Equo compenso: come funzionano le nuove tutele per i professionisti
Ecco quali sono le novità in tema di equo compenso: il testo della nuova legge e tutte le tutele previste per 1,6 milioni di professionisti, tra avvocati, notai, commercialisti, psicologi e così via.
- La legge sull’equo compenso è stata introdotta al fine di garantire al professionista una giusta remunerazione per l’attività intellettuale resa.
- Il legislatore ha previsto la facoltà di concludere accordi e pattuizioni sulla base di modelli predisposti dai Consigli dell’ordine di appartenenza dei professionisti.
- Il professionista può eventualmente agire in giudizio per tutelare il proprio diritto all’equo compenso.
La legge sull’equo compenso si inserisce in un ampio programma del Governo, volto a garantire una giusta remunerazione a professionisti e non solo. Fondamentale nel delineare quello che è l’equo compenso, è l’apporto dei Consigli dell’ordine di appartenenza dei professionisti.
L’equo compenso è in genere determinato con accordo tra le parti, che tengono conto anche dei parametri e criteri nazionali di determinazione del corrispettivo per il lavoro svolto.
Nel seguente articolo descriveremo quali sono le novità introdotte dalla legge n. 49 del 2023. In particolare, illustreremo gli strumenti di tutela a disposizione del professionista e il ruolo fondamentale degli Ordini professionali.
- Cosa si intende per equo compenso
- Equo compenso: calcolo
- A chi spetta l’equo compenso?
- Quando le clausole o il contratto sono nulli?
- Equo compenso: termine di prescrizione
- Cosa succede se il compenso non è equo?
- Onere probatorio e altre semplificazioni
- Equo compenso: i poteri dei Consigli dell’ordine
- Equo compenso e sanzioni
- Equo compenso e salario minimo
- Equo compenso – Domande frequenti
Cosa si intende per equo compenso
Lo scorso 20 maggio è entrata in vigore la legge sull’equo compenso che, anche se non proprio correttamente, è accostata spesso alla questione del salario minimo. In realtà, sono due problematiche connesse, ma non del tutto sovrapponibili.
La legge sull’equo compenso, ovvero la legge n. 49 del 2023, prevede le regole finalizzate a garantire al professionista un compenso commisurato e adeguato alla prestazione.
L’art. 1 della normativa definisce il concetto di equo compenso:
per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale.
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Equo compenso: calcolo
La norma dispone poi che l’equo compenso deve essere conforma ai parametri relativi ai seguenti decreti:
- per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;
- per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;
- per i professionisti, di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza biennale, sentite le associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 7 dell’articolo 2 della medesima legge n. 4 del 2013.
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A chi spetta l’equo compenso?
L’equo compenso spetta al professionista che rende un’opera intellettuale, in favore:
- della Pubblica amministrazione;
- di imprese assicurative o bancarie con più di 50 dipendenti o che hanno conseguito dei ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.
Sono escluse da questo catalogo le attività professionali rese in favore di società che si occupano di cartolarizzazione o in favore di agenti della riscossione.
Per quanto riguarda le imprese non comprese in queste categorie, è possibile comunque concludere dei contratti e convenzioni professionali con i professionisti.
Quando le clausole o il contratto sono nulli?
Alcune pattuizioni, siano accordi o singole clausole, potrebbero essere nulle. In particolare, sono nulle tutte quelle clausole che possono compromettere l’equità del compenso. La nullità della singola clausola non si ripercuote sull’intero contratto.
Rientrano tra le clausole sicuramente nulle:
- le clausole delle convenzioni che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata. Per procedere a suddetto giudizio è necessario tenere in considerazione i costi sostenuti dal professionista per adempiere alla prestazione;
- le pattuizioni di compensi inferiori a quelli stabiliti dai parametri di liquidazione dei compensi previsti con decreto ministeriale, cioè ai parametri indicati per gli avvocati, le professioni ordinistiche e le professioni non ordinistiche nei paragrafi precedenti;
- le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione;
- clausole che impongono anticipazione di spese;
- pattuizioni che conferiscono al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto o del servizio reso.
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Le altre clausole nulle
Sono altresì nulle le clausole o pattuizioni anche in documenti distinti dalla convenzione che:
- riservino al cliente la facoltà di modifica unilaterale del contratto;
- la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
- la facoltà di richiedere prestazioni aggiuntive gratuite;
- l’anticipazione delle spese al professionista o la rinuncia al rimborso;
- la previsione dei termini di pagamento sopra i 60 giorni dalla fattura;
- la previsione in caso di nuovo accordo sostitutivo di applicazione dell’eventuale compenso inferiore pattuito anche agli incarichi perdenti, non ancora definiti o fatturati;
- la previsione che il compenso pattuito per assistenza e consulenza in materia contrattuale spetti solo in caso di sottoscrizione del contratto.
Inoltre, è altrettanto nulla la clausola che obbliga il professionista a corrispondere al cliente o a terzi, compensi, corrispettivi o rimborsi per l’utilizzo di software, banche dati, gestionali, servizi di assistenza tecnica, di formazione. Sono altresì nulle le clausole che impongono all’avvocato un compenso equivalente a quello previsto dalle convenzioni, ma che è inferiore a quanto liquidato dal giudice.
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Equo compenso: termine di prescrizione
Anche per esercitare il diritto al compenso è previsto un termine di prescrizione. Il professionista deve esercitare il diritto entro dieci anni dalla data di realizzazione dell’ultima condotta costituente esecuzione della prestazione professionale.
Se sono dedotte in rapporto più prestazioni, anche se l’incarico o il contratto è unico, la prescrizione decorre dal giorno del compimento dell’ultima prestazione.
Cosa succede se il compenso non è equo?
Può anche accadere che il compenso non sia equo. In questo caso, che rimedi ha a disposizione il professionista?
Nei fatti, quest’ultimo potrà:
- agire in giudizio al fine di ottenere la rideterminazione del compenso;
- ottenere un indennizzo;
- ottenere un parere del Consiglio dell’ordine.
1) Equo compenso e azione giudiziaria
Se i professionisti concludono un contratto o accordo di varia natura ove il compenso non sia equo, possono ricorrere all’autorità giudiziaria. L’azione può essere promossa davanti al Tribunale del luogo di sua residenza o domicilio. Si potrà impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o qualsiasi altro accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati.
Il giudice deve verificare la congruità del consenso e stabilire se sia adeguato alla luce dei parametri che abbiamo richiamato nei precedenti paragrafi. Laddove risulti iniquo, procede a rideterminare il compenso e impone il pagamento della differenza, rispetto a quanto fino a quel momento pagato.
Il professionista può anche richiedere un parere all’ordine di appartenenza. Questo è emesso da:
- l’ordine;
- il collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista.
Questo parere ha la funzione di stabilire:
- urgenza;
- pregio dell’attività;
- importanza;
- natura;
- difficoltà e valore dell’affare;
- condizioni soggettive del cliente;
- risultati conseguiti;
- numero e complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.
Laddove lo ritenga opportuno, il giudice può anche nominare un consulente tecnico.
2) Indennizzo al professionista
Il giudice può poi procedere a stabilire che l’impresa o il debitore in generale sia tenuto anche a versare un indennizzo al professionista. Questo può anche essere di valore pari al doppio della differenza tra il compenso pattuito e l’equo compenso. È, comunque, fatta salva la prova del maggior danno e la possibilità di chiedere il risarcimento.
La fattispecie, dunque, anche se viene definita indennizzo è sostanzialmente un danno punitivo. Spesso il legislatore utilizza il termine indennizzo con riferimento ai danni punitivi, benché l’indennizzo tradizionalmente sia una somma erogata al fine di compensare una perdita derivante da un fatto lecito.
In questo caso è un fatto illecito, per di più si ammette anche la possibilità di richiedere il risarcimento. È sostanzialmente una forma di risarcimento forfettario sottratto all’onere della prova – per questo si intende punitivo per il debitore che ha violato le norme sull’equo compenso.
3. Parere al Consiglio dell’Ordine
Il parere così reso è anche titolo esecutivo, cioè il professionista può anche impiegarlo per porre in essere un’azione esecutiva ed ottenere l’adempimento all’onere di rendere l’equo compenso in via coattiva. Questo diventa titolo esecutivo, se non è proposta opposizione da parte del debitore entro 40 giorni dalla notifica del parere a cura del professionista.
Il giudizio di opposizione è condotto davanti al giudice competente per materia e valore del luogo nel cui circondario ha sede l’ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere.
Onere probatorio e altre semplificazioni
La legge sull’equo compenso ha poi introdotto una serie di semplificazioni, al fine di rendere maggiormente celere ed efficiente la tutela del professionista leso. In primo luogo, la legge semplifica l’onere probatorio del professionista che intende agire in giudizio al fine di tutelare il proprio diritto all’equo compenso.
La disciplina normativa introduce una presunzione semplice in virtù della quale gli accordi preparatori o definitivi sull’equo compenso si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese, se sono vincolanti per il professionista. L’impresa può però dare la prova contraria.
Altra facilitazione, invece, opera in tema di prescrizione e richiesta di pagamento, come già abbiamo evidenziato. Infatti, il termine di prescrizione decorre dal momento in cui cessa il rapporto con l’impresa, se si tratta di una pluralità di prestazioni, dall’ultima resa.
Al fine di evitare eventuali controversie, può ricorrere a modelli standard di convenzioni, che vengono elaborati di comune accordo con i Consigli nazionali degli ordini e dei collegi. I compensi pattuiti in questi modelli si presumono equi fino a prova contraria.
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Equo compenso: i poteri dei Consigli dell’ordine
La nuova legge sull’equo compenso attribuisce dei poteri anche ai Consigli dell’ordine, i quali possono a loro volta agire in giudizio. Si tratta di una sorta di class action: questi agiscono in qualità di rappresentanti della categoria di appartenenza del/dei professionisti lesi.
Possono agire laddove ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in tema di equo compenso. Ricordiamo che il presupposto indefettibile della class action è che siano violati più interessi individuali omogenei. In questo caso, oltre al singolo professionista leso, può agire anche l’ordine.
Puoi approfondire l’argomento leggendo: Class action: cos’è e quando si può proporre
Equo compenso e sanzioni
L’ordine, inoltre, può anche irrogare delle sanzioni. Tali sanzioni sono previste dal legislatore proprio perché la normativa in esame non ha solo la funzione di tutelare il singolo professionista. Si tratta anche di una normativa pro-concorrenziale, cioè volta a garantire una leale concorrenza tra gli operatori di uno specifico mercato, che in questo caso sono professionisti.
Dunque, dispone il legislatore:
Gli ordini e i collegi professionali adottano disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell’obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri previsti dai pertinenti decreti ministeriali, nonché a sanzionare la violazione dell’obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della presente legge.
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Equo compenso e salario minimo
Abbiamo già affrontato altrove la questione del salario minimo. Equo compenso e salario minimo sono in realtà due concetti, in parte differenti, ma che hanno lo stesso obiettivo, cioè garantire un’equa retribuzione per il lavoro svolto.
Nelle ultime settimane si discute moltissimo dell’introduzione del salario minimo. Nel corso del tempo ci sono state diversi tentativi di introdurne uno su base oraria, cioè di stabilire il compenso minimo per ogni ora di lavoro. Tuttavia, questi tentativi non hanno avuto l’esito sperato.
Recentemente, sempre inserendosi nello stesso filone legislativo, il Governo ha proposto di introdurre questa disposizione cercando una larga intesa con i partiti politici di opposizione. L’obiettivo è quello di portare a 9 euro l’ora il salario minimo. Qual è, però, lo scopo del salario minimo?
In primo luogo, è quello di far fronte all’aumento dei costi delle materie prime e non solo. Ricordiamo che dalla pandemia in poi l’inflazione ha ripreso a cavalcare veloce in Italia (e non solo). Inoltre, si è anche constatato che determinate attività lavorative riscontrino grande difficoltà a trovare manodopera, proprio a causa dei salari troppo bassi che disincentivano i lavoratori.
All’opposto, però, introdurre un salario minimo comporta anche un aumento delle spese per le imprese e le attività commerciali. Proprio per tale ragione, si ritiene necessario che, accanto all’introduzione del salario minimo, siano anche previste disposizioni per agevolare le imprese, soprattutto quelle medio-piccole.
Puoi approfondire l’argomento leggendo anche: Salario minimo: cos’è, proposte e quando entra in vigore in Italia
Equo compenso – Domande frequenti
L’equo compenso rappresenta la remunerazione congrua e proporzionale che deve essere resa al professionista intellettuale.
L’equo compenso è determinato in base ad accordo tra professionista e datore di lavoro, in considerazione dei parametri nazionali.
Se è violato l’equo compenso, il professionista può agire in giudizio per ottenere la rideterminazione, la differenza e un indennizzo. Anche il consiglio dell’ordine può agire in giudizio per conto della categoria.
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