Come evitare il rischio di revocatoria
L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale per la tutela dei creditori. Consente di contrastare comportamenti scorretti del debitore e di recuperare la garanzia patrimoniale sui beni che sono stati sottratti. Ecco come funziona e come si può evitare.
- Quando un debitore ha compiuto atti di disposizione del proprio patrimonio idonei a compromettere le ragioni del creditore quest’ultimo può chiederne la revocazione.
- Deve dimostrare il pregiudizio arrecato dall’atto e la conoscenza che ne aveva il debitore.
- L’effetto dell’azione di revocatoria è la dichiarazione di inefficacia dell’atto nei confronti del creditore.
L’azione revocatoria è uno strumento giuridico previsto dal codice civile italiano che consente ai creditori di tutelarsi nei confronti di atti compiuti dal debitore che riducono o compromettono la garanzia del loro credito.
In altre parole, permette di “revocare” o rendere inefficaci determinati atti di disposizione del patrimonio, che il debitore ha compiuto a danno dei creditori. Il patrimonio del debitore costituisce una garanzia per il creditore in quanto, in caso di inadempimento, può essere aggredito con gli strumenti offerti dalla legge ai fini della soddisfazione del credito.
Ma quando scatta l’azione revocatoria? Quali sono i presupposti per esercitarla? E soprattutto, come si può evitare di incorrere in essa? In questo articolo analizzeremo in modo dettagliato cos’è l’azione revocatoria, quando può essere esercitata, quali effetti produce e come tutelarsi per non subirne le conseguenze.
Cos’è l’azione revocatoria
L’azione revocatoria è disciplinata dagli articoli 2901 e seguenti del Codice Civile. Si tratta di un’azione che consente al creditore di conservare la garanzia patrimoniale, facendo dichiarare inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione compiuti dal debitore con l’intento (o con l’effetto) di sottrarre beni al soddisfacimento del credito.
L’obiettivo è chiaro: evitare che il debitore, trasferendo beni a terzi o compiendo operazioni pregiudizievoli, comprometta i diritti del creditore. Con l’azione revocatoria, dunque, quest’ultimo può “riportare” e reintegrare nel patrimonio del debitore quei beni, almeno agli effetti della propria pretesa creditoria.
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Gli effetti dell’azione revocatoria
Qualora il debitore compia atti di disposizione, a titolo oneroso o gratuito, che rechino pregiudizio alle ragioni del creditore, quest’ultimo può chiedere al Giudice che l’atto di disposizione a lui pregiudizievole sia dichiarato inefficace nei suoi confronti, ovvero sia revocato.
L’effetto di tale pronuncia di dichiarazione di inefficacia relativa (in quanto operante solo a favore di chi ne ha richiesto la dichiarazione e che dunque ha agito in giudizio per ottenerla) è che il creditore può rivalersi sul bene che è stato oggetto dell’atto, proprio come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore.
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Tipologie di azione revocatoria
Esistono due forme principali:
- azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.): è prevista nel codice civile per tutti i creditori, purché sussistano determinati requisiti;
- azione revocatoria fallimentare (artt. 64-70 L. Fall.): utilizzabile nel contesto delle procedure concorsuali, da parte del curatore fallimentare, per tutelare la massa dei creditori.
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Tra le due azioni esistono alcune differenze che è bene segnalare. La revocatoria fallimentare viene esercitata dal curatore fallimentare quando il debitore è stato dichiarato fallito. I presupposti per tale azione sono:
- la dichiarazione di fallimento del debitore;
- il compimento di determinati atti entro un certo periodo (che è solitamente pari a 6 mesi o 1 anno prima del fallimento);
- la presunzione o prova della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo acquirente.
A differenza della revocatoria ordinaria, la pronuncia del Giudice serve a dichiarare l’inefficacia erga omnes dell’atto (vale per tutti i creditori) in quanto la sua finalità è ricostruire la par condicio creditorum (uguaglianza dei creditori) che è compromessa da atti fraudolenti.
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Quando si può esercitare l’azione revocatoria ordinaria
L’azione revocatoria non è facile da esercitare, in quanto il creditore deve fornire molteplici prove. Infatti, per poter ottenere la revoca dell’atto con pronuncia da parte del Giudice, devono essere soddisfatti alcuni requisiti fondamentali, cioè:
- oltre all’esistenza del credito, il fatto oggettivo del pregiudizio che l’atto di disposizione del debitore ha arrecato alle sue ragioni, cosiddetto eventus damni, ossia l’impossibilità per lui di soddisfarsi sulla restante parte del patrimonio;
- il fatto soggettivo della conoscenza di questo pregiudizio da parte del debitore – cosiddetta scientia fraudis – e, qualora l’atto di disposizione sia a titolo oneroso, anche del terzo acquirente. Egli deve dunque provare che questi sapeva che, acquistando dal suo dante causa, avrebbe pregiudicato la garanzia patrimoniale dei suoi creditori. Significa che l’acquirente era consapevole del fatto che il suo dante causa avesse un debito e che il restante patrimonio fosse insufficiente a soddisfare il creditore;
- il fatto soggettivo della dolosa preordinazione dell’atto, qualora l’atto di disposizione del quale si chiede la revoca sia anteriore al sorgere del credito. La dolosa preordinazione, cosiddetta consilium fraudis, deve essere da parte del debitore e, se atto è a titolo oneroso, anche del terzo acquirente.
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Quando chiedere la revocatoria
L’azione revocatoria deve essere esercitata entro cinque anni dalla data dell’atto di disposizione del patrimonio che si vuole impugnare. Trascorso questo termine, il diritto si prescrive.
Se il giudice accoglie l’azione revocatoria, l’atto impugnato viene dichiarato inefficace nei confronti del creditore che ha promosso l’azione. Questo significa che il bene oggetto dell’atto revocato torna ad essere aggredibile dal creditore per il soddisfacimento del proprio credito.
È importante sottolineare che l’atto non viene annullato in senso assoluto, ma solo nei confronti del creditore che ha agito che agisce esclusivamente a proprio vantaggio. In caso di successivo inadempimento da parte del debitore, il creditore può agire con l’azione esecutiva anche nei confronti del bene ceduto al terzo acquirente.
L’azione non ha effetto restitutorio poiché l’atto è perfettamente valido ed efficace nei confronti di tutti, eccezion fatta per il creditore che ha agito. Gli altri creditori rimasti inerti non solo non potranno aggredire il bene presso il terzo acquirente, ma non potranno nemmeno intervenire nel procedimento esecutivo intrapreso dal creditore che ha agito in giudizio.
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Come evitare l’azione revocatoria
Sia i debitori, sia i terzi acquirenti possono adottare comportamenti preventivi per tentare di non incorrere nell’azione revocatoria. Il debitore, evitando di compiere atti di disposizione a danno dei creditori, come vendite, donazioni o altre operazioni patrimoniali che riducano la garanzia dei creditori, soprattutto se i debiti sono già sorti.
Il terzo acquirente, verificando la posizione debitoria del venditore. Se si acquista un bene da una persona notoriamente indebitata, è bene informarsi sulla sua situazione finanziaria. Fondamentale, inoltre, è agire sempre in buona fede e formalizzare gli accordi in modo più chiaro possibile. Questo significa stipulare l’atto in modo trasparente e con prezzo congruo, possibilmente mediante atto pubblico.
Per esempio, nel caso di atti a titolo oneroso, il terzo può evitare gli effetti dell’azione revocatoria proprio se dimostra di essere stato in buona fede, ossia di non sapere che l’atto avrebbe arrecato pregiudizio ai creditori. La buona fede è un elemento centrale: se il terzo prova di aver agito correttamente e senza intento fraudolento, infatti, l’azione revocatoria non può essere accolta.
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