Il saluto romano è reato?
Il saluto romano integra il reato di apologia o è mero esibizionismo fascista? Cosa si rischia a farlo? Scoprilo nel nostro approfondimento.
- Il reato di apologia del fascismo è previsto dall’art. 4 della Legge Scelba, in attuazione di una disposizione transitoria della Costituzione.
- La legge vieta la propaganda e la ricostituzione del partito fascista. Di recente, ci si è chiesti se il saluto romano integra tale reato.
- La fattispecie di apologia, tuttavia, ha dei limiti, derivanti dagli stessi principi fondamentali della Costituzione.
Di recente, la giurisprudenza si è interrogata sulla questione del saluto romano, inteso come saluto fascista, chiedendosi se esso sia considerabile un reato di opinione. In particolare, ci si è chiesti se il saluto, in occasione di una commemorazione, possa essere apologia o esibizionismo fascista.
Nel seguente articolo, daremo una risposta a queste domande, esaminando tutte le implicazioni costituzionali che sottendono la questione. Esamineremo, in particolare la fattispecie di reato di esibizionismo fascista e vedremo se costituisce un reato di opinione.
Ti diremo, poi, come la Corte Costituzionale si regola rispetto a questi reati, cioè quale è la posizione prevalente assunta dalla giurisprudenza. Infine, provvederemo a trarre le somme di questo discorso, per rispondere insieme al quesito di partenza, cioè: il saluto romano è reato?
Che cos’è l’apologia del fascismo?
La nostra Costituzione vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista alla XII disposizione transitoria. Dunque, la nostra carta costituzionale cerca di prevenire eventuali forme organizzative che potrebbe far sorgere il pericolo di una rifondazione del partito fascista.
Tale disposizione transitoria ha poi trovato attuazione all’art. 4 della Legge Scelba, la quale ha introdotto il c.d. reato di esibizionismo fascista. Proprio di recente, c’è stato un ampio dibattito che ha interessato anche l’opinione pubblica circa questo reato.
In merito, la giurisprudenza della Cassazione è stata interrogata proprio sul caso del saluto romano, o saluto fascista, in occasione di una commemorazione storica.
Ci si è chiesti se, nel caso di specie, è integrato il reato previsto dalla Legge Scelba, oppure se sono comunque configurabili altre tipologie di reato, come quello introdotto negli ultimi anni di cui all’art. 604 bis c.p. Quest’ultimo è una fattispecie che vieta l’organizzazione di associazioni che sostengono idee discriminatorie o comunque che incitano alla violenza.
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Apologia del fascismo: è un reato di opinione?
Un primo problema che ci possiamo porre è se il reato di apologia del fascismo sia un reato di opinione, cioè se sanzioni la sola manifestazione del pensiero. Sarebbe in questo caso incostituzionale, per violazione dell’art. 21 cost.
Vi direte, come fa un reato ad essere incostituzionale se è la stessa costituzione a vietare la ricostituzione del partito fascista? In realtà, la risposta non è poi così complicata.
Bisogna prendere, in primo luogo, in considerazione il testo dell’art. 4 della Legge Scelba, il quale prevede che:
Chiunque promuove, organizza o dirige le associazioni, i movimenti o i gruppi indicati nell’art. 1, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni e con la multa da un milione a dieci milioni di lire. Chiunque partecipa a tali associazioni, movimenti o gruppi è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da cinquecentomila a cinque milioni di lire (…).
Come è possibile leggere, la norma punisce anche chi “promuove“ l’organizzazione. Ora, promuovere è una mera manifestazione del pensiero, che, per quanto contraria ai valori dell’ordinamento o socialmente comuni, comunque, non può essere punita.
Il problema principale, infatti, è che il soggetto verrebbe sanzionato per il solo fatto di aver manifestato un’opinione, anche se “spregevole” per i più. Quindi, secondo un primo commento alla norma, la giurisprudenza ha detto che si tratta di un reato di opinione.
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Cosa sono i reati di opinione?
Rientra nella categoria dei reati di opinione la fattispecie dove il legislatore incrimina la manifestazione di pensiero, intesa come un giudizio valutativo, a prescindere dalla capacità della condotta di produrre ulteriori effetti pregiudizievoli.
In quanto tali, si distinguono da quelle fattispecie ove, invece, il legislatore sanziona una manifestazione di pensiero per la sua capacità di ledere:
- ulteriori beni giuridici rilevanti: nel caso del reato di diffamazione, si lede la reputazione altrui;
- l’ordine pubblico, inteso in senso materiale, come pubblica tranquillità: ne è esempio il reato di istigazione, il quale consiste in una manifestazione di pensiero idonea a suscitare un proposito criminoso in altri soggetti.
I reati di opinione propriamente detti, invece, sono perseguiti per la mera manifestazione di un’opinione che è in conflitto con i valori meta-individuali dell’ordinamento, con sentimenti collettivi in cui si riconosce la maggioranza della popolazione.
In queste ipotesi, quindi, si punisce il giudizio valutativo che viene manifestato, non anche l’ulteriore effetto lesivo che è in grado di produrre.
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Questi reati di opinione sono ammessi nel nostro ordinamento?
I reati di opinione non sono ammissibili alla luce delle norme costituzionali, per due ragioni. In primo luogo, costituiscono una limitazione del diritto di manifestazione del pensiero. Già per questa ragione, le fattispecie in questione sono causa di non pochi dubbi di compatibilità costituzionale.
In secondo luogo, nel nostro ordinamento, vige il c.d. principio di offensività. Quando è introdotta una norma incriminatrice, il legislatore deve fare una valutazione, cioè deve verificare se la condotta che è punita poi possa porre in pericolo o arrecare un danno ad un interesse meritevole di tutela per l’ordinamento.
Nel caso dei reati di opinione, come quello di apologia o esibizionismo fascista, non c’è questa condizione. Infatti, questi reati, al più, ledono un sentimento collettivo, fatto che non sembra però idoneo a integrare un pregiudizio concreto, che sia avvertito da taluno in modo significativo. Quindi, si ritiene che questi reati siano incompatibili con il principio di offensività.
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I reati di opinione sono tutti incostituzionali?
I reati di opinione, però, non vengono quasi mai dichiarati incostituzionali. Come è possibile? Se abbiamo preso per vero che tali reati sono in conflitto con più di un principio costituzionale, allora, dovremmo ritenerli sempre incostituzionali. Invece, il più delle volte, la Corte Costituzionale decide di reinterpretarli alla luce dei principi costituzionali. Cosa dice?
Chiamata più volte ad intervenire sul punto, la Corte costituzionale ha recuperato tale compatibilità qualificando i reati di opinione come reati di pericolo in concreto, ossia è necessario accertare che la condotta sia idonea ad arrecare un pregiudizio all’ordine pubblico.
La Corte, quindi, ha modificato in via interpretativa le fattispecie in questione. Per esempio, rispetto al reato di istigazione a delinquere, è stato osservato dall’interprete quanto segue: il legislatore richiede che l’istigazione sia concretamente idonea a suscitare la commissione di fatti lesivi della pubblica tranquillità, ossia far insorgere un proposito criminoso, quindi, il rischio che siano commessi ulteriori reati.
La questione è, però, apparsa maggiormente complessa rispetto al reato di apologia. La giurisprudenza ha, infatti, dovuto reinterpretare la norma alla stregua di un’istigazione indiretta.
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Come funziona con il reato di apologia del fascismo?
Per il reato di apologia del fascismo, il discorso è pressoché lo stesso. Abbiamo detto che si tratta di un reato di opinione, che quindi pone dubbi di compatibilità con:
- i principi di libertà di manifestazione del pensiero;
- il principio di offensività.
Già da tempo, però, la Corte Costituzionale ha sostenuto che anche la fattispecie in questione è soggetta ad una reinterpretazione costituzionalmente orientata. Quindi, come per i reati che abbiamo citato in precedenza, anche questa fattispecie deve essere considerata un reato di pericolo concreto.
In questo caso, il pericolo è quello di ricostituzione del partito fascista. Affinché la condotta sia perseguibile, e non integri una manifestazione del pensione non punibile, è necessario che:
- integri in concreto il rischio di proselitismo, ovvero che la condotta possa generare, anche solo in via prodromica, il rischio di ricostituzione del partito fascista;
- con ciò si intende che non è necessario accertare in concreto che siano stati posti in essere atti finalizzati alla riorganizzazione, è sufficiente il rischio concreto che tale attività organizzativa sia avviata.
Il problema principale è stato che non sempre è facile stabilire, all’atto pratico, quando questa condizione è integrata. Per questo la giurisprudenza ha tentato varie strade: infatti, l’interprete ha fatto ricorso alla distinzione tra manifestazione statica e dinamica.
Per manifestazioni statiche si intendono atti, anche realizzati in pubblico, che non sfociano in cortei o altre manifestazioni attive di proselitismo. Tuttavia, è stato obiettato che anche tale distinzione ha un significato incerto e non sempre è facile stabilire se la condotta sia statica o dinamica.
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Rapporto tra apologia del fascismo e art. 604 bis cp
Tale norma, dunque, ha trovato rara applicazione pratica. Il campo di applicazione della fattispecie, non solo è stato circoscritto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, ma anche dalla previsione di cui all’art. 2 del d.l. 122 del 1993, legge Mancino, confluita nell’art. 604 bis c.p., dopo l’attuazione della riserva di codice.
La disposizione in questione sanziona le manifestazioni esteriori di simboli e rituali di gruppi o associazioni che propugnano idee discriminatorie o razziste. La norma punisce:
chiunque in pubbliche riunioni compie manifestazioni esteriori od ostenti emblemi e simboli propri usuali delle organizzazioni o associazioni o movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali.
La principale differenza tra le due norme è che:
- l’art. 4 l. Scelba è riferibile solo al partito fascista, dunque: a) fa riferimento ad un’associazione del passato; b) la condotta è disapprovata non solo in quanto era un’associazione che aveva tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione e alla violenza razziale (sussistono, invero, ulteriori ragioni di carattere storico e politico); c) è necessario il pericolo concreto della ricostituzione del partito;
- mentre, il reato previsto dalla legge Mancino è riferibile ad associazioni esistenti, non solo del passato, il cui scopo è specifico. Tuttavia, non richiede il pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista.
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Reinterpretazione art. 604 bis c.p.
Anche il reato disciplinato all’art. 640 bis cp, d’altra parte, ha sollevato dubbi di compatibilità con il principio di offensività. Infatti, rispetto a tale disposizione, comunque, si ritiene che la condotta:
- debba essere connotata da diffusività, cioè capacità di diffusione dell’ideologia;
- integri un pericolo concreto di proselitismo, anche indiretto, quindi, per l’ordine pubblico (anche se non necessariamente l’ordine pubblico costituzionale, come accade per la prima fattispecie).
Ne consegue che entrambe le norme siano di pericolo concreto, però cambia il pericolo. Le differenze tra le due norme, allora, sono:
- il pericolo: in un caso di ricostituzione partito fascista, nell’altro di proselitismo;
- l’associazione a cui si fa riferimento: nel caso di apologia del fascismo è un’associazione del passato, rispetto all’art. 604 bis c.p. è un’associazione del presente.
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Il saluto romano è apologia?
Fatto questo quadro generale su tutta la questione relativa all’apologia di fascismo, possiamo quindi rispondere alla domanda iniziale: il saluto romano integra il reato di apologia del fascismo? A rispondere è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione.
In pratica, la Corta ha sostenuto che il saluto romano non integra il reato di apologia o esibizionismo fascista. Perché? Per quello che abbiamo appena detto, cioè il reato in questione è interpretato come reato di pericolo concreto, cioè deve far sorgere il concreto pericolo di ricostituzione del partito fascista. Nel caso del saluto, la Cassazione ha affermato che non c’è alcun pericolo di ricostituzione.
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Saluto romano – Domande frequenti
L’apologia del fascismo è un reato previsto dall’art. 4 della Legge Scelba, che dà attuazione ad una disposizione transitoria della Costituzione, che vieta la ricostituzione del partito fascista.
In tema di apologia del fascismo, si parla di reati di opinione, cioè quelle norme incriminatrici che puniscono la manifestazione del pensiero.
I reati di opinione sono potenzialmente incostituzionali, per violazione del principio di libertà di manifestazione del pensiero e offensività. Tuttavia, la Corte Costituzionale li reinterpreta in ottica costituzionale, come reati di pericolo concreto.
L’apologia del fascismo è stato considerato reato di opinione, quindi, reinterpretato in ottica costituzionale. La condotta deve integrare il pericolo di ricostituzione del disciolto partito fascista.
Il saluto romano non è apologia del fascismo, perché non integra il pericolo di ricostituzione del partito fascista.
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