Si può rinunciare a una casa ereditata?
Anche se ricevere un’eredità spesso comporta un arricchimento del nostro patrimonio, non sempre è così. Pertanto, può essere lecito domandarsi se, in taluni casi, risulti possibile rinunciare al patrimonio della persona defunta. La risposta è positiva in quanto la rinuncia è consentita dalla legge.
- La legge italiana riconosce il diritto di rinunciare a una casa ereditata, e in molti casi questa opzione si rivela utile per evitare debiti o spese insostenibili.
- Per procedere occorre rispettare alcune formalità.
- Prima di rinunciare è bene valutare con attenzione le conseguenze e le possibili alternative, come l’accettazione con beneficio d’inventario.
Ricevere in eredità una casa può sembrare un vantaggio, ma non è detto che sia sempre così. Molto spesso, infatti, l’immobile ereditato porta con sé spese di manutenzione, tasse e, in alcuni casi, debiti che possono rendere sconveniente l’accettazione. Da qui nasce una domanda frequente: si può rinunciare a una casa ereditata?
La legge italiana prevede la possibilità per gli eredi di rinunciare all’eredità, casa compresa. In questo articolo analizzeremo nel dettaglio come funziona la rinuncia, quali sono le conseguenze, i tempi da rispettare e le alternative da valutare.
Come funziona la successione
La successione si apre al momento della morte, ovvero quando il patrimonio perde il suo titolare e si stabilisce chi ha diritto a succedere. Il decesso della persona di per sé solo non determina la trasmissione del patrimonio in quanto gli eredi hanno a disposizione un termine per accettare o meno l’eredità. In sostanza, la morte comporta una situazione giuridica detta “delazione” dell’eredità. Ciò significa, semplicemente, che il patrimonio del defunto è destinato alla successione, ma ancora non si sa se e quali eredi accetteranno e perciò chi succederà.
L’eredità si devolve per legge o per testamento. Nel primo caso avremo una successione legittima, nel secondo caso una successione testamentaria. Si potranno così identificare i soggetti chiamati a succedere. Potranno essere i parenti del defunto, secondo un ordine ben preciso stabilito dalla legge, o i soggetti indicati nel testamento, che non è detto coincidano con i parenti.
I chiamati all’eredità possono essere più di uno. Ecco che in questi casi si creano situazioni complesse, anche conflittuali, poiché più persone si trovano a dover gestire insieme un patrimonio, avendone essi ereditato una quota.
Ricordiamo che, a parte il caso del legato, agli eredi, quando più di uno, va una quota dell’eredità considerata nel suo insieme, ovvero una frazione aritmetica del complesso dei beni, diritti e debiti. Se l’erede concorre con altri, si parla di coerede o contitolare dell’eredità. Si creano così delle situazioni di comproprietà che, soprattutto quando riguardano beni immobili, sono spesso fonte di discussioni e spese. Niente paura. Il coerede non è obbligato ad accettare l’eredità in quanto ha 10 anni di tempo per farlo, decorrenti dal giorno dell’apertura della successione ma, prima che sia decorso tale termine, può rinunciare all’eredità.
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Cos’è la rinuncia all’eredità
La rinuncia all’eredità è un istituto disciplinato dal codice civile agli articoli 519 e seguenti, che consente all’erede di non subentrare nella posizione del defunto. È bene sapere che la rinuncia è totale: non si può scegliere di accettare una parte dell’eredità (per esempio i soldi) e rinunciare al resto (tipo la casa con mutuo o debiti). O si accetta tutto, o si rinuncia a tutto.
La rinuncia è, come l’accettazione, un atto unilaterale e va compiuto con le stesse formalità che si chiedono per l’accettazione con beneficio di inventario. Nonostante la rinuncia, l’erede conserva per dieci anni dall’apertura della successione, la facoltà di accettare l’eredità, ma potrà esercitarla solo se altri eredi, accettando, non abbiano già preso il suo posto.
La rinuncia, come l’accettazione, non può essere sottoposta a termine o condizione e può essere impugnata per violenza, per dolo ma non per errore. La rinuncia infine è irrevocabile nel senso che, una volta effettuata, non può essere modificata o ritirata.
Secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 23093/2025, si riconosce pienamente la possibilità di rinunciare all’eredità. Esercitare un diritto, come quello alla rinuncia, può comportare una situazione di disagio per altri, ma non può configurare un danno ingiusto idoneo a legittimare una richiesta di risarcimento in base al principio espresso dall’articolo 2043 codice civile.
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Quali sono i motivi per rinunciare a un’eredità
Esistono diversi motivi per i quali una persona chiamata ad ereditare può decidere di rinunciare. I più comuni sono:
- la presenza di ingenti debiti a carico del de cuius ed essere costretti ad estinguerli. Si pensi ad una casa gravata da mutuo: se il defunto non ha finito di pagare, l’obbligo passa agli eredi;
- immobili per i quali occorre sostenere le spese di manutenzione o condominiali, aspetto che rende la proprietà più un peso che un vantaggio, soprattutto se non si intende utilizzarla o affittarla;
- la presenza di ipoteche, pignoramenti o cartelle esattoriali;
- immobili che si trovino in cattivo stato, in zone isolate che rischiano di rimanere invenduti a lungo;
- difficoltà nel gestire i rapporti con gli altri coeredi;
- altre ragioni di carattere strettamente personale.
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Come rinunciare all’eredità
Le modalità per rinunciare all’eredità, disciplinate dal Codice civile, implicano il rispetto di precise formalità:
- atto pubblico: è necessario effettuare una dichiarazione espressa in forma scritta davanti a un notaio o presso la cancelleria dell’Ufficio Giudiziario del luogo dove si è aperta la successione;
- termini: la rinuncia deve essere fatta entro 10 anni dall’apertura della successione. Attenzione a farla prima di compiere atti che possano costituire accettazione tacita dell’eredità. Per fare un esempio, se si entra in possesso della casa e si pagano le tasse relative o si affitta l’immobile, ciò equivale ad accettazione tacita e non si potrà più rinunciare;
- la dichiarazione di rinuncia deve essere trascritta se nell’eredità ci sono beni immobili e inserita nel registro delle successioni.
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Quali sono gli effetti della rinuncia all’eredità
Rinunciare a un’eredità produce una serie di effetti. Innanzitutto, occorre rilevare che la rinuncia è retroattiva: questo vuol dire, come disposto dall’articolo 521 che, chi rinuncia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato. In caso di successione legittima, la parte di colui che rinuncia si accresce a favore di chi avrebbe concorso con il rinunciante, salvo il diritto di rappresentazione.
Cosa si intende per diritto di rappresentazione? Nel caso in cui un chiamato all’eredità non possa o non voglia succedere per effetto della rappresentazione, subentrano ad essa i discendenti, legittimi o naturali. Se un figlio rinuncia all’eredità, nella successione del padre concorreranno con gli altri suoi figli, i discendenti del figlio che ha rinunciato, ai quali andrà la quota che sarebbe spettata al loro discendente.
Quando mancano i presupposti per la rappresentazione può aver luogo l’accrescimento e la quota rimasta vacante andrà a coloro che avrebbero concorso con l’erede rinunciante. Se tutti i chiamati all’eredità rinunciano, la legge prevede che subentrino gli eredi successivi. Se anche loro rinunciano o non ci sono altri eredi fino al sesto grado, l’eredità viene devoluta allo Stato.
È evidente quanto sia rilevante il fenomeno dell’accrescimento in quanto il coerede subisce un’espansione automatica della propria quota con aggravio di spese e responsabilità senza aver espresso alcun consenso.
Vista la complessità della situazione e le possibili conseguenze, è essenziale considerare attentamente tutte le implicazioni prima di procedere con la rinuncia. Il consiglio è quello di consultare un avvocato o un notaio esperto in successioni che possa guidare in questo percorso in modo corretto e sicuro.
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