Nuova legge contro il caporalato: pene più gravi contro chi sfrutta i lavoratori
Cosa introduce la nuova legge sul caporalato del 2016 e quali sono le sanzioni per chi sfrutta il lavoro in nero? Quali sono le sanzioni applicate? Chi è l'amministratore giudiziario e come funziona il controllo giudiziario? Scopri di più nella nostra guida.
- La legge contro il caporalato si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro in nero e dell’intermediazione illecita posta in essere dai caporali.
- La normativa ha inasprito le sanzioni penali per la condotta di sfruttamento e ha previsto anche il sequestro dell’impresa stessa.
- La legge contro il caporalato ha anche introdotto misure per tutelare i lavoratori, in particolare i lavoratori stagionali, e favorire il superamento culturale del fenomeno.
La legge contro il caporalato diretto a rafforzare la lotta contro lo sfruttamento del lavoro in nero è stata approvata nel 2016. La normativa ha la funzione di contrastare il fenomeno del caporalato. Quest’ultimo è una fattispecie di difficile definizione, quasi ai confini con la riduzione in schiavitù dei molti braccianti, soprattutto stranieri, che vengono sfruttati nelle campagne.
Proprio nel periodo estivo, tale fenomeno ha un considerevole incremento. La produzione stagionale, infatti, richiede un’elevata manodopera, che difficilmente è possibile trovare in modo lecito e tra i cittadini regolarmente residenti in Italia.
Di seguito, intendiamo spiegarti come nasce il fenomeno, i legami con la criminalità organizzata e anche i fatti di cronaca che hanno interessato il caporalato. Molte sono, infatti, le storie che sono finite tragicamente a causa del fenomeno del caporalato. Parleremo, in particolare, delle norme della legge sul caporalato, ovvero la legge n. 199 del 2016, e ci occuperemo delle conseguenze penali del caporalato, del sequestro e dell’amministrazione giudiziaria.
Cos’è il caporalato?
Per caporalato si intende il fenomeno di intermediazione illegale tra lavoratore e datore di lavoro: i caporali reclutano manodopera per impiegarla presso terzi in condizioni peggiorative e sfavorevoli per i lavoratori e, quindi, di sfruttamento. I lavoratori, in genere, sono persone in situazioni di difficoltà economica o stranieri senza permesso di soggiorno.
Le condizioni di sfruttamento sono collegate perlopiù al salario corrisposto e al contesto lavorativo in netto contrasto con le garanzie che la legge prevede a tutela dei diritti dei lavoratori. Dunque, anche le condizioni di lavoro spesso non sono delle migliori. Nei campi, difficilmente sono garantite le misure di sicurezza e le lunghe giornate al sole rischiano di causare malori ai braccianti.
Il ricorso alla manodopera in nero trova molte spiegazioni:
- economiche, perché i braccianti sono pagati somme esigue, pari anche a 4 o 5 euro all’ora, senza che siano versati contributi o altre forme di assistenza. Dunque, per i datori di lavoro vi è un risparmio considerevole sulla manodopera in nero;
- sociali: i lavori nei campi, infatti, non attirano i cittadini italiani o stranieri regolarmente residenti in Italia, che sono in cerca di lavori meglio remunerati e non defaticanti.
Il fenomeno del caporalato, dunque, denota una vera e propria crisi di sistema, che incide fortemente sull’economia. Oltre all’evasione fiscale che comporta il lavoro in nero, vi è proprio una vera crisi della domanda di lavoro, che, se non soddisfatta, può comportare anche rilevanti ripercussioni sulla filiera agricola.
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Come nasce il caporalato?
Il fenomeno del caporalato nasce nella seconda metà del XX secolo, come forma di criminalità organizzata. Esso si connota, appunto, per l’elusione o violazione delle regole del diritto del lavoro, con sfruttamento della manodopera. Tale fenomeno ha coinvolto anche altri aspetti. In particolare, il c.d. caporalato femminile, in molti casi, ha causato il coinvolgimento delle donne impiegate nei campi in altre attività illecite.
Il caporalato ha assunto poi forme diverse a seconda anche dell’area territoriale. Nel meridione è un fenomeno che riguarda prevalentemente l’attività agricola. Nel Nord Italia, invece, spesso concerne l’attività edilizia. Il caporale è, in sostanza, un mediatore illecito, un procacciatore di manodopera, che appartiene ad associazioni criminali e che impiega il metodo mafioso nella gestione dell’attività di mediazione illecita.
Soprattutto negli ultimi anni, come abbiamo già evidenziato, il fenomeno si lega all’immigrazione clandestina. I caporali sfruttano la situazione di disagio di alcune fasce della popolazione che si trovano illegalmente sul territorio e, conseguentemente, non hanno altra alternativa che dedicarsi ad attività illecite, o a queste attività produttive, ma con metodi poco ortodossi.
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Caporalato in Italia: dati
Il fenomeno è particolarmente presente in alcune aree:
- settentrione: la zona di Rho, soprattutto per il Salone del mobile, diventa un centro nevralgico, una sorta di piazza dove vengono, a tutti gli effetti, commercializzati i lavoratori da impiegare nelle varie attività connesse al Salone del mobile;
- Puglia: altra aree particolarmente afflitta dal fenomeno è quella della Puglia, che ha dato anche adito ad alcuni fatti di cronaca. Si ricordi il caso delle tre ragazze morte in un autobus di un caporale nel 1980. Altrettanto noti sono gli episodi di violenza, caporali che hanno tentato di investire con l’auto sindacalisti e lavoratori o che hanno dato luogo a conflitti a fuoco, contro coloro che si opponevo allo sfruttamento della manodopera;
- Calabria: anche la Calabria è nota per il fenomeno del caporalato; nel 2010 i lavoratori extracomunitari di Reggio Calabria hanno organizzato una manifestazione contro i caporali, nel corso della quale le tensioni portarono anche a diversi episodi di violenza. Nello stesso anno, a Rosarno, vi furono dei veri e propri scontri, a causa dei maltrattamenti subiti dai lavoratori extracomunitari nei campi.
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Nuova legge contro il caporalato
Anche prima della nuova legge il caporalato era punito. Infatti, all’art. 603-bis il nostro codice penale prevedeva già il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Con la nuova legge, il reato è stato riformulato estendendo le sanzioni previste per gli intermediari anche al datore di lavoro. Il reato, quindi, oggi punisce sia l’intermediario che recluta manodopera sia il datore di lavoro che la utilizza.
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Quali sono le sanzioni per chi sfrutta il lavoro in nero?
Il reato di caporalato prevede la pena della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, nei confronti di:
- chiunque recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
- utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al n. 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Sono considerati indici di sfruttamento:
- la corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
- orario di lavoro che supera quello che è l’orario normale di lavoro;
- condizioni di lavoro degradanti;
- violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro.
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Caporalato: sequestro e controllo giudiziario aziende
Altra questione che la legge contro il caporalato ha affrontato è quella delle misure da adottare contro le aziende che si servano di questa forma di mediazione illecita. Infatti, la normativa prevede anche il sequestro dell’impresa o il controllo giudiziario.
Quest’ultimo istituto comporta che l’impresa continui ad operare, quando la sua interruzione può comportare un significativo pregiudizio per l’attività di impresa o ripercussioni negative sull’occupazione generale. In questo caso, il giudice nomina un amministratore giudiziario che procede a controllare e gestire l’impresa.
Il giudice nomina uno o più amministratori, scelti tra gli esperti in gestione aziendale iscritti all’Albo degli amministratori giudiziari. L’amministratore giudiziario affianca l’imprenditore nella gestione dell’azienda e autorizza lo svolgimento di atti, soprattutto quelli di straordinaria amministrazione.
Inoltre, l’amministratore deve procedere a comunicare una relazione ogni tre mesi al giudice. Tuttavia, se emergono delle irregolarità sull’attività aziendale, deve comunicarle tempestivamente. L’amministratore giudiziario deve procedere inoltre a regolarizzare i lavoratori e adottare le misure per garantire le corrette condizioni lavorative.
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Condizioni di supporto ai lavoratori
La legge del 2016 ha poi anche previsto delle modalità per garantire supporto ai lavoratori, in particolare ai lavoratori stagionali, che sono coloro che si occupano in prevalenza di attività di raccolta dei prodotti agricoli. La normativa ha quindi previsto l’introduzione di un piano di interventi, adottato di intesa tra più ministeri e le Regioni, al fine di gestire al meglio i lavoratori stagionali.
In particolare, si è inteso adottare una serie di misure per la sistemazione logistica e il supporto ai lavoratori, coinvolgenti gli enti locali e i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore. Si è cercato di instaurare una serie di collaborazioni con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità – un registro in cui sono iscritte tutte le imprese agricole del settore – anche allo scopo di adottare modalità sperimentali di collocamento agricolo, modulate a livello territoriale.
Tra le novità introdotte:
- è stato ampliato il catalogo dei reati ostativi all’iscrizione;
- è stato disposto che le sanzioni amministrative legate alla violazione delle citate materie possono anche non essere definitiva, ma comunque ciò non preclude il divieto di iscrizione;
- sono stati aggiunti altri due requisiti per le imprese agricole che intendano partecipare alla rete – si ricorda che è possibile aderire con convenzione apposita;
- è stata modificata la cabina di regia della Rete e le relative mansioni.
Inoltre, è stato disposto che i soggetti autorizzati al trasporto di persone possano stipulare convenzioni con la Rete del lavoro agricolo, per consentire il trasporto dei lavoratori. La normativa ha dato poi attuazione al Libro unico del lavoro: è stato adattato il sistema UNIEMENS al lavoro agricolo.
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Legge contro il caporalato – Domande frequenti
Il caporalato è un fenomeno di mediazione illecita per la manodopera illecita e lo sfruttamento del lavoro in nero.
Il reato di caporalato prevede la pena della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
La rete del lavoro agricolo e di qualità è un registro a cui sono iscritte le imprese agricole di ciascun settore. Ha la funzione di ottimizzare il lavoro agricolo delle imprese.
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