Stato al mondo ad inserire l’aborto in Costituzione.
- Gli enti ospedalieri devono, in ogni caso, quindi anche in presenza di ginecologi obiettori, assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza.
La legge n. 194 del 22 maggio del 1978, titolata “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, ha radicalmente modificato la legislazione sull’aborto, che fino al 1978 era considerato reato e punito dal nostro codice penale con la reclusione da due a cinque anni.
La Legge è molto chiara, e rendere legale l’IVG non è stato un modo di controllare le nascite. Viene garantito a tutte le donne che si trovano nelle condizioni stabilite dalla legge, di effettuare il trattamento sanitario all’interno di una struttura pubblica sicura, senza rischi per la loro incolumità.
Risulta quindi particolare che, tuttora, ci siano cosi tanti operatori sanitari obiettori di coscienza quando si affronta il tema della sicurezza e della salute fisica e mentale di una donna. Ci siamo allora chiesti: cosa accade quando non si può abortire perché ci sono soltanto medici obiettori di coscienza? Vediamolo insieme, facendo un breve excursus sulla legislazione in materia.
Cosa prevede la legge sull’aborto in Italia
Prima della legge 194, in Italia, un’importante svolta in materia è stata rappresentata dalla sentenza n. 27 del 1975 della Corte Costituzionale che, lungi dal legalizzare l’aborto, aveva aperto la strada a una nuova interpretazione della Legge, riconoscendo che la salute della madre, in determinate circostanze, può prevalere sulla tutela del concepito.
La Legge 194, comunque, nasce anche a fronte dell’elevatissimo numero di aborti illegali, che causavano spesso complicazioni gravi ed un grande numero di morti. In particolare, l’ art. 4. della Legge 194 dispone che:
Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975, n. 405, o a una struttura sociosanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
Tale articolo garantisce, così, nei casi stabiliti dalla Legge, la possibilità di ricorrere all’aborto nelle strutture pubbliche ospedaliere, senza rischi per la salute delle donne.
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Legislazione europea sull’aborto
In Europa, la legislazione sull’aborto non è univoca. I Paesi con le leggi sull’aborto più restrittive sono principalmente:
- Malta e San Marino, in cui è legale interrompere la gravidanza solo ed esclusivamente se la vita della madre è in pericolo;
- la Polonia, la quale aggiunge la possibilità di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) oltre che nei casi di pericolo per la vita della gestante, anche in quelli di stupro e incesto.
In Francia, in data 4 marzo 2024, il Congresso ha approvato il progetto di Legge sull’interruzione volontaria di gravidanza; la Francia è diventata, così, il primo Stato al mondo ad inserire l’aborto in Costituzione, diritto già disciplinato dalla Legge Simone Veil del 1975.
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Aborto e Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
Il Parlamento Europeo, in seguito all’inserimento del diritto all’aborto nella Costituzione francese, è tornato ad interrogarsi in merito all’inserimento del diritto di interrompere volontariamente una gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
La proposta era già stata presentata nel 2022, quando il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione sulla necessità di tutelare il diritto all’aborto e la salute della donna all’interno dell’Unione Europea, ma non è mai divenuta atto legislativo, (la risoluzione, infatti, non è un atto giuridicamente vincolante, e il Consiglio dell’UE adotta anche documenti non intesi ad avere effetti giuridici, come conclusioni, risoluzioni e dichiarazioni, che verranno utilizzati per esprimere una posizione politica su temi connessi alle attività dell’UE).
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L’interruzione di gravidanza nel mondo
Negli Stati Uniti, per anni il diritto all’aborto è stato tutelato da una storica Sentenza, Roe v. Wade del 1973, ma nel giugno del 2022, la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti ha completamente rimesso in discussione il diritto all’interruzione di gravidanza.
Negli USA, in pratica, le sentenze dei Tribunali non sono automaticamente considerate legge, ma le decisioni giudiziarie possono creare precedenti vincolanti per casi futuri all’interno della stessa giurisdizione, motivo per cui la sentenza del 2022 riveste un ruolo molto importante e ha acceso il dibattito e approfondito la divisione tra gli Stati che sono legittimati ad abolire il diritto all’aborto – molti Stati lo hanno già fatto.
Il “problema” dei medici obiettori di coscienza in Italia
In Parlamento Europeo, si è discusso a proposito del caso italiano, Paese nel quale l’accesso all’aborto sta diventando sempre più difficoltoso a causa dell’elevato numero di medici obiettori di coscienza, nonostante sia previsto dalla Legge il diritto all’accesso informato e libero, l’accesso alla salute e ai servizi sanitari.
Così come una donna ha il diritto di interrompere volontariamente la gravidanza, cosi anche il medico e il personale sanitario possono essere obiettori di coscienza e rifiutarsi di effettuare l’aborto. La legge italiana stabilisce, però, in che modo questo diritto può essere esercitato e in quali ipotesi.
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Nello specifico, ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 194 del 1978, il personale sanitario che ha dichiarato di essere obiettore di coscienza può non intervenire nell’interruzione volontaria di gravidanza. Infatti:
L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.
Di fatto, il medico obiettore:
- deve comunicare al medico provinciale la propria dichiarazione;
- la Regione deve controllare gli ospedali al fine di garantire l’attuazione, anche attraverso la mobilità del personale, che ogni donna abbia accesso all’assistenza necessaria qualora volesse esercitare il suo diritto;
- il medico obiettore di coscienza può rifiutarsi di fare abortire la donna, ma ha comunque l’obbligo di prestare assistenza quando è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.
Lo stesso articolo prevede comunque che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate devono assicurare l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti.
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Cosa succede se tutti i medici in ospedale sono obiettori di coscienza?
Dall’approvazione della legge nel 1978 sono passati tanti anni, eppure, anche se l’aborto è stato depenalizzato in Italia (entro il terzo mese di gravidanza), il tasso di obiezione tra i medici e il personale sanitario è talmente alto da rendere problematica o impraticabile l’interruzione di gravidanza.
Sono molti gli ospedali in cui non vi sono medici che praticano l’IVG, e non sono molti neanche i medici regalmente formati per questo tipo di intervento. Ad ogni modo, se tutti i medici dell’ospedale sono obiettori di coscienza, la struttura dovrebbe trovare una soluzione, ma spesso succede che la donna si rivolga a un un altro ospedale o, addirittura, Regione.
A questo proposito, la Regione Sicilia ha deciso di introdurre l’obbligo di assumere medici non obiettori di coscienza nelle strutture ospedaliere pubbliche allo scopo di garantire piena attuazione della legge 194 del 1978. Cosa significa?
Medici obiettori di coscienza: la proposta della Regione Sicilia
La Regione Sicilia non fa altro che applicare la legge già in vigore dal 1978 in Italia, che all’art. 9 impone agli enti ospedalieri, in ogni caso, di assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’art. 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli artt. 5, 7 e 8. La Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.
È palese come, per legge, l’ospedale dovrà assumere un medico non obiettore o provvedere a stipulare dei contratti a gettone per quella specifica prestazione, chiamando il medico esclusivamente per provvedere all’interruzione volontaria di gravidanza richiesta.
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