Cosa succede se vendo una cosa non mia?
La vendita di cosa altrui è un contratto ad effetti obbligatori, con il quale il venditore si obbliga a far acquistare la proprietà del bene altrui all’acquirente. Si distingue dalla vendita di cosa futura o vendita di cosa generica.
- La vendita di cosa altrui è una vendita obbligatoria con cui l’alienante si obbliga a fare acquisire la proprietà di un bene altrui.
- Il bene si trasferisce automaticamente nel momento in cui entra nel patrimonio dell’alienante.
- Nel caso in cui tu non sia a conoscenza dell’altruità del bene, puoi chiedere la risoluzione, il risarcimento del danno e anche la riduzione del prezzo, se il bene è parzialmente altrui.
Il settore immobiliare è spesso caratterizzato da figure particolari di contratti di compravendita. Un esempio tipico è la vendita di cosa altrui, che può essere adottata anche per beni mobili.
Questo contratto ha effetti obbligatori, cioè fa nascere un obbligo in capo al venditore di far acquisire la proprietà della cosa altrui. Non è l’unico strumento che l’ordinamento conosce per farti acquistare un bene di altri. Ad esempio l’usucapione consente di diventare proprietario di un bene mediante il solo esercizio continuato del possesso per un certo arco di tempo.
Le due figure però sono ben distinte. L’usucapione presuppone l’acquisto a titolo originario, che è indipendente dalla legittima titolarità del precedente avente causa.
Detto ciò potrebbe capitare che tu concluda un contratto senza sapere che quel bene non è del venditore. Cosa succede in questo caso? A questo proposito, il Codice civile prevede una serie di rimedi che puoi esperire. In questo articolo cercheremo di analizzare nel dettaglio il funzionamento della vendita di cosa altrui.
- Che cos’è la vendita di cosa altrui?
- Vendita di cosa altrui: art. 1478 Codice civile
- Come tutelarsi se si scopre che il bene è di altri?
- Vendita cosa altrui: trascrizione
- Preliminare di vendita di cosa altrui
- Vendita cosa altrui: esempio
- Vendita di cosa parzialmente altrui
- Vendita di cosa futura
- Vendita di cosa generica
Che cos’è la vendita di cosa altrui?
La vendita di una cosa non tua non è che una vendita obbligatoria. Il contratto di compravendita, sebbene di regola produca effetti reali, in alcune ipotesi può produrre anche effetti obbligatori.
Ciò, ad esempio, capita quando viene differito il trasferimento del bene ad un momento successivo al contratto. Questo secondo momento, in genere, è un ulteriore atto o fatto che può produrre l’effetto traslativo.
Tale atto è la vendita obbligatoria. Produce, tra i suoi effetti, quello di fare acquistare al compratore la proprietà della cosa non immediatamente. La vendita di cosa altrui rientra in tale categoria.
Se alla conclusione del contratto, la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questo è obbligato a procurare l’acquisto al compratore. Quest’ultimo diventa proprietario quando il venditore acquista la proprietà dal terzo titolare. Può anche capitare che sia il terzo stesso a trasferire la proprietà al compratore.
Dal contratto non deve necessariamente risultare chi sia il proprietario, che comunque potrebbe cambiare nel frattempo. Se poi la cosa è generica è irrilevante che sia propria o altrui.
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere
Che cosa succede se non è acquistata la cosa?
Come abbiamo appena evidenziato, la vendita di cosa altrui è una vendita obbligatoria. Il venditore potrebbe non procurarsi la cosa che è oggetto di contratto. Dunque, potresti doverti tutelare anche in giudizio. Quale azione è esperibile in questo caso?
Dal contratto, come sappiamo, sorge un’obbligazione a tutti gli effetti, con la conseguenza che dovrà essere esercitata un’azione di risarcimento del danno per inadempimento.
Secondo un orientamento, questa responsabilità è di tipo oggettivo. Ciò significa che il venditore risponde del danno derivante dall’inadempimento anche se non è dipeso da sua colpa.
Altro orientamento sostiene invece che non sussistono ragioni per applicare a questa ipotesi una disciplina diversa da quella ordinariamente prevista per le obbligazioni. Si tratterebbe quindi di una normale responsabilità per colpa, dove sussiste l’onere di provare l’elemento soggettivo.
Vendita di cosa altrui: art. 1478 Codice civile
La disciplina della vendita di cosa altrui si trova negli artt. 1478 ss c.c. Tuttavia, prima che il trasferimento si realizzi, al compratore si applicano le disposizioni in tema di vendita condizionata. Ci stiamo, a tal proposito riferendo, agli artt. 1357 e 1358 c.c., mentre non opera l’art. 1356 c.c., il quale fa invece riguarda la disciplina degli atti conservativi. Trattandosi di una cosa non propria, tale norma risulta essere esclusa.
In seguito al trasferimento, si adottano gli articoli richiamati e le disposizioni sulla vendita, oltre che i rimedi negoziali. Si ricorda che deve essere apposto un termine finale alla vendita, entro il quale il venditore deve procurarsi il bene. Se non è indicato, viene inserito dal giudice.
Come tutelarsi se si scopre che il bene è di altri?
Potresti scoprire solo dopo la vendita che il bene non era del venditore. Che fare? A tal proposito il legislatore ha previsto dei rimedi specifici all’art. 1479 c.c.
L’articolo dispone che il compratore può chiedere la risoluzione del contratto, se, quando l’ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquisire la proprietà.
Quindi, secondo la norma, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto, se ignorava l’altruità del bene. Potrebbe anche averla ignorata per colpa, ad esempio perché risultava dai pubblici registri. Il richiamo alla buona fede in rubrica è allora improprio.
Se il bene non è immediatamente trasferito, già questo risulta essere inadempimento. Non rileva che il compratore possa opporre al terzo l’acquisto a titolo derivato, avendo comunque interesse ad evitare un conflitto. Se poi anche il venditore ignorava l’altruità, può ipotizzarsi da parte sua un’impugnazione del contratto per errore sulla qualità del bene.
Il compratore può comunque far valere la risoluzione, anche se il venditore non aveva conoscenza di questa circostanza. Quindi, laddove dovessi trovarti in tale situazione, sarai tutelato dall’ordinamento mediante predetto strumento, in ogni caso.
Vendita cosa altrui: trascrizione
Uno degli strumenti tradizionali con cui tutelarsi in caso di compravendita di immobile è la trascrizione. Tuttavia, la vendita immobiliare di cosa altrui non è trascrivibile, nemmeno come vendita sospensivamente condizionata, perché una simile condizione sarebbe in ogni caso non retroattiva.
Il predetto limite deriva dal principio che vieta di disporre di una cosa prima di averla acquistata. La trascrizione non produce nemmeno effetto prenotativo, come nel caso di trascrizione del contratto preliminare.
Ovviamente, poi, l’acquisto sarà trascritto al momento in cui il bene entrerà nel patrimonio del venditore. In questo caso vi è una doppia trascrizione:
- quella relativa all’acquisto dal terzo al venditore;
- quella relativa all’acquisto dal venditore al compratore.
Altro orientamento sostiene invece la possibilità di trascrivere, perché sembra essere ammessa per gli acquisti a non dominio.
Preliminare di vendita di cosa altrui
Dalla vendita di cosa altrui va distinto il preliminare di vendita di cosa altrui. Laddove tu voglia concludere questo contratto dovrai sapere che ci sono alcune differenze importanti.
Pur se in entrambi i casi vi è l’obbligo di far acquisire la cosa all’acquirente, qualora sia stipulata una vera e propria vendita, l’effetto traslativo si produce in automatico. Quando il bene comprato entra nel patrimonio del venditore questo è automaticamente trasferito.
Si tratta, infatti, di un contratto ad effetti reali differiti. Ben diverso è, invece, il preliminare di vendita di cosa altrui. In questa diversa ipotesi sarà sempre necessario concludere il contratto definitivo che produce l’effetto traslativo. Tale secondo negozio costituisce adempimento all’obbligo di prestare il consenso assunto con il preliminare.
In pratica, il preliminare è un contratto ad effetti obbligatori puro e semplice.
Vendita cosa altrui: esempio
La differenza che abbiamo cercato di delineare tra preliminare e vendita di cosa altrui comporta alcune conseguenze pratiche. Una delle questioni più interessanti riguarda il caso, che prima abbiamo descritto, in cui l’acquirente non sia a conoscenza dell’altruità della cosa.
Come abbiamo detto, egli può chiedere la risoluzione del contratto, anche se il venditore, a sua volta, non ne era a conoscenza. Questa disciplina si applica anche al promissario acquirente? Un orientamento minoritario ha ammesso l’adozione dell’art. 1479 c.c. anche per il preliminare.
Tuttavia, questa tesi non è stata accolta favorevolmente. L’orientamento più diffuso, invece, sostiene che la norma sia riferibile esclusivamente alla vendita e non anche alla promessa di vendita.
Ciò si spiega in considerazione del fatto che il promissario venditore si obbliga a fare tutto ciò che è necessario a garantire il risultato traslativo finale. Quindi, in parole povere, può fino al definitivo acquistare il bene per conto del promissario acquirente.
Si può parlare di inadempimento all’obbligo di trasferimento solo se, al momento del definitivo, il bene non è nel patrimonio del venditore. Dunque, anche se l’acquirente è stato “tradito” dalla condotta del venditore, che magari ha fatto credere di avere la disponibilità del bene, comunque non può essere chiesta la risoluzione prima dell’inadempimento.
Se il soggetto sostiene di vendere un bene già presente nel proprio patrimonio, invece, si troverà nella condizione di non avere la possibilità di assicurare immediatamente il trasferimento.
È possibile eseguire in forma specifica un preliminare di cosa altrui?
Normalmente, se il definitivo non è concluso a seguito di preliminare, il giudice può imporlo giudizialmente ai sensi dell’art. 2932 c.c.. A tal proposito, si parla di esecuzione in forma specifica del preliminare.
Ti potresti, però, chiedere cosa accade se oggetto del preliminare è la vendita di cosa altrui. Può essere oggetto di esecuzione in forma specifica? La questione più spigolosa è se questa pronuncia possa essere richiesta quando la proprietà non sia stata ancora acquistata da parte del promittente venditore. Il dubbio principale vi è quando il bene sia ancora di proprietà di un soggetto estraneo al preliminare.
Secondo un primo orientamento, l’azione ai sensi dell’art. 2932 c.c. era inammissibile. Mancava, infatti, l’elemento essenziale, cioè l’interesse ad agire in giudizio. Ammettiamo, ad esempio, che sia pronunciata una sentenza che realizza gli effetti del contratto definitivo. Questa non può produrre effetti nei confronti del terzo proprietario del bene immobile.
Altro orientamento, invece, ritiene possibile ricorrere al rimedio in esame, in particolare sulla base di due argomentazioni. La prima si fonda sulla premessa che i requisiti dell’azione, tra cui l’interesse, devono essere posseduti al momento della sentenza. Quindi, è sufficiente che in tale data sia stata acquistata la proprietà. Così, la sentenza può anche produrre effetto traslativo, perché il proprietario è il promissario acquirente, che è parte del giudizio.
Inoltre, si dice che la sentenza non sia retroattiva, ovvero che produca effetti da quando è pubblicata. Quindi, considerando che il bene è trasferito dalla pronuncia, è sufficiente che il diritto sia stato acquistato subito prima della stessa.
Vendita di cosa parzialmente altrui
La disciplina della vendita di cose altrui si distingue in parte dalla vendita di cosa parzialmente altrui. In questo caso, non tutto il bene appartiene ad altro soggetto, ma lo è solo in parte. Pensiamo a due ipotesi.
Una prima, si verifica quando il venditore vende per intero un appezzamento di terreno di cui possiede solo una parte. Altro esempio, invece, un po’ più ostico è la vendita del bene in comunione, senza che dal venditore sia venduta la quota, ma l’intero bene. A tal proposito dobbiamo fare delle precisazioni.
Se l’acquirente sa che la cosa è parzialmente altrui, allora non si pongono grandi problemi. Per la parte che appartiene al venditore è una normale vendita. Per l’altra parte, invece, si applica la disciplina della vendita di cosa altrui, di cui all’art. 1478 c.c.
Più problematica è l’ipotesi in cui il soggetto non sia a conoscenza dell’altruità, in cui trova applicazione l’art. 1480 c.c., che prevede la possibilità di chiedere:
- la risoluzione del contratto;
- il risarcimento del danno;
- la riduzione del prezzo.
LEGGI ANCHE Come far valere l’usucapione di parti comuni condominiali
Vendita del bene immobile in comunione
Sulla vendita di cosa parzialmente altrui sono sorti alcuni dubbi, soprattutto se il bene era in comunione, ordinaria o ereditaria. In particolare, un orientamento riteneva che non potesse essere applicata la norma di cui all’art. 1480 c.c.
Si sosteneva che tale disciplina fosse stata elaborata solo con riferimento alle ipotesi di vendita di una parte di un bene e non dell’intero, cioè la parziarietà sarebbe solo fisica. L’esempio è quello precedentemente richiamato del soggetto che vende un appezzamento di terreno come proprio, quando invece una parte è in proprietà di altri.
In realtà, come fatto notare nel paragrafo precedente, questo altro non è che un collegamento tra la vendita di cosa propria e vendita di cosa altrui. L’art. 1480 c.c., invece, sembra proprio corrispondere all’ipotesi di vendita di cosa in comunione..
Questa è anche la tesi che è stata accolta dalla giurisprudenza, la quale ne ha parlato proprio in proposito del preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui. La disposizione, secondo l’interpretazione corrente, consente all’acquirente inconsapevole della vendita del bene immobile in comunione di esercitare i relativi rimedi.
Vendita di cosa futura
Un’altra particolare tipologia di vendita è la vendita di cosa futura. L’art. 1472 c.c. disciplina espressamente la fattispecie, specificando il principio enunciato all’art. 1348 c.c., secondo cui la prestazione di cose future può essere dedotta in contratto.
In questo caso, il bene non può diventare immediato oggetto del diritto di proprietà, perché non esiste in natura. L’acquisto si verifica nel momento in cui la cosa venga ad esistenza:
- se la cosa non viene ad esistenza la vendita è nulla, a meno che le parti abbiano voluto concludere un contratto aleatorio;
- se la cosa non viene in esistenza, il contratto non si perfeziona mai; la fattispecie, che è a formazione progressiva, non si completa.
A differenza della vendita di cosa altrui, che presuppone il sorgere di un’obbligazione, in questo caso il venditore non ha alcun obbligo di far venire ad esistenza la cosa. Le parti possono però sempre stipulare una vendita obbligatoria di cosa futura, dove il venditore assume tale onere.
LEGGI ANCHE Comproprietà e comodato d’uso gratuito
Preliminare di vendita di cosa futura
La vendita di cosa futura, come la vendita di cosa altrui, può essere oggetto di preliminare. Anche in questo caso il negozio vincola la parte alla conclusione del successivo definitivo, quando il bene sarà venuto in esistenza
L’esistenza della cosa costituisce, inoltre, condizione per l’esercizio dell’art. 2932 c.c. Quindi, se la cosa viene in esistenza e il promissario venditore è inadempiente, il promissario acquirente può ottenere una sentenza produttiva degli effetti del contratto. Tuttavia, se il bene non viene ad esistere, non è integrata la condizione dell’azione, che non sarà esercitabile di conseguenza.
Inoltre, lo schema del preliminare di vendita di cosa futura è stato recentemente disciplinato anche dal legislatore. Questo negozio è adottato nel caso in cui l’oggetto di compravendita sia un immobile da costruire.
Il legislatore, in tal sede, ha inteso rafforzare la posizione dell’acquirente, imponendo al costruttore l’obbligo di consegnare una fideiussione che garantisca i crediti nascenti dal contratto. Quindi, ad esempio, se per una crisi di impresa il bene non venisse completato, il promissario acquirente avrebbe una garanzia personale rispetto alla restituzione delle somme versate come anticipo. La fideiussione deve essere concessa a pena di nullità del contratto.
LEGGI ANCHE Ipoteca sulla casa: cos’è e come funziona
Vendita di cosa generica
Un’ultima fattispecie da analizzare, in comparazione con la vendita di cosa altrui, è la vendita di cosa generica. Il Codice civile attuale, a differenza di quello del 1865, non la prevede. Tuttavia, secondo l’interprete, questa figura può essere ricavata dall’art. 1378 c.c, che regola qualsiasi tipo di trasferimento di cose determinate solo nel genere, anche non a titolo di vendita.
Secondo la tesi preferibile, come la vendita di cosa altrui, la vendita di cose generiche è una vendita obbligatoria, dove:
- l’effetto obbligatorio è immediato;
- l’effetto traslativo è differito al momento dell’individuazione della cosa.
L’individuazione della cosa deve essere compiuta tramite accordo delle parti, oppure può essere attribuita per loro volontà o al venditore solo o all’acquirente, eventualmente anche un terzo. Questo atto è considerato un negozio giuridico, bilaterale se compiuto da entrambe, quindi un contratto, o unilaterale, se compiuto da una sola delle parti.
Vendita cosa altrui – Domande frequenti
La vendita di cosa altrui, secondo l’orientamento maggioritario, non si trascrive. Quindi è preferibile concludere un preliminare, che è invece trascrivibile.
È possibile esercitare l’azione di cui all’art. 2932 c.c., la quale consente di ottenere una sentenza che produce gli stessi effetti del definitivo.
Come si evince dall’analisi del Codice civile, la vendita di cosa altrui non è annullabile o nulla poiché viziata.
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere