Azioni di nullità del contratto: cause, esempi, conseguenze
La nullità del contratto è la forma di invalidità generale del contratto: con la presente guida cercheremo di spiegarti in maniera esaustiva quante forme di nullità conosce l'ordinamento e quali sono i principi fondamentali che le regolano.
- La nullità del contratto è un rimedio posto a presidio di un interesse generale dell’ordinamento.
- Esistono tre tipi di di nullità, virtuale, testuale e strutturale: Tale distinzione, però, è prevalentemente descrittiva, perché le nullità tendono a sovrapporsi.
- L’ordinamento conosce anche forme di nullità poste a tutela dell’interesse particolare di una delle parti.
La nullità del contratto è il rimedio generale in tema di validità del negozio. Si differenzia quindi dalla annullabilità, la quale invece opera per vizi tassativamente previsti dalla legge. La norma che disciplina la nullità è l’art. 1418 c.c., che prevede la nullità totale, mentre il 1419 c.c. disciplina la nullità parziale.
La disciplina dell’invalidità del contratto si distingue da altre previste dall’ordinamento. Per esempio, in caso di invalidità delle delibere di organi assembleari o anche di delibere condominiali, la regola generale è l’annullabilità. Ciò si giustifica in considerazione dell’esigenza di certezza che connota la disciplina delle delibere. Infatti, in base ad esse sono assunte decisioni e conclusi contratti, quindi vi è esigenza di tutelare i rapporti giuridici.
Nel presente contributo vogliamo offrirti un quadro completo della disciplina della nullità del contratto: ti spiegheremo le differenze con l’annullabilità e cercheremo di individuare le tipologie di nullità, i problemi concernenti la nullità virtuale, oltre che di delineare la disciplina di alcune nullità particolari, come la nullità di protezione.
Nullità del contratto: effetti
La nullità del contratto comporta inefficacia originaria dell’atto negoziale. Questo, se affetto da nullità, è invalido dalla sua conclusione. Si differenzia in questo dall’annullabilità, dove il vizio del contratto determina comunque un’efficacia temporanea del negozio, fin quando il contratto non è dichiarato invalido.
La nullità è disciplinata dagli artt. 1418 ss c.c. ed è posta a tutela di un interesse generale superiore, mentre l’annullabilità tutela l’interesse delle singola parte.
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Annullabilità del contratto
Questa è la ragione che giustifica una serie di differenze tra nullità e annullabilità.
Nullità | Annullabilità | |
Sentenza | Dichiarativa | Costitutiva |
Legittimazione | Generalizzata, qualsiasi soggetto che abbia interesse ad agire | Parte svantaggiata |
Convalida | Non convalidabile, salvo pubblicità sanante | Convalidabile, se il contratto non è impugnato entro il termine si stabilizza |
Rilevabilità | D’ufficio | Su istanza di parte |
Inefficacia | Originaria | Conseguente la sentenza di annullamento |
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Cause di nullità del contratto: art. 1418 cc
L’art. 1418 c.c. dispone:
Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.
Tipologie di nullità del contratto
La norma prevede tre tipologie di nullità:
- nullità per contrarietà a norma imperativa, ordine pubblico e buon costume, ovvero la c.d. nullità virtuale;
- nullità strutturale, per vizio di un elemento essenziale del contratto, come causa/oggetto illecito o impossibile;
- nullità testuale, ossia le ipotesi di nullità espressamente previste dal legislatore in caso di violazione di una norma di legge.
La presenza della nullità virtuale rende la nullità il vizio generale del contratto, cioè quando non è previsto altro rimedio, si applica tale disciplina. L’annullabilità è quindi tassativa, cioè opera solo se espressamente prevista dalla legge. Nei fatti, la distinzione è in prevalenza descrittiva. Talora può, infatti, accadere che esse tendano a sovrapporsi, giacché il medesimo vizio può integrare più tipologie di nullità.
Rispetto alle tre categorie, maggiori profili problematici sono sorti in tema di nullità virtuale in relazione a:
- quando una norma è imperativa;
- cosa significa “salvo sia diversamente disposto”;
- quando il contratto è contrario a norma imperativa.
1. Quando una norma è imperativa
Una prima questione posta dalla nullità del contratto riguarda la definizione stessa di norma imperativa. Secondo l’orientamento tradizionale, la norma è tale quando posta a presidio di un interesse generale ed è inderogabile.
Tuttavia, è stato sovente sostenuto che sia necessario un terzo carattere, ossia la norma non deve regolare materie settoriali. A tal proposito, si richiama l‘indirizzo interpretativo che escludeva la natura di norme imperative alle disposizioni tributarie, in quanto norme settoriali.
Tale posizione sembra esser stata recepita anche dal legislatore, infatti lo Statuto del contribuente afferma il c.d. principio di non interferenza, in virtù del quale la violazione delle norme tributarie non comporta come conseguenza il rimedio civilistico della nullità. Tale assunto, d’altro canto, si espone all’obiezione di restringere eccessivamente il campo di operatività della nullità virtuale.
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2. Cosa significa “salvo sia diversamente disposto”
La seconda questione interpretativa posta dalla nullità del contratto si riferisce all’inciso “salvo che la legge disponga diversamente”, di cui all’art. 1418 co. 1. È sorta, quindi, l’esigenza di stabilire quando sussistono eccezioni alla nullità virtuale, nonostante la violazione della norma imperativa.
La locuzione è interpretata nel senso che è esclusa la nullità quando la legge stessa prevede altro rimedio incompatibile, come l’annullabilità, oppure quando è previsto un rimedio extra civilistico, sufficiente a garantire il raggiungimento dello scopo, a cui la norma è preposta.
Trova, qui, applicazione il principio del minimo mezzo, in virtù del quale il contratto resta valido ove il rimedio della nullità sia superfluo o perfino pregiudizievole per una delle parti. In via esemplificativa, si richiama nuovamente la giurisprudenza sulla violazione di norma tributaria.
In tal caso, l’interesse principale è il recupero del gettito evaso. Non solo la sanzione amministrativa, conseguente la violazione, risulta a ciò finalizzata, ma si osserva anche che la nullità del contratto appare lesiva dell’interesse pubblicistico, in quanto caduca la fonte stessa del reddito oggetto di imposta.
3. Quando il contratto è contrario a norma imperativa
Infine, la terza questione interpretativa sulla nullità virtuale è volta a stabilire quando il contratto può dirsi contrario a norma imperativa. Sul punto si richiama la nota giurisprudenza sugli intermediari finanziari (Sentenza Rordorf). In tal sede, l’interprete ha chiarito che la nullità segue alla violazione del contratto stesso di una norma imperativa.
Si introduce la distinzione tra regole di validità e di comportamento:
- le prime costituiscono disposizioni che disciplinano l’atto negoziale stesso;
- le seconde, invece, sono regole relative alla fase precontrattuale, che regolano il comportamento delle parti.
Ad avviso dell’interprete, solo la violazione delle regole di validità del contratto stesso comporta la nullità. Ove sia il comportamento delle parti a contrastare con norma imperativa, invece, segue solo il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale – valido da contratto, ma svantaggioso.
La distinzione ha trovato applicazione anche in tema di contratti conclusi in conseguenza di un reato, mediante la dicotomia reati contratto e in contratto. Nel primo caso, è il negozio stesso a violare la norma incriminatrice, poiché la sua stessa conclusione integra reato. A questa categoria appartiene il contratto che integra l’accordo corruttivo, ossia il c.d. pactum sceleris.
Nel secondo, il reato si sostanzia nella condotta delle parti prodromica all’atto negoziale: è l’ipotesi del contratto concluso a seguito della fattispecie di truffa, ossia quando determinato da un comportamento fraudolento di uno dei contraenti.
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Nullità del contratto: quando è parziale
La nullità parziale del contratto è disciplinata all’art. 1419 c.c. Questa si realizza ove ad essere invalida sia la singola clausola del contratto. All’invalidità in questione possono seguire modifiche dell’equilibrio originario dell’atto negoziale, al fine di garantire la sua sopravvivenza, soprattutto dove l’integrale invalidità pregiudica una parte.
Già la mera nullità parziale potrebbe comportare una significativa modifica al contratto. Proprio per tale ragione legislatore, al comma primo dell’art. 1419, prevede la sopracitata nullità in estensione. Su richiesta della parte, il contratto può essere dichiarato totalmente nullo se risulta che le parti non l’avrebbero concluso in assenza delle clausole.
Tale valutazione presuppone un giudizio oggettivo, ossia si raffronta l’equilibrio dell’atto concluso in origine con quello risultante all’esito della nullità parziale, in modo da accertare un’eventuale sproporzione del nuovo equilibrio realizzato. È, dunque, una nullità che assolve all’unico scopo di tutelare la libertà negoziale delle parti, che risulterebbero vincolate ad un contratto diverso da quello voluto. Prevede, infatti, l’invalidità in assenza di alcun altro vizio.
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Cosa succede in caso di nullità parziale?
Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, il contratto può anche essere solo parzialmente nullo, quindi viene meno una clausola del contratto. Cosa succede in questi casi? Il contratto può sopravvivere senza una clausola?
Non sempre un contratto può vivere senza una disposizione, che spesso può essere essenziale. Nel caso di nullità per contrarietà a norma imperativa però c’è una soluzione prevista dalla legge. Infatti, al comma 2 l’art. 1419 dispone che se la clausola è contraria a norma imperativa, il contratto è eterointegrato dalla disposizione stessa. Ciò significa che la norma di legge sostituisce la clausola del contratto.
Tuttavia, questo fenomeno può comportare anche delle modifiche significative della disciplina del negozio, per questo è stato talvolta criticato.
Per esempio, ciò è accaduto rispetto al noto caso della legge Ponte, la quale disponeva l’obbligo, in caso di costruzione di un immobile, di realizzare anche un’apposita area parcheggio. Sul punto era dubbio se la norma avesse anche effetti civilistici, oltre che amministrativi. Ciò significa che quando si vende l’immobile, dovrebbe anche essere venduta l’area parcheggio.
La giurisprudenza accolse la tesi positiva. Si pose, quindi, la necessità di stabilire come intervenire sui contratti che avessero ad oggetto solo gli immobili (non anche l’area parcheggio). Sul punto si affermò che nel negozio, parzialmente nullo, era inserita una clausola che prevedeva un diritto d’uso sull’area parcheggio, cioè il diritto del compratore ad usare l’area di parcheggio. Questo diritto, secondo la giurisprudenza, derivava dalla norma della Legge Ponte.
Questo, però, comportava anche una modifica del prezzo. Quindi il giudice doveva modificare il contratto:
- introdurre questo diritto d’uso;
- cambiare il prezzo.
Quindi, il giudice finiva per modificare significativamente il contratto.
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Nullità di protezione: cos’è
La nullità è un rimedio che spesso è impiegato dal legislatore stesso per proteggere anche interessi di parte. Tale circostanza si concretizza con riferimento alle c.d. nullità di protezione. La principale, conosciuta dall’ordinamento, è disciplinata in materia consumeristica.
È una nullità che opera nell’interesse del consumatore, il quale risulta essere contraente debole nell’ambito del contratto concluso con il professionista, a causa dell’asimmetria informativa che caratterizza la sua posizione, concernente l’equilibrio normativo del negozio.
In tal senso, il consumatore non sarebbe in grado di individuare eventuali abusi perpetrati dal professionista, mediante disposizioni e clausole negoziali. Viene talvolta definita come superannullabilità, proprio in ragione di predetta funzione.
Tuttavia, essa si distingue dall’annullabilità in senso stretto, in quanto si connota comunque per l’esistenza di un interesse generale protetto. L’eventuale abuso delle asimmetrie informative nei rapporti tra professionista e consumatore può essere lesiva per il sistema concorrenziale, quindi per il buon andamento del mercato e la stabilità dei traffici economici.
È, dunque, una nullità strumentale ad un interesse finale. La nullità di protezione, a causa delle predette peculiari caratteristiche, è rimessa nella disponibilità dello stesso consumatore. Cosa vuol dire? Scopriamolo nel prossimo paragrafo.
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Quali sono le differenze rispetto alla nullità ordinaria?
A differenza della nullità ordinaria, la quale è rilevabile e dichiarabile d’ufficio dal giudice, l’istituto in esame può esser solo rilevato. Ciò cosa significa?
Significa che il giudice può sottoporre all’attenzione del consumatore la circostanza che il contratto presenta un vizio. Questo poi decide se il contratto debba essere dichiarato invalido.
Il regime in questione non connota solo la nullità del secondo contratto: opera ogniqualvolta il rimedio sia posto a presidio di un interesse di parte, anche ove non sia definita espressamente nullità di protezione dal legislatore.
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Nullità del Contratto – Domande frequenti
Il contratto è nullo per contrarietà a norma imperativa, ordine pubblico e buon costume. Inoltre, è nullo quando sono viziati gli elementi essenziali (causa e oggetto) ed è prevista nullità testuale dalla legge.
La nullità del contratto è posta a tutela di un interesse generale dell’ordinamento, mentre l’annullabilità tutela un interesse particolare di una delle parti.
Una nullità è protettiva quando tutela sia un interesse generale dell’ordinamento sia un interesse particolare delle parti.
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