Reato aberrante: in cosa consiste l’anomalia nell’esecuzione di un reato
Hai mai sentito parlare di reato aberrante? In questa guida analizzeremo il caso in cui si realizza un'anomala esecuzione di reato e come questo caso venga disciplinato dal nostro codice penale.
- Con reato aberrante si fa riferimento a due distinti istituti: aberratio ictus e aberratio delicti.
- Il reato aberrante identifica una delle ipotesi di responsabilità oggettiva, in particolare di divergenza tra voluto e realizzato.
- La giurisprudenza reinterpreta le fattispecie di reato aberrante alla luce dei principi costituzionali, in specie quello di colpevolezza.
Non sempre alcuni concetti del diritto penale sono di immediata comprensione, né tantomeno sono riconducibili subito ad esempi concreti. Sapresti dire come è punito chi, volendo sparare a Tizio, uccide Caio? È omicidio volontario o colposo?
Questo è un classico esempio della fattispecie che i tecnici del diritto qualificano come divergenza tra voluto e realizzato. L’esempio descritto corrisponde ad una casistica espressamente regolata nel codice penale e costituisce un’ipotesi di reato aberrante.
Nel seguente articolo, ti diremo che cos’è il reato aberrante, a quali fattispecie ci si riferisce con tale appellativo, le principali problematiche che derivano dagli istituti descritti e come esse siano risolte dalla giurisprudenza.
Reato aberrante: cos’è
Il reato aberrante è un istituto di non facile comprensione. È opportuno, preliminarmente, evidenziare che con reato aberrante in realtà si intendono due istituti: aberratio ictus e aberratio delicti, che ti spiegheremo in breve.
Gli istituti pongono un problema centrale che è quello della compatibilità con il principio di colpevolezza. Prima di procedere all’analisi delle fattispecie citate, ci sembra necessario fare una breve introduzione sul principio.
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Principio di colpevolezza
Il principio di colpevolezza presuppone che chi compie un fatto in astratto illecito deve agire in colpa o in dolo, cioè deve essere rimproverabile da un punto di vista soggettivo, laddove abbia:
- trasgredito volontariamente al divieto imposto dalla norma penale, nel caso del dolo;
- oppure ha violato la norma penale per scarsa diligenza, quando è in colpa.
Il principio non è espressamente previsto dalla Costituzione, ma è desunto dalla Corte Costituzionale da alcuni principi fondamentali.
In primo luogo, il principio è espressione di un’interpretazione dell’art. 27, il quale afferma che la responsabilità penale è personale. La norma sembra affermare che nessuno può essere punito per un reato compiuto da altri; mentre, in base ad un’altra interpretazione, si dice che nessuno può essere punito se non è rimproverabile anche sul piano soggettivo.
Il principio di colpevolezza si collega anche alla funzione rieducativa della pena. La funzione principale della pena dovrebbe essere quella di rieducare il reo, reinserirlo nella società civile. Se un soggetto non ha volontariamente o per negligenza trasgredito al precetto penale, perché dovrebbe essere punito?
Il principio si ricollega pure a un’ulteriore esigenza, espressione del principio di legalità, cioè quella di calcolabilità del rischio penale. Ciascuno deve essere posto in grado di prevedere le conseguenze penali della propria condotta e porsi al riparo da eventuali rischi. Se il soggetto può essere punito senza che abbia violato volontariamente o per colpa le regole, come può prevedere ed evitare le conseguenze della propria condotta?
La Corte Costituzionale trova fondamento costituzionale al principio di legalità sulla base di questo ragionamento.
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Reato aberrante e principio di colpevolezza
Come dicevamo nel precedente paragrafo, il reato aberrante pone dubbi di compatibilità con il principio di colpevolezza. In che senso?
Il reato aberrante identifica due ipotesi in cui il soggetto viene punito per una cosa diversa da quella che voleva fare; in tal senso costituisce una delle fattispecie previste dall’ordinamento di divergenza tra voluto e realizzato. Il soggetto però viene, talvolta, punito come se volesse la condotta tenuta.
Tuttavia sul punto dobbiamo fare delle specificazioni, che dipendono dall’istituto che viene in evidenza.
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Reato aberrante: aberratio ictus
La figura più problematica di reato aberrante è l’aberratio ictus, descritto all’art. 82 c.p. La norma prevede che quando per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il fatto in danno della persona che voleva offendere.
Per capire di cosa si tratta, possiamo fare un esempio molto semplice. Pensiamo al caso in cui un soggetto vuole sparare a taluno, lo chiameremo Tizio, posiziona il cavalletto per sparare, punta il fucile, poi inaspettatamente compare un altro soggetto, Caio, che si frappone con l’obiettivo destinato e viene colpito per errore.
Un altro esempio è quello del nipote che vuole uccidere la vecchia zia ricca. Questo acquista dei cioccolatini, i preferiti della zia, li riempie di veleno e li lascia vicino alla sua tazza del tè, che beve ogni sera. Lo zio vede il cioccolatino e lo mangia, morendo al posto della zia.
In questi casi, in assenza della norma, il soggetto agente avrebbe dovuto rispondere di:
- tentato omicidio nei confronti della vittima designata;
- omicidio colposo nei confronti della vittima effettiva.
L’agente, per effetto della norma, risponde comunque di omicidio doloso nei confronti della vittima effettiva. La norma, quindi, trasferisce l’elemento del dolo dalla vittima designata a quella effettiva, eppure il soggetto non ha agito con l’intento di uccidere lo zio.
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Perché l’aberratio ictus è contrario al principio di colpevolezza?
La fattispecie dell’art. 82 c.p. è contraria al principio di colpevolezza e le ragioni ci sembrano evidenti. Un soggetto viene punito a titolo di dolo, anche se ha ucciso una persona che non aveva intenzione di uccidere.
Qualcuno si è anche domandato: perché non è un fatto doloso? L’agente, infatti, voleva uccidere qualcuno e, in ogni caso, ha cagionato la morte di una persona, c’è il dolo del reato di omicidio.
Si osserva, al contrario, che il dolo presuppone che il soggetto si rappresenti il fatto costituente reato esattamente come poi si è realizzato, comprensivo di ogni momento e aspetto. L’agente per essere in dolo deve rappresentarsi la persona offesa del reato, cioè l’agente deve uccidere la persona che aveva previsto di uccidere.
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Aberratio ictus: rilettura costituzionale
L’aberratio ictus, come altre fattispecie del codice penale, è una forma di responsabilità oggettiva. Il soggetto è punito in modo più grave del fatto in concreto realizzato, perché aveva un’intenzione malvagia.
La giurisprudenza ha sostenuto l’illegittimità costituzionale della norma e proposto una rilettura in chiave costituzionale. Si è detto che deve essere individuato un coefficiente minimo di colpevolezza, cioè il soggetto agente anche se non vuole il fatto concreto che ha realizzato, per lo meno deve essere in colpa.
L’agente deve, quindi, prevedere il possibile risultato della condotta. Pensiamo all’esempio che abbiamo proposto dello zio. Ipotizziamo che il nipote non sapesse che lo zio fosse in casa, ma anzi credeva di essere solo con la zia, che avrebbe di lì a poco bevuto il tè e mangiato il cioccolatino serale, come di consuetudine.
Lo zio, invece, era rientrato senza avvisare da un viaggio. In questo caso, il fatto concreto non era in alcun modo prevedibile, quindi il nipote non ha neanche l’elemento soggettivo della colpa. Se il nipote, invece, sapeva che lo zio avrebbe di lì a poco fatto ritorno in casa, o che potesse esserci taluno, in quel caso il fatto era prevedibile.
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Pena per il fatto doloso
A questo punto, possiamo porci un altro interrogativo: anche se viene accertato l’elemento della colpa, comunque, il soggetto è punito a titolo di dolo. Ciò è compatibile con il principio di colpevolezza?
La giurisprudenza, sul punto, ha detto di sì, in quanto è possibile che il legislatore decida di punire un fatto colposo in modo più grave. Si potrebbe, al più, dire che la pena non sia proporzionale, ma, nel caso esaminato, l’aggravio di pena trova una giustificazione.
Il soggetto agente, in ogni caso, aveva un’originaria intenzione malvagia, che denota una maggiore pericolosità, rispetto ad altri che realizzano un omicidio colposo non aberrante.
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Reato aberrante: l’aberratio delicti
Un altro caso di reato aberrante è l’aberratio delicti, che pone, a dire la verità, molte meno problematiche dell’aberratio ictus.
Questa fattispecie è prevista dall’art. 83 c.p. e ci dice che:
Fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente, se, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell’evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
In questa ipotesi, il soggetto che vuole realizzare un reato ne realizza un altro per errore. Pensiamo, per esempio, a chi volendo ferire qualcuno decida di lanciare un sasso nei suoi confronti, ma colpisce la vetrina di un negozio e la distrugge. Il soggetto non realizza il reato di lesioni, ma di danneggiamento; egli pone in essere un reato colposo e viene punito a titolo di colpa.
Perché si dice che pure l’aberratio delicti ponga problemi di compatibilità con il principio di colpevolezza? La norma comunque pone problemi di costituzionalità perché, in origine, non era accertata la colpa in concreto. Il giudice non procedeva a verificare se il soggetto agente potesse prevedere il diverso reato realizzato.
In sostanza, l’elemento soggettivo della colpa non era provato, ma si applicava il trattamento sanzionatorio equivalente al reato colpso. L’aberratio delicti, come la precedente fattispecie, deve essere riletto alla luce del principio di colpevolezza, che impone al giudice di verificare se in concreto il diverso reato fosse prevedibile.
In base a queste rilettura costituzionalmente orientata, l’art. 83 c.p. è divenuto, in sostanza, inutile, perché non aggiunge nulla ai principi generali: il reato è colposo ed è punito a titolo di colpa.
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Differenza tra aberratio ictus e delicti
Abbiamo descritto, nei precedenti paragrafi, la differenza tra aberratio ictus e aberratio delicti. La differenza sembra abbastanza evidente. Tuttavia, a volte, la giurisprudenza ha un po’ confuso i piani, introducendo criteri distintivi non proprio chiarissimi.
L’aberratio delicti si distingue dall’aberratio ictus, in quanto:
- nel primo caso, vi è differenza del titolo di reato;
- nel secondo, vi è differenza della persona offesa, ma non del titolo di reato.
Tuttavia, un altro orientamento sostiene che sia l’omogeneità del bene giuridico tutelato e dell’offesa a rappresentare la distinzione tra aberratio ictus e aberratio delicti, Dunque, il passaggio dall’art. 82 all’art. 83 è segnato dalla mancanza di omogeneità tra l’offesa realizzata e quella voluta.
In questa prospettiva, non sarebbe sufficiente che il reato sia diverso affinché sia integrata l’aberratio delicti, ma è necessario che i due reati realizzati siano eterogenei; mentre, se l’offesa è omogenea, allora, è integrato l’art. 82 c.p.
Facciamo un semplice esempio. Tra lesioni e omicidio c’è una sorta di omogeneità dell’offesa, sebbene le lesioni siano poste a tutela del bene salute, mentre l’omicidio è a tutela del bene vita.
Che reato compio se cercando di ledere taluno provoco la morte di un altro soggetto? La giurisprudenza in questo caso ha detto che non c’è aberratio delicti, ma si realizza una particolare tipologia di aberratio ictus. In particolare, la condotta si qualifica come omicidio preterintenzionale aberrante.
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Il reato aberrante – Domande frequenti
Si parla di reato aberrante quando vi è una divergenza tra il fatto voluto dall’agente e quello realizzato. Si individuano due casi di reato aberrante: aberratio ictus e aberratio delicti.
Si verifica una aberratio ictus quando il reato, per errore nei mezzi di esecuzione o un’altra causa, cagiona l’offesa a una persona diversa da quella a cui era diretta.
Si verifica un’aberratio delicti quando, per errore nei mezzi di esecuzione o un’altra causa, è realizzato un reato diverso da quello voluto dall’agente.
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