Silenzio diniego e silenzio rigetto: l’istituto del silenzio nella Pubblica amministrazione
Vediamo cosa sono e quali sono le differenze tra silenzio diniego e silenzio rigetto nell'ambito della Pubblica amministrazione, cosa significa silenzio qualificato e quali sono le sue conseguenze.
- Il silenzio si definisce qualificato quando il comportamento inerte della Pubblica Amministrazione produce gli stessi effetti del provvedimento amministrativo.
- Il silenzio diniego è il comportamento omissivo o inerte della PA che è equiparato ad un provvedimento di senso negativo.
- Il silenzio rigetto, invece, non è considerato come provvedimento amministrativo. Esso produce solo effetti processuali e non sostanziali.
Uno dei concetti più affascinanti del diritto amministrativo è quello del silenzio della Pubblica Amministrazione, con i suoi relativi effetti. L’ordinamento nazionale e sovranazionale, ricordiamo, non tollera ritardi della pubblica amministrazione nell’adozione di un provvedimento. La ragione è che questo ritardo può arrecare un danno all’amministrazione stessa e al privato.
Dunque, il legislatore ha elaborato il concetto di silenzio qualificato. Nel seguente articolo ti spiegheremo di cosa si tratta e illustreremo le differenze con il silenzio assenso e il silenzio diniego. Esamineremo poi altre fattispecie di silenzio, come il rigetto e procederemo a delineare quelle che sono le conseguenze in caso di inerzia non qualificata della PA, cioè di silenzio inadempimento.
Silenzio della pubblica amministrazione
Nell’ambito del procedimento amministrativo, il tempo assume un ruolo fondamentale. Sia la dottrina sia la giurisprudenza, nazionale e comunitaria, hanno evidenziato l’esigenza di garantire tempi celeri nella definizione di un procedimento amministrativo.
Tale esigenza assume, infatti, un rilievo anche costituzionale. In particolare, è un principio che si ritiene espressione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione: affinché sia garantita l’efficienza e l’effettività dell’intervento pubblico, questo deve essere realizzato in tempi brevi, anche per evitare che sia arrecato un grave pregiudizio al privato.
Il legislatore ha quindi previsto una serie di istituti che hanno la principale funzione di garantire la celerità del procedimento amministrativo. Tra questi istituti vi è sicuramente quello del silenzio. Cosa si intende con questa parola?
A tal proposito si fa riferimento al c.d. silenzio qualificato, cioè quel comportamento inerte dell’amministrazione a cui la legge attribuisce un significato. In pratica, se viene avviato un procedimento, ove la PA non lo concluda con un provvedimento, il comportamento inerte ha valore di provvedimento, di assenso o di diniego.
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Silenzio assenso: cos’è
Con silenzio assenso si intende una qualificazione giuridica del silenzio della pubblica amministrazione, cioè del comportamento inerte. Decorso il termine per provvedere, se la PA non si pronuncia, l’istanza del privato si intende accolta.
Il silenzio assenso ha in comune con il mero silenzio solo il fatto dell’inerzia della PA, ma se ne differenzia per gli effetti sostanziale. La legge collega all’inerzia lo stesso effetto che produce un provvedimento favorevole.
In origine, il silenzio assenso era previsto solo in casi eccezionali, ma dopo la riforma del 2005, con la legge 80 che ha introdotto il nuovo articolo 20 nella l. 241 del 1990, il silenzio assenso ha carattere generale. Questo significa che, ogni qualvolta il procedimento ha inizio su istanza di parte, se non si conclude con un provvedimento espresso, opera il silenzio assenso.
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Opera sempre il silenzio assenso?
Ormai sono eccezionali le ipotesi in cui non opera il silenzio assenso. In generale, ciò accade in caso di procedimenti che sono avviati d’ufficio, però la legge potrebbe, anche in questo caso, prevedere il silenzio assenso.
Dunque:
- per i procedimenti ad istanza di parte, il silenzio assenso opera in automatico;
- per i procedimenti ad avvio d’ufficio, il silenzio assenso non opera in modo automatico, ma può operare solo quando è espressamente previsto dalla legge.
Anche per i procedimenti avviati su istanza di parte, però, esistono delle eccezioni. Possono essere introdotte delle eccezioni alla regola generale con Decreto del Presidente del Consiglio. Inoltre, non opera il silenzio assenso per:
- procedimenti finalizzati alla tutela di interessi sensibili, come patrimonio culturale, paesaggistico e ambiente;
- casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti espressi;
- casi in cui la legge qualifica il silenzio come rigetto.
Le ipotesi di eccezione alla regola del silenzio assenso sono eccezionali e tassative, non ammettono applicazione analogica.
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Silenzio diniego: cos’è
Oltre al silenzio assenso, l’ordinamento conosce un’ulteriore tipologia di silenzio qualificato, ossia il silenzio diniego. In questo caso, l’inerzia della pubblica amministrazione è equiparata ad un provvedimento di diniego.
Tra gli esempi di maggiore importanza si può menzionare l’art. 53 co. 10 D.Lgs n. 165 del 2001, secondo il quale l’autorizzazione richiesta dell’impiegato pubblico per l’espletamento di incarichi conferiti da soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche “si intende negata” decorso il termine per provvedere di dieci giorni dalla ricezione dell’istanza.
Ancora, deve essere menzionata anche la fattispecie regolata dall’art. 36 co. 3 d.P.R. n. 380 del 2001 in forza del quale, sulla richiesta di permesso in sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione entro 60 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.
Un’altra ipotesi di silenzio diniego è quella prevista dall’art. 25 co. 4 l. n. 241 del 1990 in materia di accesso ai documenti amministrativi. Infatti, decorsi 30 giorni dalla richiesta, questa si intende respinta.
Rapporto tra silenzio diniego e silenzio assenso
Nei paragrafi precedenti abbiamo affermato che l’inerzia, in generale, quando riguarda un procedimento ad istanza di parte, equivale a silenzio assenso. Cosa accade, quindi, rispetto ai casi di silenzio diniego? Queste erano disposizioni introdotte ben prima della generalizzazione.
La modifica all’art. 20 ha quindi determinato abrogazione delle ipotesi di silenzio diniego? La risposta è no e si rintraccia nel comma 4 dell’art. 20, il quale espressamente afferma che sono fatte salve le altre ipotesi di silenzio diniego, previste dalla legge.
Dunque, la generalizzazione del silenzio assenso non ha comportato l’abrogazione dei casi di silenzio diniego, che però hanno carattere eccezionale.
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Qual è la disciplina del silenzio qualificato?
Come abbiamo evidenziato più volte, il silenzio è equiparato ad un provvedimento amministrativo a tutti gli effetti. Ciò cosa comporta? Le conseguenze sono molteplici.
Il procedimento di formazione del silenzio non si discosta dal procedimento amministrativo ordinario, se non per quanto riguarda la fase decisoria. Infatti, l’amministrazione, invece di procedere all’adozione di un provvedimento espresso, adotta un comportamento omissivo.
La ragione per la quale il legislatore ha introdotto forme di silenzio qualificato è quella di “punire” l’amministrazione che non rispetta i tempi del procedimento amministrativo. Tramite il silenzio, il legislatore sottrae alla PA il potere di provvedere.
Quindi, dopo il termine, la PA può adottare un provvedimento espresso? La risposta alla domanda è no, la PA non può più provvedere tramite un atto, perché si ritiene che questo si sia già prodotto in conseguenza del silenzio qualificato.
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Cosa può fare l’amministrazione?
Se l’amministrazione ritiene che il provvedimento, favorevole o sfavorevole, non corrisponda all’interesse pubblico, può ricorrere all’autotutela.
Le principali forme di autotutela sono:
- l’annullamento d’ufficio, quando il provvedimento è viziato e sussiste un interesse pubblico, diverso dal ripristino della legalità, alla rimozione retroattiva del provvedimento viziato;
- la revoca, che può essere applicata nel caso vi sia una rivalutazione di tipo opportunistico, cioè la PA, sulla base di sopravvenienze o meno, ritiene che il provvedimento non sia idoneo a soddisfare l’interesse pubblico. In questo caso, l’autotutela non ha carattere retroattivo.
L’Amministrazione, dunque, può solo esercitare uno di questi poteri, nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, come la valutazione dell’affidamento del privato, rispetto dei termini per l’annullamento e il pagamento dell’indennizzo in caso di revoca.
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Cosa accade se la PA adotta un provvedimento espresso?
Come abbiamo evidenziato, la pubblica amministrazione non può applicare un provvedimento espresso. Nel caso in cui la PA, nonostante tutto, decida di adottare un provvedimento espresso, cosa accade? Il legislatore è espressamente intervenuto nel 2020 al fine di chiarire qual è la sorte del provvedimento in questione.
In precedenza, si dice che questo fosse annullabile, non rientrando in nessuna ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo, che sono tassative.
Dopo il DL semplificazioni del 2020, il legislatore ha previsto che il provvedimento è inefficace. La categoria dell’inefficacia desta non poche problematiche, perché non è una categoria generale conosciuta dall’ordinamento. Il principale problema è nella tutela del privato.
Si ritiene, tuttavia, che in pratica il privato potrebbe ricorrere ad un’azione di accertamento, laddove vi sia interesse, con la quale si va a verificare che il provvedimento è inefficace.
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Silenzio rigetto: cos’è?
Infine, un’altra ipotesi di silenzio è il c.d. silenzio rigetto, di cui però si dubita che sia un silenzio qualificato. Questo opera, essenzialmente rispetto al c.d. ricorso gerarchico, cioè quello strumento di impugnazione con il quale si sottopone un provvedimento, non all’autorità giudiziaria, ma all’organo della PA sovraordinato a quello che ha emesso il provvedimento.
Se viene fatto ricorso gerarchico e la pubblica amministrazione non risponde in 90 giorni, allora, si intende emanato un provvedimento di senso negativo. Il privato a questo punto cosa può fare? Può decidere di impugnare davanti all’autorità giudiziaria il provvedimento originario, che per effetto del silenzio si è stabilizzato. Il privato può anche impugnare il provvedimento con ricorso gerarchico.
La scelta dipende da quale vizio si intende far valere. Se il privato lamenta un vizio di legittimità, allora può ricorrere al giudice. Però il vizio potrebbe anche riguardare il merito della scelta amministrativa. In questa ipotesi non può chiedere al giudice di decidere, ma può rivolgersi all’organo sovraordinato della PA, il quale ha gli stessi poteri dell’organo sottoposto di cui si impugna il provvedimento. Il privato, infine, può anche decidere di attendere il provvedimento tardivo, senza far nulla.
Il Consiglio di Stato ha affermato che il silenzio rigetto produce solo effetti processuali, non anche sostanziali: per questa ragione, non è possibile considerarlo un silenzio qualificato. Ciò significa che non produce gli stessi effetti di un provvedimento amministrativo.
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Quando il silenzio non è qualificato, cosa succede?
Il silenzio della Pubblica Amministrazione potrebbe non essere qualificato, cioè non produrre gli effetti di un provvedimento. In questo caso, è solo inerzia illecita della pubblica amministrazione, che si definisce silenzio inadempimento. Cosa succede in questa ipoteso? Le conseguenze sono duplici.
In primo luogo, il legislatore ha previsto la possibilità di ricorrere ad un’azione giudiziaria contro il silenzio inadempimento, disciplinato dagli artt. 31 e 117 c.p.a.
L’azione avverso il silenzio è una fattispecie di condanna pubblicistica, cioè il giudice può condannare la PA a provvedere, quindi ad adottare un provvedimento amministrativo espresso. Il giudice, però, non può prevedere il contenuto del provvedimento stesso, che deve essere discrezionalmente individuato dalla pubblica amministrazione.
In secondo luogo, il privato può lamentare che il ritardo nel provvedimento gli abbia arrecato un danno. Egli, dunque, esercita azione di risarcimento per danno da ritardo.
L’ordinamento distingue due ipotesi:
- il danno da ritardo, cioè il privato lamenta che il ritardo del provvedimento gli abbia causato un danno, perché lo ha indotto a concludere negozi, quindi a sostenere spese o assumere altre scelte pregiudizievoli, come non concludere contratti favorevoli;
- il danno da ritardato adempimento, cioè se la PA emana un provvedimento in ritardo, il privato lamenta di non aver conseguito il bene della vita, oggetto dell’atto amministrativo, in tempo.
Queste due tipologie di danno sono diverse: per la prima il legislatore ha contemplato una disciplina specifica e lo cita all’art. 2 della l. 241 del 1990.
Silenzio diniego e silenzio rigetto – Domande frequenti
Il silenzio diniego è un silenzio qualificato, ovvero un comportamento omissivo della pubblica amministrazione che la legge qualifica alla stregua di un provvedimento negativo.
Il silenzio rigetto non è un silenzio qualificato, perché produce solo effetti di tipo processuale e non anche sostanziali.
In caso di silenzio inadempimento, il privato può esercitare un’azione avverso il silenzio per ottenere una condanna della PA a provvedere.
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