Violenza sulle donne: non basta una nuova legge se non si pensa a un piano strutturale
Sono diverse le misure proposte nel nuovo disegno di legge per contrastare i femminicidi e la violenza sulle donne: vediamo più da vicino cosa dovrebbe cambiare e quali sono i limiti attuali.
La stretta del Governo arriva in un momento particolarmente spiacevole: il racconto dell’ennesimo femminicidio che diventa occasione di commenti beceri sui social e di intrattenimento spicciolo in TV, si consuma nella consapevolezza che fare qualcosa è un dovere necessario.
Al nuovo provvedimento per contrastare la violenza sulle donne hanno lavorato ben tre ministeri, con l’inasprimento delle pene nel caso di reati legati alla violenza di genere. Queste ultime, infatti, diventerebbero automatiche. La normativa attuale, invece, prevede che sia il giudice a decidere cosa fare, caso per caso, di violenza in violenza.
Basta una legge a fermare un fenomeno così radicato, da passare spesso in sordina, soprattutto nelle fasi iniziali, quelle nelle quali la violenza non è ancora palesamente manifesta, ma ben visibile a occhi chiusi?
Ampliamento dei reati in caso di violenza contro le donne
Sono diverse le misure approvato con il disegno di legge messo a punto dal Governo per contrastare in modo ancor più diretto la violenza sulle donne.
Si propone infatti:
- l’applicazione automatica del braccialetto elettronico, legato al divieto di avvicinarsi alla vittima e di rispettare una distanza minima di 500 metri dalla casa familiare e da altri luoghi frequentati abitualmente dalla persona offesa;
- arresti in flagranza differita per i reati di stalking e maltrattamenti in famiglia, entro 48 ore, tramite l’utilizzo di foto e video accusatori, e per la violazione del divieto di avvicinamento;
- l’accorciamento dei tempi per richiedere al PM l’approvazione di una misura cautelare e per la sua applicazione da parte dei GIP;
- pene più severe per chi è già stato ammonito.
Si prevede inoltre l’introduzione di un pool di magistrati, che dovrebbe occuparsi unicamente della violenza di genere e dei reati ad essa connessi, al fine di velocizzare anche i processi.
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Violenza di genere: pene aggravate in caso di recidiva
Tra le proposte contemplate nel decreto di legge, troviamo anche quello che è stato definito il cartellino giallo dell’uomo violento dalla ministra per le Pari opportunità Eugenia Roccella: la misura dell’ammonimento.
In previsione, si annovera anche la misura della sorveglianza speciale non solo nel caso del reato di stalking e di maltrattamenti in famiglia, ma anche per:
- il tentato omicidio;
- il revenge porn;
- la deformazione permanente dell’aspetto, che in genere deriva dalle aggressioni con l’acido.
L’art. 1 del decreto prevede che le pene sono aumentate se il fatto è commesso nell’ambito di violenza domestica, da soggetto ammonito, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento, per i reati di violenza, lesioni personali, violenza privata, minacce, atti persecutori, revenge porn, violenza sessuale, violazione di domicilio e danneggiamento.
Ipotizzata anche la possibilità di raddoppiare il numero di Carabinieri dedicati ai reati di genere, che potrebbero passare da 600 a 1.200. Saranno sufficienti delle pene maggiorate se non si educano gli autori dei delitti elencati al rispetto delle emozioni e dei sentimenti delle donne che finiscono, sempre più spesso, col perdere la vita?
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Non bastano pene più severe se non cambiano le coscienze
Eugenia Roccella è la prima persona a essere consapevole, almeno a parole, che non basterà creare una stretta sui colpevoli di reati contro le donne per mettere un freno ai femminicidi.
Non a caso ha ribadito che non bastano le misure che passano dal codice penale e dai tribunali, ma serve un lavoro anche e soprattutto culturale. Chi subisce violenza ha paura. Paura di parlare, di non essere ascoltata, creduta, capita.
Serve una presa di coscienza collettiva, dare un megafono ai protagonisti di queste tristi vicende, un mezzo attraverso il quale trovare giustizia. Dal 1° gennaio al 5 giugno 2023 sono già state uccise 49 donne, delle quali 41 in famiglia e in un contesto relazionale.
Quindi no, un mero inasprimento delle norme non basta. Se la funzione di una pena è quella di rieducare il cittadino, si dovrebbe agire per tempo, fare prevenzione reale, portando l’educazione alla violenza nelle scuole, mettendo in piedi un piano strutturale che possa dare voce alle associazioni antiviolenza e ai professionisti. Serve spiegare cosa sia la violenza.
Una campagna di prevenzione prima di tutto culturale che, come affermato da Marina Calloni, professoressa ordinaria di filosofia politica e sociale all’Università di Milano-Bicocca e responsabile della rete UN.I.RE, Università In Rete contro la violenza, dovrebbe portare:
- le ragazze a capire quando un rapporto è patologico, quindi se può condurre a violenza fisica e psicologica, imparando a intercettare i segnali e a decifrarli;
- i ragazzi a rendersi conto quando un determinato comportamento rischia di sfociare nella violenza, nel narcisismo patologico e nella manipolazione e a chiedere supporto per cambiare.
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