Pignoramento stipendio: quali sono i limiti?
Come funziona il pignoramento dello stipendio, quali sono i tempi in cui si verifica e viene notificato e qual è la differenza rispetto alla cessione del quinto.
          - In presenza di un credito insoluto, si può ricorrere al procedimento giudiziario noto come pignoramento dello stipendio.
 - Solitamente, si parla di pignoramento del quinto dello stipendio, in quanto la somma che si può trattenere non deve superare, per legge, il 20% della retribuzione mensile. Questa è la regola generale. Poi ci sono le eccezioni.
 - L’importo dovuto non viene di solito prelevato dal conto corrente del debitore (anche se è possibile), ma versato direttamente dal datore di lavoro al creditore.
 
Il pignoramento dello stipendio è una procedura che può essere messa in atto in presenza di debiti. Il prelievo della quota prevista può essere applicato a monte, quindi direttamente in busta paga, oppure dal conto corrente.
La legge prevede che ci siano dei limiti da rispettare, in quanto al soggetto debitore si deve comunque lasciare una somma adeguata per vivere, che prende il nome di “minimo vitale“. Ma come si calcola l’importo che si può pignorare da uno stipendio?
Per il 2025, i parametri sono stati aggiornati in relazione alla variazione dell’assegno sociale: vediamo di seguito cosa è cambiato, quindi come funziona il pignoramento dello stipendio e cosa cambia rispetto alla cessione del quinto.
Come funziona il pignoramento dello stipendio
L’art. 545 del codice di procedura civile regola i crediti impignorabili, tra i quali rientrano, per esempio, i crediti alimentari. Si tratta a tutti gli effetti delle somme che non possono andare incontro a pignoramento.
Nel caso dello stipendio, come accennato poc’anzi, deve essere garantito il cd minimo vitale, vale a dire una somma protetta, che permette al debitore di continuare a condurre una vita “normale”, ovvero pressoché identica a quella antecedente il pignoramento.
Ci sono due casi che si possono prendere in considerazione:
- il pignoramento colpisce le somme già presenti sul conto corrente prima della notifica dello stesso;
 - vengono pignorate le somme accreditate successivamente.
 
Analizziamole.
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1. Pignoramento sui depositi del conto corrente
Nel caso in cui il pignoramento del debitore venga applicato alle somme già depositate sul suo conto corrente, la regola da rispettare è la seguente: non si può pignorare più del triplo dell’assegno sociale, che per il 2025 corrisponde a 548,69 euro. Il tetto di impignorabilità è, quindi, di 1.616,97 euro.
Questa tutela si applica in modo automatico. La banca è, infatti, tenuta a rispettarla senza la necessità che vi sia una specifica istanza a favore del debitore. La tutela minima che gli consente di avere una base economica per sopravvivere è praticamente immediata.
2. Pignoramento dello stipendio post notifica
Il secondo caso che può verificarsi ha a che fare con gli stipendi che vengono accreditati sul conto corrente del debitore a partire dalla notifica del pignoramento. Quale regola deve essere rispettata stavolta?
In pratica, si fa differenza tra:
- crediti di natura ordinaria, quindi non tributati o alimentari, per i quali il pignoramento non può superare 1/5 dello stipendio netto;
 - crediti dovuti all’Amministrazione finanziaria, per i quali si fa riferimento dall’art. 72 ter delle Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito (Limiti di pignorabilità). Tale articolo prevede che le somme dovute a titolo di stipendio sono pignorabili fino a 1/10 per gli importi fino a 2.500 euro, fino 1/7 per cifre comprese tra 2.501 e 5.000 euro, e fino a 1/5 per gli importi che superano i 5.000 euro.
 
In aggiunta, l’ultima mensilità che si riceve prima dell’ordine esecutivo da parte del giudice di trasferire la quota spettante al creditore resta protetta, ovvero non può essere in alcun modo toccata. Il pignoramento, poi, può riguardare anche il TFR, ovvero le somme dovute per la cessazione del rapporto di lavoro.
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Come avviene il pignoramento dello stipendio
Il pignoramento dello stipendio non avviene dall’oggi al domani, in quanto è sempre preceduto da una serie di passaggi fondamentali. Il primo è rappresentato dal decreto ingiuntivo, o da una sentenza, con il quale viene resa legalmente nota la sussistenza di un debito.
Il debitore non viene subito pignorato. Prima dell’esecuzione forzata e – dunque – dell’effettivo pignoramento dello stipendio, viene emanato l’atto di precetto, notificato direttamente al debitore. Egli avrà a sua disposizione 10 giorni di tempo per saldare spontaneamente il debito.
Se il debito permane, allora ci sarà un’udienza in cui il giudice stabilirà il modo in cui il creditore potrà recuperare quanto gli spetta, procedendo con l’eventuale pignoramento dello stipendio – che deve sempre rispettare i limiti imposti dalla legge.
Nel caso specifico del pignoramento dello stipendio, nel momento in cui riceve la relativa notifica, il datore di lavoro invia al creditore una dichiarazione nella quale viene comunicato il totale dello stipendio e del TFR da pignorare. Se il debitore dovesse cambiare lavoro, il creditore notificherà l’atto di pignoramento al nuovo datore di lavoro.
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Esempio calcolo pignoramento dello stipendio
Facciamo un esempio pratico molto semplice per comprendere a quanto può corrispondere il pignoramento dello stipendio. Supponiamo che un dipendente abbia uno stipendio netto mensile di 1.200 euro e che il pignoramento non possa superare il 20% del totale.
Il calcolo sarà il seguente: 1.200 * 20% = 240 euro.
La cifra di 240 euro è quella che può essere pignorata ogni mese. Il lavoratore resta con 960 euro a sua disposizione. Qualora avesse esigenze particolari, come per esempio una famiglia da mantenere, potrebbe comunque chiedere al Tribunale una riduzione dell’importo pignorato ogni mese.
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Cosa cambia tra pignoramento e cessione del quinto
La cessione del quinto dello stipendio è una forma di finanziamento nella quale si chiede un prestito alla banca, che viene restituito a poco a poco, tramite il prelievo di un quinto del totale dovuto direttamente dal proprio stipendio.
Può essere una soluzione alla quale ricorrere per evitare il pignoramento, ovvero si salda il debito con il creditore tramite i soldi presi in prestito da un istituto di credito, che si retribuiscono un po’ alla volta. In questo modo, si evita di finire nelle liste delle persone che, proprio perché hanno subito un pignoramento, vengono considerate non più affidabili da un punto di vista creditizio.
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Pignoramento stipendio – Domande frequenti
No, la legge prevede comunque che lo stipendio non particolarmente elevato sia pignorabile, nella parte che supera il minimo vitale, quindi nei limiti di un quinto. Si deve in pratica assicurare l’80% dello stipendio netto al lavoratore.
Sì, si può pignorare uno stipendio già pignorato, a condizione che il debito abbia natura differente. Se i crediti hanno la stessa natura, il pignoramento non può superare comunque 1/5 dello stipendio netto, che viene diviso equamente tra creditori esistenti.
Sì, è possibile pignorare più di un quinto dello stipendio nell’ipotesi in cui i crediti abbiano natura differente (es. tasse non pagate, debiti personali con un creditore privato, crediti per alimenti e mantenimento).
Il pignoramento dello stipendio deve garantire sempre il minimo vitale, che varia in base al suo ammontare netto.
Per evitare che si arrivi al pignoramento dello stipendio, è consigliabile trovare un accordo con il creditore, chiedendo, per esempio, la rateizzazione del debito.
La procedura che porta al pignoramento dello stipendio può durare dai 3 ai 6 mesi.
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