Collaboratore di giustizia: chi è, normativa e benefici
Il collaboratore di giustizia ha un ruolo fondamentale nelle indagini per la lotta alla criminalità organizzata. Vediamo cosa fa, come è tutelato e quali sono i benefici ai quali può accedere.
- Il collaboratore di giustizia è colui che, avendo compiuto un reato, collabora con la magistratura, allo scopo di ottenere benefici.
- Per questo motivo, il collaboratore di giustizia è sottoposto ad un programma di protezione, per tutelarlo da eventuali ripercussioni da parte di un’associazione mafiosa.
- Il testimone di giustizia, invece, non è un collaboratore di giustizia, perché è un soggetto che non ha mai commesso reati.
Il collaboratore di giustizia è un soggetto che ha un ruolo fondamentale nelle indagini che hanno ad oggetto reati di mafia e non solo, ma che concernono principalmente associazioni mafiose.
La figura nasce negli anni ‘80, come strumento di lotta al terrorismo. Tuttavia, a partire dall’inizio degli anni ‘90 è diventato un mezzo indispensabile per la magistratura nelle indagini contro le associazioni mafiose.
In questa guida esamineremo qual è la funzione del collaboratore di giustizia. Indicheremo i reati rispetto ai quali è possibile ricorrere alle informazioni acquisite con collaborazione. Faremo inoltre una panoramica dei benefici che sono garantiti al collaboratore, sia per proteggerlo da rischi sia per incentivarlo a collaborare con la magistratura.
Collaboratore di giustizia: definizione
Il collaboratore di giustizia è colui che, avendo compartecipato alla realizzazione di reati, ha conoscenza di determinati fenomeni criminosi e collabora con la magistratura, fornendo informazioni su tali fenomeni.
Tale figura nasce nella prassi processuale, ad opera di alcuni magistrati, tra cui Falcone ed Imposimato, che furono tra i primi a comprendere l’importante ruolo dei collaboratori di giustizia nella lotta alla criminalità organizzata. La condotta di collaborazione comporta, infatti, una serie di benefici, di cui tratteremo nei successivi paragrafi.
Prima della formale introduzione di questa figura, le uniche condotte che comportavano la riduzione del trattamento erano quelle dell’art. 56 co 3. La norma, ancora oggi, prevede un significativo vantaggio in caso di:
- desistenza all’azione;
- ravvedimento. Quest’ultimo si concretizza quando il soggetto realizza una condotta volta ad impedire l’evento.
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere
Collaboratore di giustizia: quali reati?
È possibile ritenere che il ruolo del collaboratore di giustizia diventi significativo rispetto ad alcuni specifici reati. In particolare, tale funzione di collaborazione è determinante rispetto a:
- reati non colposi che prevedono l’ergastolo o comunque il carcere per non meno di 5 anni ed entro i 20 anni;
- reati contro lo Stato che prevedono una pena detentiva fra i 5 e i 10 anni;
- devastazione e saccheggio;
- delitti contro la pubblica incolumità (es. strage, incendio e incendio boschivo) con detenzione fra i 3 e i 10 anni;
- riduzione in schiavitù, prostituzione, prostituzione di minori e pedopornografia, turismo sessuale ai danni di soggetti minorenni;
- violenza sessuale e atti sessuali con minori;
- furto, rapina, estorsione, ricettazione aggravata;
- delitti legati alla produzione, messa in circolazione e commercializzazione, detenzione e cessione illegale di armi;
- delitti connessi a commercializzazione e uso di stupefacenti;
- terrorismo ed eversione dell’ordine costituzionale;
- promozione, creazione, organizzazione e/o direzione di società segrete;
- delitti connessi ad associazioni mafiose;
- maltrattamenti ai danni di familiari/conviventi ed atti persecutori;
- delitti connessi alla promozione, fondazione, direzione / organizzazione di associazioni a delinquere in generale.
LEGGI ANCHE: Quali sono i reati ostativi? Elenco e significato
Collaboratore di giustizia: normativa
Nel tempo, il legislatore ha elaborato la disciplina che regola la figura del collaboratore di giustizia. Come abbiamo evidenziato, infatti, la collaborazione nasce nella prassi processuale e investigativa. Una delle prime norme risale al 1980.
Tuttavia, è all’inizio degli anni ‘90 che sono poi state introdotte le prime norme volte a disciplinare la figura del collaboratore di giustizia e del testimone di giustizia.
In particolare ricordiamo:
- la legge del 6 febbraio 1980 n. 15;
- il decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, una delle prime leggi emanate per disciplinare il fenomeno nell’ambito della repressione della mafia in Italia;
- la legge 13 febbraio 2001, n. 45.
1) Legge n. 15 del 1980: la c.d. legge Cossiga
Una delle primissime norme che hanno regolato la funzione del collaboratore di giustizia è la c.d. legge Cossiga, la l. n. 15 del 1980.
La normativa aveva ad oggetto la collaborazione offerta da soggetti riconosciuti come terroristi. In questo caso, si prevedeva uno sconto di pena se il terrorista procedeva a fornire alcune informazioni essenziali alle indagini.
La legge introduce un concetto, poi diventato fondamentale nella disciplina dei c.d. pentiti, ossia quello della dissociazione. Si presumeva che, in caso di dissociazione all’organizzazione terroristica, si applicassero delle misure maggiormente benevoli.
2) Legge n. 82 del 1991
La normativa riconducibile alla legge n. 82 del 1991 ha segnato una vera svolta nella disciplina sul collaboratore di giustizia. La legge è stata voluta, in particolare, dai magistrati Falcone e Scopelliti.
La disposizione più rilevante è quella relativa alla protezione dei collaboratori e testimoni, oltre che dei loro familiari. La legge 82 del 1991 ha previsto la possibilità di applicare un programma di protezione, al fine di facilitare la collaborazione.
Infatti, laddove esposti al rischio di ripercussioni, gli affiliati alle associazioni di stampo mafioso difficilmente avrebbero collaborato con la magistratura. La scelta di deporre o meno, quindi, non è sempre libera, perché condizionata dal timore per se stessi o la propria famiglia.
3) Legge n. 45 del 2001
Un’ulteriore riforma della disciplina del collaboratore di giustizia è stata introdotta nel 2001, con la legge n. 45. La normativa ha previsto una serie di condizioni a cui era subordinata la collaborazione e l’accesso ai benefici.
Le condizioni sono:
- i collaboratori possono comunicare le informazioni solo entro il termine di 6 mesi;
- non sempre saranno concessi i relativi benefici. Questi saranno applicati solo ove le informazioni ricevute risultino essere utili e rilevanti per le indagini;
- il collaboratore di giustizia dovrà in ogni caso scontare almeno 1/4 della pena prevista per i suoi reati;
- il servizio di protezione durerà fin quando sussista il pericolo per l’incolumità personale o della propria famiglia;
- si distingue tra familiari conviventi del collaboratore di giustizia e non conviventi. Nel primo caso, sono automaticamente sottoposti al programma di protezione, nel secondo deve essere accertato un grave pericolo che giustifica l’adozione delle misure di protezione.
Tale riforma ha sollevato delle perplessità, giacché si ritiene che abbia disincentivato la collaborazione.
Cosa fa il collaboratore di giustizia?
Il collaboratore di giustizia è chi ha commesso una serie di delitti e, tuttavia, procede a rendere delle dichiarazioni nuove e complete che consentano di offrire un contributo significativo alle indagini e ai processi di mafia, terrorismo e assimilati. Questi processi sono espressamente elencati dall’art. 51 commi 3-bis e 3-quater c.p.p.
È necessario, inoltre, che sia accertato il grave pericolo per l’incolumità del collaboratore. Questo pericolo deve anche essere attuale, nel momento in cui si procede alla collaborazione.
Il collaboratore di giustizia fornisce informazioni relative a:
- la ricostruzione dei fatti e delle circostanze su cui è interrogato e degli altri fatti di maggiore gravità e allarme sociale di cui è a conoscenza;
- l’individuazione e la cattura dei loro autori;
- l’individuazione, il sequestro e la confisca del denaro, dei beni e di ogni altra utilità dei quali il collaboratore stesso o gli altri appartenenti al gruppo criminale dispongono direttamente o indirettamente.
Il collaboratore di giustizia è una sorta di imputato concorrente. In quanto tale:
- non ha obbligo di dire la verità penalmente sanzionato;
- è considerato testimone assistito;
- è tenuto all’obbligo di verità sul fatto altrui già dichiarato. Tale obbligo è soggetto a variazioni a seconda del legame che sussiste tra il proprio procedimento e quello in cui è chiamato a deporre e in considerazione anche dell’oggetto delle precedenti dichiarazioni.
LEGGI ANCHE: Art. 41 bis: cos’è e cosa prevede il carcere duro
Collaboratore di giustizia e testimone di giustizia
Molto spesso, il collaboratore di giustizia è confuso con il testimone di giustizia. La principale differenza riguarda la circostanza che il collaboratore di giustizia è un soggetto che si è reso autore di un delitto, mentre, il testimone di giustizia non ha compiuto nessun un reato.
La disciplina del testimone di giustizia prevede che:
- abbia reso dichiarazioni che sono attendibili e rilevanti per il procedimento e processo al fine di ottenere la condanna;
- debba sussistere una situazione di grave, concreto e attuale pericolo. È necessario, pure, che le ordinarie misure di protezione siano inadeguate;
- non ha condanne per delitti dolosi o preterintenzionali, né ha tratto profitto dall’essere venuto a contatto con il contesto delittuoso;
- non è stato sottoposto a misure di protezione.
Non ricorrono, poi, i limiti previsti per la collaborazione in punto di reati per i quali è ammessa la testimonianza.
Potrebbe interessarti anche Misure alternative alla detenzione: quando si possono chiedere
Collaboratore di giustizia: benefici
Il collaboratore di giustizia è sottoposto ad un programma di protezione in cambio delle informazioni che fornisce alla magistratura. In tal modo, si rende possibile la collaborazione, che rischierebbe di essere inficiata dall’esposizione al pericolo di ritorsioni da parte dell’associazione.
La disciplina in tema di protezione è stata modificata negli anni. In origine, il programma di protezione comportava la sola possibilità di cambiare nome ed identità, oltre che ad essere trasferito in un luogo segreto.
Oggi, si tende a personalizzare il programma, in base alle esigenze concrete. Le misure da applicare spesso sono individuate caso per caso, allo scopo di garantire un’esistenza libera e dignitosa. Il trasferimento e il cambio di identità, quindi, non sono la regola generale, ma sono misure adottate come extrema ratio. Tali misure sono adottabili solo quando giustificate dalla gravità e dell’attualità del pericolo.
I benefici che sono erogati al soggetto del collaboratore di giustizia sono:
- misure di sostegno economico: è prevista un’indennità mensile compresa tra i 1.000 e i 1.500 euro, possono essere concessi 500 ulteriori per ogni familiare convivente, in caso di impossibilità a svolgere un’attività lavorativa;
- diritto ad alloggio segreto e rimborsato dallo Stato;
- rimborso per le spese sanitarie e di assistenza legale, che sono aggiuntive all’indennizzo citato;
- misure di reinserimento sociale e lavorativo, come la conservazione del posto di lavoro, o il trasferimento presso altre amministrazioni o sedi;
- diritto di beneficiare di forme di sostegno all’impresa;
- diritto ad un nuovo posto di lavoro, anche se temporaneo, con mansioni e posizione equivalenti.
Collaboratore di giustizia e pentito
Molto spesso il collaboratore di giustizia viene definito pentito. Tuttavia, questa definizione è spesso fuorviante, perché sembra presupporre che sia accertato anche un sentimento di revisione critica del criminale collaborante.
Il collaboratore di giustizia è esclusivamente un soggetto che fornisce informazioni alla magistratura per portare avanti le indagini. Non è necessario che sia dimostrato ravvedimento o che esso si esternalizzi con condotte riparatorie.
Quindi, non sussistono delle implicazioni morali ed etiche nella valutazione del soggetto collaborante, al fine di concedere i benefici.
Con la collaborazione si realizza, in sostanza, un accordo di scambio, che consente di ottenere indubbi vantaggi per entrambe le parti. Non si esclude, d’altro canto, che sia comprovata la dissociazione, che comunque si ritiene consegua alla collaborazione stessa.
Potrebbe interessarti anche Funzione rieducativa della pena: cosa sono i benefici penitenziari
Collaboratore di giustizia – domande frequenti
I collaboratori di giustizia
sono spesso chiamati con l’appellativo pentiti.
A differenza del collaboratore di giustizia, il testimone di giustizia è un soggetto che non ha mai commesso un reato.
I collaboratori di giustizia vivono in alloggi predisposti dal Ministero per accoglierli, in località molto spesso segrete.
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere