Cosa succede se l’ex marito non paga il mantenimento
Con mantenimento si intende sia l'assegno versato ai figli sia al coniuge. In questo secondo caso, è disposto dal giudice in sede di separazione o divorzio. Il mancato versamento del mantenimento può integrare il reato di cui all'art. 570 cp e 570 bis cp.
- Il mantenimento consiste in un assegno versato ai figli e all’ex coniuge.
- Il mancato versamento può integrare i reati di violazione degli obblighi di assistenza di cui agli artt. 570 e 570 bis cp.
- Una simile inottemperanza può essere denunciato all’Autorità e comportare la condanna alla reclusione fino ad un anno o ad una multa.
Il mantenimento è un assegno che viene versato all’altro coniuge o al figlio. Nel primo caso, può essere disposto in sede di separazione o divorzio. Il coniuge, però, ne perde il diritto in caso di separazione con addebito.
L’assegno divorzile, invece, è in genere versato laddove si deve garantire al coniuge la compensazione per le rinunce fatte in costanza di matrimonio, oppure se si devono assicurare i mezzi adeguati a garantire un’esistenza libera e dignitosa.
Il mancato versamento dell’assegno di mantenimento costituisce violazione degli obblighi di assistenza familiare, di cui agli artt. 570 e 570 bis. Vediamo cosa si rischia in questi casi, quindi cerchiamo di capire se l’ex coniuge che non rispetta l’obbligo di pagare il mantenimento possa essere denunciato e subire una condanna.
- Cos’è l’assegno di mantenimento
- Quando è erogato l’assegno di divorzio?
- Obbligo di mantenimento ex coniuge: quando decade
- Chi abbandona il tetto coniugale ha diritto al mantenimento?
- Cosa succede se il coniuge non versa il mantenimento?
- Denuncia ai Carabinieri per mancato mantenimento
- Condanna per mancato mantenimento
Cos’è l’assegno di mantenimento
Con il termine assegno di mantenimento in genere si possono indicare:
- l’assegno previsto in sede di separazione;
- l’assegno divorzile, cioè quello che viene disposto dal giudice in caso di divorzio.
L’art. 5 co 6 della l. 898 del 1970 stabilisce che con la sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio, il giudice disponga l’obbligo a carico di uno dei due coniugi di versare periodicamente un assegno in favore dell’altro, se quest’ultimo non ha adeguati mezzi di sussistenza.
A tal fine, si terrà conto delle condizioni economiche di ciascuno di essi e del contributo reso alla conduzione della vita familiare e alla formazione del relativo patrimonio personale e comune.
Sui criteri e le modalità di quantificazione dell’assegno è sorto ampio dibattito. La giurisprudenza sul punto è stata influenzata da una serie di fattori storici e sociali.
In un primo momento si è tenuto conto del fatto che la legge del 1970 fa venir meno l’indissolubilità del vincolo matrimoniale con il divorzio, ledendo l’affidamento ingenerato nel coniuge sul reddito e il patrimonio dell’altro.
Approfondisci l’argomento leggendo anche: Assegno di mantenimento al figlio naturale: come funziona
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Quando è erogato l’assegno di divorzio?
Come dicevamo nel paragrafo precedente, in giurisprudenza si è discusso, soprattutto negli ultimi anni, sull’assegno di mantenimento che viene erogato in sede di divorzio.
In particolare, il dibattito è sorto sul presupposto per erogare l’assegno. La norma fa riferimento ai c.d. adeguati mezzi di sussistenza:
Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
Analizziamo di seguito concetti che sono stati presi in considerazione nel tempo per la previsione dell’assegno di mantenimento in caso di divorzio:
- tenore di vita;
- funzione assistenziale;
- funzione perequativa.
1. Tenore di vita
La locuzione è stata interpretata in vario modo in giurisprudenza. Per molti anni, a partire dagli anni ‘70 fino al 2017, è stato adottato il c.d. criterio del tenore di vita. Il giudice procedeva a stimare quello che era lo stile di vita, in base al potenziale economico dei due coniugi e al tenore di vita effettivo, con preferenza per il primo criterio.
In base ad esso, stabiliva sia se l’assegno dovesse essere erogato, sia l’importo massimo. Da tale somma ottenuta procedeva ad una serie di decurtazioni in base:
- alla durata del matrimonio;
- alle ragioni della separazione;
- alle rinunce effettuate in costanza di matrimonio, per adempiere a bisogni familiari.
Quindi, si svolgeva un giudizio duplice e di parlava di sistema bifasico.
2. Funzione assistenziale
Il concetto di famiglia ha però subito una progressiva evoluzione nel corso del tempo. Il codice civile del 1942, infatti, tutela la famiglia in quanto istituzione, anche economicamente rilevante. Con l’avvento della Costituzione, il concetto cambia radicalmente.
La famiglia è intesa non più come istituzione da preservare in quanto tale, ma luogo di formazione della personalità dell’individuo ai sensi dell’art. 2 Cost. Si inizia dunque ad avvertire l’esigenza di modificare il criterio per riconoscere l’assegno di mantenimento.
Il protrarsi di rapporti economici tra gli ex coniugi, d’altro canto, inibisce il diritto del singolo a costruire una nuova famiglia. È, tuttavia, comunque, necessario che sia garantita tra i coniugi una solidarietà post coniugale, che è espressione del principio costituzionale.
Si abbandona dunque il criterio del tenore di vita. L’assegno di mantenimento è erogato all’altro coniuge solo se non ha i mezzi che garantiscano un’esistenza libera e dignitosa. L’assegno assume allora principalmente una funzione assistenziale.
Il giudice comunque procede al doppio giudizio:
- individua il tetto massimo dell’assegno in base a predetto criterio;
- decurta in seguito delle somme applicando i criteri indicati nel precedente paragrafo – durata matrimonio, rinunce effettuate, ragioni divorzio.
3. Funzione perequativa
L’ultimo approdo giurisprudenziale stabilisce che l’assegno di mantenimento è al fine di compensare l’altro coniuge. Quindi, è necessario che ci sia una disparità patrimoniale tra i due coniugi, determinata dalle scelte e rinunce effettuate da uno dei coniugi, al fine di contribuire alle esigenze organizzative della famiglia. Tali scelte devono essere tali da aver contribuito alla formazione del patrimonio familiare e dell’altro coniuge.
In tal senso, l’assegno ha funzione perequativa. Laddove però manchi questo aspetto, comunque, è possibile erogare un assegno se l’altro coniuge non è in possesso dei mezzi che siano sufficienti a garantire un’esistenza libera e dignitosa. Il giudizio non è più bifasico, ma è unitario.
Puoi approfondire la questione leggendo anche: Assegno di mantenimento e di divorzio come viene determinato
Obbligo di mantenimento ex coniuge: quando decade
Alla luce del criterio che abbiamo delineato, possiamo vedere quando non c’è l’obbligo di mantenimento o quando decade.
In primo luogo, questo non sussiste quando non c’e né l’esigenza di compensare il coniuge per i sacrifici, né esigenze assistenziali.
Per esempio, possiamo ricordare la sentenza capostipite dei c.d. big money cases, cioè casi in cui c’è un ampio divario economico tra i due coniugi, ma questo era preesistente al matrimonio. Il più noto è quello del divorzio tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario.
In questo caso, non solo Berlusconi aveva formato il proprio patrimonio ben prima delle nozze, ma non c’era neanche l’esigenza di garantire all’ex moglie i mezzi di sussistenza.
L’art. 5 poi stabilisce che:
L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.
In base a queste norme poi la giurisprudenza, si è posta l’interrogativo se anche in caso di una nuova convivenza di fatto venga meno l’obbligo.
Sul punto, la Cassazione ha detto che:
- in caso di convivenza, le condizioni economiche dell’ex coniuge cambiano, quindi se l’assegno ha sostanzialmente funzione assistenziale, questo viene meno;
- se però non ha funzione assistenziale, ma perequativa, in questo caso l’ex coniuge deve essere comunque compensato delle rinunce lavorative fatte.
La Cassazione ha poi anche detto che questa somma può essere valutata e stimata complessivamente, quindi anche erogata una tantum su accordo delle parti. Anzi, questa soluzione sarebbe anche preferibile, rispetto ad un assegno erogato a tempo indeterminato, che si giustifica solo se ha funzione assistenziale.
Si è anche detto, in dottrina, che questa conclusione a cui la giurisprudenza giunge per le convivenze di fatto, in realtà, sarebbero applicabili anche in caso di nuove nozze.
Approfondisci la questione del rapporto tra convivenza e assegno divorzile leggendo anche: La convivenza prematrimoniale rileva ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio?
Chi abbandona il tetto coniugale ha diritto al mantenimento?
Quello che abbiamo descritto presuppone che la separazione non sia posta in essere con addebito. Si parla di separazione con addebito quando si imputa la responsabilità dello scioglimento del matrimonio ad uno dei coniugi. Nella prassi, ormai, molto raramente si procede a tale procedura, in quanto si tenta di praticare la via dell’accordo consensuale tra le parti.
Una delle cause della separazione con addebito è proprio l’abbandono del tetto coniugale. In questa circostanza, vi sono una serie di conseguenze, quali:
- perdita del diritto al mantenimento;
- perdita dei diritti ereditari.
Non sempre l’abbandono della casa familiare comporta la perdita del diritto. Ciò, ad esempio, non accade quando è mossa da un’esigenza di autotutela, cioè quando il coniuge subisce maltrattamenti o violenze.
Non è neppure rilevante l’abbandono provvisorio del tetto coniugale. Si sanziona, infatti, solo l’abbandono definitivo, non quindi quello in cui il coniuge lascia la casa per un breve periodo di tempo, per poi farvi ritorno.
Leggi per approfondire anche: Infedeltà coniugale: quali sono le conseguenze legali?
Cosa succede se il coniuge non versa il mantenimento?
Come abbiamo visto, l’assegno di mantenimento deve essere versato all’altro coniuge su ordine del giudice. Quindi, il mancato versamento di tale assegno, oltre ad essere inadempimento, può costituire anche reato.
Il codice civile prevede due tipologie di reati. In particolare, è prevista una norma specifica che sanziona la violazione degli obblighi di assistenza familiare all’art. 570 bis cp:
Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
Tuttavia, se il coniuge fa mancare i mezzi di sussistenza al coniuge, o altro membro della famiglia, può anche essere integrata la fattispecie di cui all’art. 570 cp.
La giurisprudenza talvolta ha escluso il reato nei casi in cui, a causa di eventi sopravvenuti come un licenziamento, il coniuge non sia più in grado di versare l’assegno.
Denuncia ai Carabinieri per mancato mantenimento
Se è integrata una delle ipotesi di reato che abbiamo richiamato in precedenza, è possibile procedere a denuncia. Quest’atto è necessario se il reato è procedibile a querela, mentre, se è procedibile d’ufficio non è condizione di procedibilità, ma comunque potrebbe essere la soluzione preferibile per rendere noto il fatto di reato alle Autorità competenti.
Ricordiamo che:
- l’art. 570 cp è procedibile a querela;
- l’art. 570 bis è procedibile d’ufficio.
Fare una denuncia (o una querela) è abbastanza semplice: basterà rivolgersi direttamente alle Forze dell’Ordine, per esempio recandoti presso una caserma dei Carabinieri.
La denuncia può essere resa:
- verbalmente, cioè procedi oralmente a descrivere i fatti. Questi, però, vengono in genere trascritti dal Pubblico ufficiale in un verbale che dovrai sottoscrivere;
- per iscritto, cioè puoi presentare la tua dichiarazione già redatta in forma scritta al Pubblico ufficiale, che provvede a riceverla.
La denuncia semplice non può essere ritrattata se il reato è procedibile d’ufficio. Se invece è procedibile a querela può essere revocata. Preferibilmente dovrai indicare il maggior numero di dettagli possibili e precisare:
- le generalità della persona (in questo caso l’ex marito);
- le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto.
Leggi anche: Separazione e divorzio: come funziona l’affido dei minori
Denuncia ai Carabinieri facsimile
Il modulo per presentare denuncia ai Carabinieri contro l’ex marito che ha smesso di pagare il mantenimento, come a qualsiasi altra Autorità di pubblica sicurezza, deve contenere i predetti elementi: di seguito un modello facsimile che potrai utilizzare all’occorrenza.
ALLA STAZIONE DEI CARABINIERI DI _________
Atto di denuncia/querela
Io sottoscritto, _____________, nato il ___________ a ___________, ivi residente in __________, col presente atto sporgo formale denuncia/querela contro <nome dell’autore del reato o se non è noto inserire la dicitura “contro ignoti”> per i fatti di seguito esposti.
<descrivere i fatti occorsi, mettendo in rilievo date precise, dinamiche ed eventuali testimoni o prove a carico>
Alla luce dei fatti su esposti, con il presente atto,
CHIEDO
la punizione dei querelati al giudice competente per i reati che si riterranno sussistere.
Dichiaro, sin d’ora, di volermi costituire parte civile nell’instaurando procedimento penale nei confronti del soggetto querelato, riservandomi la produzione di prove documentali e testimoniali e chiedendo, al contempo, ai sensi dell’art. 408 co. 2 c.p.p., di essere informato in caso di richiesta di archiviazione della notizia di reato.
Nomino quale mio difensore di fiducia l’Avv. ____ del Foro di _____, con studio in _____. (la nomina di un avvocato è facoltativa)
Si allegano:
Luogo, data
Il denunciante
Ti ricordiamo, poi, che non sei obbligato a procedere autonomamente a presentare denuncia. Puoi infatti anche ricorrere ad un professionista che ti aiuti in tal senso. Ti consigliamo, eventualmente, di contattare uno degli avvocati iscritti su deQuo per richiedere l’assistenza di cui hai bisogno.
Condanna per mancato mantenimento
Come abbiamo visto, il mancato versamento dell’assegno di mantenimento può comportare due reati. Il legislatore prevede per entrambi la reclusione fino ad un anno e l’erogazione di una multa, per un importo non superiore ai 1032 euro.
La giurisprudenza, di recente, ha chiarito quando il coniuge non è condannato per mancato versamento. Abbiamo già citato il caso in cui il coniuge non abbia più la facoltà di adempiere. Come evidenziato dalla Cassazione questa impossibilità deve essere assoluta, non può essere solo desunta dallo Stato di disoccupazione.
Si possono tenere in considerazione una serie di indici:
- importo delle prestazioni imposte;
- potenziale economico del coniuge obbligato;
- necessità per lo stesso di provvedere a proprie esigenze di vita egualmente indispensabili. Per esempio, se non è in grado di assicurare a sé stesso vitto, alloggio, spese inevitabili per la propria attività lavorativa;
- tentativi intrapresi di recuperare risorse per adempiere all’obbligo;
- contesto socio-economico di riferimento;
- ogni altro elemento idoneo a dare prova dell’impossibilità assoluta.
Leggi anche: Separazione dei beni dopo il matrimonio: costi e vantaggi
Quanto costa una causa di mantenimento?
Una causa di mantenimento può avere un valore variabile a seconda di alcuni fattori. In particolare:
- la pratica di mantenimento e affidamento da parte di un avvocato specializzato può implicare una spesa di almeno 350 euro a coniuge;
- la causa di separazione vera e propria può avere un costo compreso tra i 1.000 e i 5.000 euro a coniuge.
La normativa in vigore prevede comunque anche la possibilità di separarsi senza avvocato: in questo caso pagherai solo il costo delle marche da bollo, di 16 euro circa.
Leggi anche: Separazione consensuale in comune: tempi, costi e documenti
Mantenimento – Domande frequenti
Se il marito non paga il mantenimento è possibile denunciarlo per i reati di cui agli artt. 570 e 570 bis cp.
La moglie (o il marito) può perdere l’assegno di mantenimento in caso di nuove nozze, in caso di convivenza di fatto quando l’assegno è solo assistenziale, in ogni caso in cui la separazione è con addebito.
Se l’assegno di mantenimento ha funzione assistenziale, dura fin quando permane l’esigenza. Se è perequativo, invece, fin quando non è compensato il coniuge.
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