Divisione giudiziale: cos’è, come funziona, quanto dura e quali sono i costi
Una guida chiara e completa per capire come si scioglie una comunione quando manca l’accordo tra comproprietari o coeredi. In tal caso si deve procedere avvalendosi del procedimento di divisione giudiziale. Vediamo in cosa consiste.
- Lo scioglimento della comunione è un diritto di ogni partecipante e può essere richiesto anche contro la volontà degli altri.
- La mediazione civile è obbligatoria e deve essere effettuata prima di iniziare la causa.
- La durata del giudizio varia in funzione della tipologia di beni da dividere e da eventuali contrasti tra i comproprietari.
Quando più persone sono comproprietarie di un immobile o di un patrimonio ereditario, può accadere che non riescano a trovare un accordo su come dividere i beni. In questi casi la legge mette a disposizione uno strumento preciso: la divisione giudiziale, un procedimento attraverso il quale è il Giudice a sciogliere la comunione e a stabilire come attribuire o vendere i beni. Si tratta di un meccanismo fondamentale quando il dialogo tra le parti si interrompe o quando emergono contrasti sulla stima, sulle quote o sulla possibilità di dividere materialmente un bene. La disciplina si fonda sugli articoli 713 e seguenti del codice civile e sugli articoli 784 e seguenti del codice di procedura civile.
Che cos’è la divisione giudiziale
La divisione giudiziale è il procedimento attraverso il quale il Giudice scioglie una comunione quando i comproprietari non riescono a raggiungere un accordo per la divisione volontaria. La legge distingue, infatti, tra divisione negoziale, che avviene quando le parti trovano un’intesa, e divisione giudiziale, che diventa necessaria quando tale accordo non è possibile.
L’articolo 713 del codice civile stabilisce che ogni partecipante può sempre chiedere lo scioglimento della comunione, salvo un patto contrario che non può superare i dieci anni. Se il patto avesse una durata maggiore, la legge ne impone automaticamente la riduzione al limite consentito. Questo significa che nessuno può essere obbligato a rimanere in comunione contro la propria volontà.
La divisione giudiziale può essere richiesta quando:
- i coeredi non trovano un accordo sulla divisione;
- vi sono contestazioni sulla stima dei beni;
- emergono dubbi o conflitti sulle quote ereditarie.
È sufficiente che un solo coerede voglia dividere per avviare il procedimento.
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Quando si ricorre alla divisione giudiziale
Quando più coeredi diventano contitolari dell’intero patrimonio del defunto, possono sorgere contrasti su come dividere i beni, su quale valore attribuire loro o su come interpretare le quote spettanti a ciascuno.
La divisione giudiziale si rende necessaria in diverse situazioni, spesso ricorrenti nella pratica, vale a dire:
- mancato accordo tra comproprietari;
- comunione ereditaria;
- bene non comodamente divisibile.
Mancato accordo
Il mancato accordo tra comproprietari è il caso più frequente. La divisione giudiziale diventa inevitabile quando:
- uno dei comproprietari si oppone alla divisione;
- un partecipante non firma o non partecipa agli incontri necessari;
- non c’è accordo sulle modalità di attribuzione dei beni o sul loro valore.
In queste situazioni, anche un solo comproprietario può rivolgersi al Giudice per chiedere lo scioglimento della comunione. In base all’art. 1116 del codice civile, alla divisione delle cose comuni si applicano le norme della divisione ereditaria.
Bene non comodamente divisibile
Altro motivo per arrivare alla divisione giudiziaria è la presenza di un bene non comodamente divisibile. Un bene è considerato tale quando non può essere suddiviso in parti autonome senza perdere valore, come accade spesso per un appartamento.
In questi casi, il Giudice può:
- assegnare il bene a uno dei condividenti, imponendo un conguaglio agli altri;
- disporre la vendita all’asta, dividendo poi il ricavato.
Questa soluzione è molto frequente quando nessuno dei comproprietari è disposto o in grado di rilevare la quota degli altri.
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Come si avvia il procedimento di divisione giudiziale
Il procedimento di divisione giudiziale è regolato dagli articoli 784 e seguenti del codice di procedura civile e prevede le seguenti fasi:
- mediazione obbligatoria;
- deposito dell’atto di citazione;
- udienza e nomina del CTU;
- decisione finale.
Prima di iniziare la causa, la legge impone un passaggio obbligatorio: la mediazione civile. È prevista dall’articolo 5 del D.Lgs. 28/2010 e rappresenta un tentativo obbligatorio di trovare un accordo prima di rivolgersi al Tribunale. Senza mediazione, la causa è improcedibile. Se la mediazione non porta a un accordo, si può procedere con il deposito dell’atto di citazione.
Atto di citazione
L’atto può essere presentato anche da un solo comproprietario e deve contenere:
- l’indicazione delle parti;
- la descrizione del bene in comunione;
- la prova delle quote;
- la richiesta di divisione;
- eventuali domande accessorie (rendiconto, conguagli, miglioramenti).
Il Tribunale competente è quello del luogo in cui si trovano i beni da dividere.
Alla prima udienza il Giudice verifica la regolarità delle notifiche, la presenza di tutti i condividenti e l’eventuale esistenza di questioni preliminari. Se una delle parti è incapace o irreperibile, può essere nominato un curatore speciale.
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Consulente tecnico d’ufficio
Successivamente ,il Giudice nomina un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), solitamente un geometra, un ingegnere o un commercialista. Il CTU ha il compito di descrivere i beni, determinarne il valore, verificare se sono divisibili e predisporre un progetto di divisione.
La relazione del CTU è centrale: la decisione finale del Giudice si basa quasi sempre sulle sue conclusioni.
Una volta acquisita la relazione del CTU e ascoltate le osservazioni delle parti, il Giudice può:
- disporre la divisione in natura, se possibile;
- assegnare il bene a uno dei condividenti con conguaglio;
- ordinare la vendita all’asta.
Il provvedimento conclusivo può essere una sentenza, quando vi sono contestazioni, oppure un’ordinanza, quando le parti accettano il progetto di divisione.

Mediazione
La mediazione civile rappresenta un passaggio fondamentale perché consente alle parti di confrontarsi con l’aiuto di un mediatore imparziale e di trovare una soluzione senza ricorrere al Tribunale. È obbligatoria per legge nelle controversie relative alla divisione della comunione e dell’eredità.
Il Giudice può inoltre disporre una mediazione anche quando non è obbligatoria, se ritiene che un accordo sia possibile: è la cosiddetta mediazione demandata.
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Quanto dura la divisione giudiziale?
La divisione giudiziale è uno dei procedimenti più lunghi della giustizia civile. Nei casi più semplici può durare circa diciotto mesi, ma quando vi sono contestazioni, perizie complesse o una vendita all’asta, la durata può arrivare anche a tre anni. La CTU e la vendita forzata sono le fasi che incidono maggiormente sui tempi.
Quali sono i costi della divisione giudiziale
I costi variano in base al valore del bene, alla complessità della causa e alla durata del procedimento. Occorre considerare il contributo unificato, le spese per la consulenza tecnica d’ufficio e i compensi dell’avvocato. A questi si possono aggiungere eventuali costi legati alla vendita all’asta.
In generale, la divisione giudiziale è più onerosa rispetto alla divisione volontaria, motivo per cui è sempre consigliabile tentare un accordo prima di avviare la causa. Per quanto riguarda “chi paga”, le spese sono a carico di tutti i coeredi, in relazione alle loro quote.
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