Statuto del Contribuente: cos’è, normativa, novità
Di recente, il legislatore ha modificato lo Statuto del contribuente. La normativa ha come scopo quello di regolare i rapporti con l'amministrazione finanziaria. Esaminiamo tutte le modifiche.
- Lo Statuto del contribuente è una normativa che si occupa di regolare i rapporti tra il privato contribuente e l’amministrazione finanziaria.
- Recentemente, lo Statuto del contribuente è stato modificato. Le modifiche sono entrate in vigore lo scorso 18 gennaio.
- Lo Statuto del contribuente regola i principi fondamentali del diritto tributario, molto spesso mutuandoli dal diritto penale.
Il diritto tributario è una branca complessa del diritto, che si fonda su regole e dinamiche proprie, non comuni ad altri settori. Infatti, esso tende a prendere elementi sia dal diritto amministrativo sia dal diritto penale.
L’atto di diritto tributario è formalmente amministrativo, ma spesso ha natura sanzionatoria. Il legislatore ha, dunque, dovuto individuare delle disposizioni che riuscissero a bilanciare le due anime del diritto.
Nel seguente articolo, ci occuperemo delle recenti modifiche introdotte allo Statuto del contribuente. Ti indicheremo in che ambiti e rispetto a quali disposizioni è intervenuto il legislatore, quindi quali sono le novità in arrivo.
Che cos’è lo Statuto del contribuente?
Con lo Statuto del contribuente si intende una normativa che regola i rapporti tra il fisco e il contribuente. Lo Statuto dei diritti del contribuente è stato approvato dalla legge n. 212 del 27 luglio 2000. La normativa in questione dà attuazione ai principi di democraticità e trasparenza del sistema impositivo, contribuendo a migliorare il rapporto tra Fisco e cittadini.
La normativa regola i rimedi che vengono impiegati per la tutela nei confronti dell’amministrazione finanziaria, sia in materia di conoscibilità del sistema normativo tributario, sia nell’ambito delle attività di accertamento e riscossione esercitate dagli uffici fiscali.
Lo Statuto contempla le disposizioni generali dell’ordinamento tributario. In particolare, esso attua i principi costituzionali di:
- uguaglianza di tutti i cittadini nei confronti delle disposizioni di legge, di cui all’art. 3 Cost.;
- riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali, di cui all’art. 23 Cost.;
- capacità contributiva e progressività del sistema tributario, di cui all’art. 53 Cost.;
- buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, di cui all’art. 97 Cost.
Di recente lo Statuto è stato modificato, dal D.Lgs n. 219 del 2023, che è entrato in vigore il 18 gennaio 2024. La modifica ha introdotto alcune significative novità, tra cui il contraddittorio obbligatorio rispetto a tutti quegli atti autonomamente impugnabili davanti agli organi della giustizia tributaria.
La normativa ha istituito anche il Garante nazionale del contribuente, organo con sede a Roma, il quale opera in modo autonomo e indipendente.
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I principi fondamentali dello Statuto del Contribuente
Lo Statuto del Contribuente prevede una disciplina specifica che si connota per alcuni tratti peculiari. In particolare, il regime si fonda su una serie di principi fondamentali:
- l’irretroattività: come per il diritto penale, anche per quello tributario opera il principio di irretroattività delle leggi, ciò significa che una norma si applica solo rispetto ai fatti posti in essere in vigenza della norma;
- il principio no taxation without representation: per estendere tributi esistenti o imporre nuovi tributi per decreto è necessaria una votazione parlamentare;
- la statuizione di termini perentori a pena di nullità per la notifica, la prescrizione e la produzione di documenti (minimo 30 gg);
- la limitazione dell’onere della prova, per cui è nulla ogni norma che obbliga il contribuente a tenere prova dei pagamenti per un periodo superiore a dieci anni;
- l’amministrazione tributaria non può chiedere al cittadino di produrre documenti o informazioni di cui sono già in possesso altri organi della pubblica amministrazione;
- il privato ha almeno 30 giorni per produrre qualsiasi documentazione;
- il principio di correttezza e buona fede, in base al quale le sanzioni si applicano solo in caso di condotte scorrette o violative di norme dell’ordinamento;
- proporzionalità: l’azione deve essere necessaria all’attuazione del tributo, non eccedente i fini perseguiti. Non è possibile limitare i diritti del contribuente, oltre quanto è necessario per raggiungere lo scopo perseguito dalle norme tributarie;
- principio del ne bis in idem: l’azione tributaria non può essere esercitata più di una volta per lo stesso tributo;
- rilevabilità d’ufficio della nullità degli atti del fisco;
- principio del contraddittorio, che esamineremo di seguito.
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Principio del Contraddittorio
Uno dei cardini del diritto, soprattutto dove vengono in rilievo le sanzioni, è il principio del contraddittorio. Secondo l’orientamento tradizionale, tramite il contraddittorio si garantisce il diritto di difesa di un soggetto, che si vede coinvolto in procedimenti di varia natura.
Il contraddittorio consiste in una fase del procedimento in cui il soggetto destinatario di un atto è chiamato ad intervenire e ad esporre la propria posizione.
In particolare, il comma 1 dell’art. 1 dello Statuto del contribuente stabilisce che tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria siano preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo.
Il diritto al contraddittorio è stato, di recente, esteso anche agli atti automatizzati, di pronta liquidazione, controllo formale delle dichiarazioni, casi di fondato pericolo per la riscossione.
Come avviene il contraddittorio
La normativa prevede anche specifiche modalità per garantire il contraddittorio:
- la PA comunica al contribuente lo schema dell’atto, per garantirne la conoscibilità;
- assegna un termine non inferiore a 60 giorni, per consentirgli eventuali controdeduzioni o per accedere ed estrarre copia degli atti dal fascicolo;
- l’atto è adottato solo alla scadenza del termine.
Se la scadenza di tale termine è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione dell’atto conclusivo, ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di 120 giorni, tale ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio.
L’atto è adottato all’esito del contraddittorio. La PA dovrà motivare anche in base alle osservazioni compiute dal contribuente ed è motivato soprattutto con riferimento a quelle che l’Amministrazione ritiene di accogliere.
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Statuto del contribuente e divieto di analogia
Altra novità introdotta di recente è il divieto di analogia, previsto all’art. 1, comma 1, lett. b). La norma prevede il principio per cui le norme tributarie impositive si applicano solo ai casi e nei modi e tempi considerati dalla norma. Non è possibile applicare a fattispecie equivalenti la disposizione.
Anche questo è un principio mutuato dal diritto penale. Serve a garantire che un soggetto sappia espressamente quali siano le conseguenze della propria condotta.
Dal punto di vista del diritto intertemporale, l’art. 3 dello Statuto del contribuente si occupa dell’efficacia delle leggi tributarie nel tempo. La norma stabilisce che le disposizioni non hanno carattere retroattivo, salvo che sia diversamente disposto dalla stessa.
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Statuto del contribuente: i vizi del provvedimento
Lo Statuto del contribuente prevede poi alcune disposizioni anche in tema di vizi del provvedimento. Questi sono provvedimenti amministrativi, quindi, di regola, soggetti alla legge 241 del 1990. Tuttavia, lo statuto prevede alcune deroghe, data la particolare natura del procedimento tributario.
Alcune novità sono, quindi, state introdotte dalla recente modifica, entrata in vigore lo scorso gennaio.
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Atti annullabili
Il Decreto legislativo ha previsto, all’art. 7 bis dello Statuto, alcune disposizioni in tema di annullabilità degli atti dell’amministrazione finanziaria.
In particolare, come previsto anche dalla 241 del 1990, gli atti dell’amministrazione finanziaria sono annullabili per violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti.
Il ricorso per l’annullamento deve essere presentato innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di primo grado e non sono rilevabili d’ufficio, ma oggetto di onere di impugnazione.
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Nullità degli atti
Nel corso dell’articolo, già abbiamo fatto riferimento anche alla nullità degli atti dell’amministrazione tributaria. L’art. 7-ter dello Statuto, a seguito delle recenti modifiche, stabilisce che gli atti sono nulli per difetto assoluto di attribuzione, adottati in violazione o elusione di giudicato, oppure se affetti da altri vizi di nullità qualificati espressamente come tali da disposizioni entrate in vigore successivamente al presente decreto.
Dunque, anche in materia, come previsto all’art. 21 septies della l. 241, si dispone che la nullità è soggetta al principio di tipicità. Quindi, non è possibile dichiarare la nullità dell’atto per generica violazione di legge, ma solo nelle ipotesi tassative elencate.
I vizi di nullità possono essere eccepiti in sede amministrativa o giudiziaria. Inoltre, essi sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e danno diritto alla ripetizione di quanto versato.
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Vizi della notificazione
L’art. 7-sexies dello Statuto del contribuente prevede poi le ipotesi di vizi delle notificazioni, che comportano inesistenza della notificazione, quando è priva dei suoi elementi essenziali. Inoltre, la notificazione è viziata anche se effettuata nei confronti di soggetti giuridicamente inesistenti, totalmente privi di collegamento con il destinatario o estinti.
La notificazione è nulla, salvo i casi del primo periodo. La nullità è sanabile per raggiungimento dello scopo, cioè se il soggetto del destinatario entra a conoscenza dell’atto in altro modo.
L’inesistenza della notificazione dell’atto comporta inefficacia dello stesso. Gli effetti della notificazione (tra cui quelli interruttivi, sospensivi o impeditivi) si producono nei confronti del destinatario e non si estendono ai terzi, compresi i coobbligati.
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Obbligo di autotutela
Nell’ordinamento nazionale, l’obbligo di autotutela è eccezionale, cioè, secondo le disposizioni generali della l. 241 del 1990, la PA può intervenire in autotutela, ma non ha il dovere di riesaminare l’atto.
Tuttavia, in materia tributaria, esistono delle eccezioni. Il decreto del 2023 ha esteso il campo di queste eccezioni, tra cui:
- la mancata considerazione di pagamenti d’imposta regolarmente eseguiti;
- la mancanza di documentazione successivamente sanata non oltre i termini di decadenza;
- l’errore sul presupposto dell’imposta.
È elevato a un anno il limite temporale per procedere all’autotutela dopo la definitività dell’atto.
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Il Garante nazionale del contribuente
La nuova disposizione ha poi introdotto una nuova autorità indipendente, cioè il Garante nazionale del contribuente. Questo è un organo monocratico, con sede a Roma, nominato dal Ministro dell’economia e delle finanze per la durata di quattro anni, rinnovabile una sola volta.
Il Garante è scelto tra:
- magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, in servizio o a riposo;
- avvocati, dottori commercialisti e ragionieri collegiati, in pensione, designati in una terna formata dai rispettivi ordini nazionali di appartenenza.
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Statuto del contribuente – Domande frequenti
Lo Statuto del contribuente è una legge, che regola i rapporti tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, prevedendo i relativi strumenti di tutela.
Il Garante del contribuente è un organo posto a tutela della categoria dei contribuenti.
Le modifiche allo Statuto del Contribuente sono entrate in vigore il 18 gennaio 2024.
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