Procedimento amministrativo: cos’è, come funziona, esempio e quali sono le fasi
Il procedimento amministrativo si articola in molteplici fasi e svariati adempimenti. Vediamo insieme cos'è di preciso, chi è l'agente del provvedimento amministrativo e quali sono gli elementi che lo costituiscono.
- Il procedimento amministrativo è oggi disciplinato dalla legge 241 del 1990.
- Si compone di 4 fasi: avvio iniziale, fase istruttoria, fase decisoria e fase di integrazione dell’efficacia.
- Il soccorso istruttorio è un istituto per eliminare i vizi formali del procedimento, che comporterebbero l’invalidità dell’atto.
Il procedimento amministrativo è disciplinato dalla legge 241 del 1990. Questa normativa ha modificato radicalmente l’ordinamento e le modalità dell’azione amministrativa. La disciplina del procedimento, però, è piuttosto complessa.
Ecco perché nel seguente articolo ne descriveremo le linee essenziali, le varie fasi che lo contraddistinguono e il ruolo della comunicazione di avvio. Ti spiegheremo anche che cos’è il soccorso istruttorio e a cosa serve, oltre che cosa accade se l’amministrazione “si pente” del provvedimento assunto.
Procedimento amministrativo: cos’è
Il procedimento amministrativo rappresenta una successione ordinata di atti, fatti e operazioni materiali, posti in essere da più uffici e organi, collegati tra loro e preordinati al conseguimento di un risultato unitario. Tale risultato è il provvedimento amministrativo stesso.
L’adozione di uno specifico procedimento deriva dalla necessità di consentire all’Amministrazione una ponderazione e comparazione di interessi prima dell’emanazione del provvedimento destinato a incidere unilateralmente nella sfera soggettiva del destinatario.
Con il c.d. giusto procedimento, disciplinato dalla legge, infatti, viene garantita la più ampia partecipazione a coloro nei cui confronti il provvedimento produce effetti. Questi, nell’ambito del procedimento, possono far valere i propri interessi, dei quali l’atto finale adottato deve tenere in considerazione.
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Procedimento amministrativo prima della legge 241 del 1990
A differenza di molti Paesi, tra cui Austria, Germania e Francia, che già da tempo hanno una legge che regola il procedimento amministrativo, per lungo tempo in Italia non vi era una normativa specifica. Come si faceva? Ciascuna amministrazione poteva adottare il procedimento che riteneva opportuno.
Ciò comportava una serie di conseguenze: in primo luogo una scarsissima tutela del privato destinatario. Proprio per questa ragione, la giurisprudenza amministrativa ha introdotto una serie di regole procedimentali che, se non rispettate, comportavano un vizio del procedimento, all’epoca detto di eccesso di potere.
Le principali regole erano:
- dovere di contraddittorio con il privato;
- istruttoria;
- motivazioni.
Se non rispettate, si riteneva che l’amministrazione avesse esercitato il potere amministrativo non in conformità a quello che era l’obiettivo che doveva perseguire in base alla legge.
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Procedimento amministrativo: legge
La legge n 241 del 1990 ha introdotto il procedimento amministrativo. Questa ha radicalmente trasformato l’assetto previgente, salvo qualche eccezione.
Ne è derivato un nuovo modello dell’azione amministrativa, conformata ai principi di:
- funzionalità: l’amministrazione pubblica non opera in funzione di se stessa, ma di soggetti privati esterni;
- ragionevolezza: discende dai principi costituzionale di eguaglianza, imparzialità, buon andamento. Il nucleo essenziale di tale principio è il giudizio di bilanciamento tra tutti gli interessi compresenti nel procedimento in modo plausibile e giustificabile;
- buon andamento: è un principio di rango costituzionale riconosciuto all’art. 97 Cost. Questo costituisce il fondamento di una serie di altri principi, perché serve a garantire l’efficienza e la correttezza dell’attività amministrativa. Dunque, da esso derivano il principio di economicità, inteso come parsimonia nell’uso dei mezzi procedurali e dell’attività di semplificazione, ma anche il principio di ragionevole durata del procedimento, cioè il procedimento deve concludersi in un tempo congruo;
- efficacia e efficienza: tale principio richiama la necessità di conseguire un risultato, quindi la concreta idoneità dell’azione amministrativa a produrre effetti pratici nella tutela dell’interesse pubblico;
- imparzialità: questo principio implica sia il divieto di disparità di trattamento sia l’obbligo di prendere in considerazione tutti gli interessi coinvolti nel procedimento;
- pubblicità e trasparenza: l’attività amministrativa deve essere conoscibile all’esterno.
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Come cambia il procedimento amministrativo?
La legge 241 del 1990 cambia radicalmente il procedimento. Prima era completamente rimesso all’amministrazione, che con una certa discrezionalità poteva, infatti, determinare le varie fasi, salvo quello che era affermato in giurisprudenza in tema di eccesso di potere.
Con l’introduzione della l. 241, invece, sono state introdotte specifiche regole sul procedimento che devono essere eseguite. Laddove violate, comportano un vizio del provvedimento che, però, non è eccesso di potere, ma violazione di legge. In entrambi i casi, tuttavia, il provvedimento è annullabile.
L’introduzione del procedimento amministrativo comporta due effetti. Da un lato si assicura una maggiore tutela al destinatario, che può partecipare al procedimento. Questo ha due vantaggi:
- rendere maggiormente completa l’istruttoria, quindi conseguire un risultato maggiormente corretto ed efficiente;
- essere uno strumento di tutela della pretesa del privato.
D’altro canto, come è stato evidenziato in dottrina, ha comportato anche uno svantaggio. Spesso, infatti, si è soliti dire che il procedimento amministrativo sia lento e burocratizzato. Questo rende le decisioni e gli interventi dell’amministrazione non adeguatamente tempestivi.
È proprio per tale motivo che, nell’ultimo ventennio, il legislatore ha adottato alcune semplificazioni procedimentali. Anche nell’adozione delle misure attuative del PNRR, è apparso evidente questo limite della pubblica amministrazione, proprio a fronte, al contrario, dell’esigenza di eseguire tutti i programmi ipotizzati entro il 2026.
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Fasi del procedimento amministrativo
Nell’ambito del procedimento amministrativo si distinguono le seguenti fasi:
- la fase dell’iniziativa;
- la fase dell’istruttoria;
- la fase decisoria;
- la fase di integrazione dell’efficacia.
1. Fase dell’iniziativa
La fase di iniziativa del procedimento amministrativo è quella propulsiva del procedimento. L’inizio del procedimento può essere:
- d’ufficio, cioè l’amministrazione decide di dare avvio al procedimento. In genere, questi procedimenti si concludono con provvedimenti ablatori o repressivi, cioè che tolgono un bene della vita al privato o inibiscono l’esercizio di un diritto o attività. Il privato in questo caso è titolare di un interesse legittimo pretensivo alla conservazione del bene della vita di cui ha la disponibilità;
- iniziativa di parte, cioè deve essere il privato a chiedere l’avvio del procedimento. Questi in genere si concludono con provvedimento ampliativo, tramite il quale si attribuisce al privato un bene della vita di cui non aveva la disponibilità. Per questa ragione, il privato è titolare di un interesse pretensivo.
In questo secondo caso, invece, opera la regola del silenzio assenso, come generalizzato all’art. 20 l. 241 del 1990. Ciò significa che se l’amministrazione pubblica non adotta il provvedimento finale, quindi resta inerte, allora il silenzio è equiparato ad un provvedimento favorevole.
Normalmente, il predetto meccanismo non opera automaticamente in caso di provvedimenti d’ufficio. Tuttavia, la legge potrebbe prevedere espressamente una forma di silenzio qualificato anche per i procedimenti ad iniziativa ufficiosa.
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2. La fase istruttoria
La fase istruttoria del procedimento amministrativo, invece, è la fase in cui l’Amministrazione procedente accerta i fatti e raccoglie tutti gli interessi in gioco, sia pubblici sia privati.
In questa fase, potrebbe anche essere necessario richiedere:
- un parere ad altra pubblica amministrazione o altro organo diverso della stessa amministrazione. Il parere è la manifestazione di un giudizio con la quale un organo fornisce delucidazioni e consigli ad un altro organo, affinché possa elaborare al meglio il provvedimento;
- valutazione tecnica, ovvero dei giudizi tecnici, elaborati in base a regole tecnico-scientifiche. In genere, sono richieste valutazioni tecniche quando l’amministrazione procedente non è in possesso di tutte le competenze necessarie al fine di elaborare una decisione.
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3. La fase decisoria
Nella fase decisoria è, invece, assunta la decisione, cioè deliberato il contenuto del provvedimento, in base a quanto risulta all’esito dell’istruttoria del procedimento amministrativo. La fase decisoria può essere semplice o pluristrutturata. Nel primo caso, l’amministrazione decidente è unica. Nel secondo caso, devono assumere la decisione due o più amministrazioni.
La fase decisoria pluristrutturata può essere condotta anche mediante conferenza di servizi. Quest’ultima identifica un modulo procedimentale, cioè una modalità con cui condurre questa fase del procedimento amministrativo.
Presuppone la partecipazione di tutte le PA coinvolte nel procedimento e può essere:
- sincrona: se partecipano tutte le PA con un loro rappresentante ad una contestuale riunione, anche tramite strumenti telematici;
- asincrona: si chiede a ciascuna PA di inviare un parere scritto.
Secondo prassi accreditata, si ricorre alla conferenza quando la decisione deve essere assunta da più di due amministrazioni.
4. Fase di integrazione dell’efficacia
La fase di integrazione dell’efficacia è la fase in cui sono integrate le condizioni affinché l’atto emanato sia produttivo di effetti. Ha carattere eventuale, cioè non sempre serve integrare efficacia al provvedimento, ma è automaticamente efficace.
In altre ipotesi, però, la legge richiede obbligatoriamente tale fase, cioè stabilisce che l’atto produca effetti solo dopo certi controlli o adempimenti, come la comunicazione o pubblicazione del provvedimento.
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Avvio del procedimento amministrativo
La comunicazione di avvio del procedimento rappresenta il primo istituto che consente al privato di partecipare al procedimento. La funzione principale della comunicazione di avvio è portare a conoscenza del privato dell’esistenza di un procedimento amministrativo, potenzialmente idoneo ad incidere sulla sua sfera giuridica.
La Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo deve essere effettuata nei confronti:
- dei soggetti rispetto ai quali il provvedimento produce effetti;
- dei soggetti che possono intervenire nel procedimento in base ad una previsione legislativa
La terza categoria è residuale: sono tutti quei soggetti, diversi da quelli appartenenti alle due precedenti categorie, che possono subire un pregiudizio, anche indiretto, dall’adozione del provvedimento.
L’Amministrazione non è tenuta alla comunicazione di avvio del procedimento quando:
- si tratti di provvedimenti cautelari;
- vi sono ragioni che giustificano l’impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento.
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Soccorso istruttorio e procedimento amministrativo
Il soccorso istruttorio è un istituto introdotto al fine di sopperire ad eventuali vizi meramente formali del provvedimento. Tramite il soccorso, il responsabile del procedimento invita il privato a presentare la documentazione obbligatoria, che prova il possesso di un requisito o di un titolo del privato.
Tutto ciò avviene dopo il termine previsto per presentare la documentazione. Serve ad evitare che il provvedimento sia dichiarato invalido per il solo fatto che il privato non abbia presentato un documento necessario.
Permette, dunque, di sopperire solo a un vizio formale e non sostanziale, quindi:
- il requisito deve già essere posseduto al momento del procedimento – deve essere essenziale, quindi senza il documento il provvedimento deve essere necessariamente dichiarato invalido;
- anche il documento deve essere esistente al momento del procedimento.
Procedimento amministrativo, revoca e diritto di recesso
Quando il procedimento amministrativo è concluso e l’atto è stato emanato, l’amministrazione, se cambia idea, può fare qualcosa? Ci chiediamo, cioè, se l’amministrazione abbia una sorta di diritto di “pentimento” e poss ritornare sui propri passi, una volta che il provvedimento sia stato adottato. La risposta è affermativa.
L’amministrazione può revocare il provvedimento, tramite atto di autotutela, quando:
- vi è una nuova valutazione dell’opportunità del provvedimento;
- vi sono sopravvenienze che rendono il provvedimento non più utile a perseguire l’interesse pubblico.
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In questo caso, tramite un provvedimento di secondo grado adeguatamente motivato, l’amministrazione può procedere alla revoca del primo provvedimento. Questo perde efficacia dal momento in cui l’atto di revoca è stato adottato. Non ha efficacia retroattiva, quindi non incide sugli effetti già prodotti, dunque, può essere adottato solo rispetto ai provvedimenti di durata. Il privato è tutelato tramite la previsione di un indennizzo.
Diverso dalla revoca, è l’atto di recesso. Questo opera nel caso particolare in cui il provvedimento dell’amministrazione sia un’aggiudicazione ad una gara di appalto e già sia stato concluso il contratto. In questo caso, la PA deve recedere, non revocare, perché paga un somma di molto superiore a quella dell’indennizzo in caso di revoca.
Il recesso, a differenza della revoca, non è proprio espressione del diritto di pentimento, ma è quasi equiparato ad un inadempimento contrattuale. Inoltre non deve essere necessariamente motivato, perché non è un provvedimento, ma un atto negoziale di diritto privato.
Procedimento amministrativo – domande frequenti
Le fasi del procedimento amministrativo sono quattro: iniziale, istruttoria, decisoria e di integrazione dell’efficacia, che però è solo eventuale.
L’agente del provvedimento amministrativo è l’amministrazione procedente, che conduce il procedimento e prende la decisione finale
Il procedimento amministrativo è stato disciplinato dalla legge 241 del 1990.
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