Chi vince la causa deve pagare l’avvocato?
Come funziona il pagamento della parcella dell’avvocato quando si vince una causa? E quando invece si perde? Vediamo insieme come stanno effettivamente le cose.
- Quando si assegna un mandato a un avvocato, il professionista rilascia un preventivo con la sua parcella.
- Il costo, nel caso di una causa, è variabile e oggi non esistono più dei tariffari fissi.
- A seconda che si vinca o si perda la causa, ci saranno dei costi da sostenere, stabiliti dal giudice.
Nel momento in cui si sceglie un avvocato per una causa, che sia penale o civile, il legale deve presentare al cliente un preventivo scritto (che alcuni chiamano “preventivo di massa”).
Il documento permette all’avvocato di indicare al cliente il costo della prestazione, che comprende il compenso professionale, gli oneri e le spese.
Non esiste un limite di importo a partire dal quale l’avvocato deve emettere il preventivo, ma esso è obbligatorio sia per le prestazioni giudiziali, quindi le cause, sia per quelle stragiudiziali, come una consulenza o la redazione di una lettera di diffida.
Solitamente, la parcella dell’avvocato si paga nel momento in cui il professionista la emette, ma è possibile trovare un accordo con il legale, relativo per esempio a un’eventuale rateizzazione.
Potrebbe succedere che, dopo la causa, l’avvocato chieda un costo maggiore rispetto a quello che era stato preventivato. Cosa bisogna fare in questi casi? Vediamolo insieme nei prossimi paragrafi.
Quando si prende un avvocato per una causa?
La parcella dell’avvocato è composta da vari elementi, ovvero:
- il contributo unificato, che ha un importo minimo di 43 euro, per le cause che hanno un valore fino a 1.100 euro, e un massimo di 1.686 euro per le cause con un valore superiore a 520.000 euro;
- i costi vivi, ovvero le spese relative a viaggi, diritti di cancelleria, diritti di segreteria e così via;
- il compenso effettivo del professionista, che dovrà poi pagare l’IRPEF, l’IVA e il 4% del guadagno alla Cassa Forense.
Oggi non sono più in vigore le tariffe minime imposte dalla legge, quindi l’avvocato può decidere in autonomia il costo della propria parcella (art. 13 L.247/2012), tramite il preventivo – fermo restando che, comunque, l’avvocato deve essere pagato anche se non ha presentato al cliente un preventivo nel momento in cui gli è stato conferito il mandato.
In questa ipotesi, in caso di contestazioni con il cliente, il compenso sarebbe determinato dal giudice in relazione ai parametri ministeriali, tramite l’emanazione di un decreto ingiuntivo. L’avvocato potrebbe rivolgersi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati chiedendo un parere di congruità sulla parcella presentata al proprio cliente.
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Quanto si paga quando si perde una causa?
Nel caso in cui si dovesse perdere una causa, quindi si fosse la parte soccombente, si dovrebbe pagare l’avvocato della controparte. Il costo della parcella, però, non sarebbe quello indicato dal professionista al suo cliente, ma stabilito dal giudice in base alle nuove tabelle dei parametri forensi (che puoi visionare qui sotto).
Prima di presentare il preventivo, l’avvocato prendere in considerazione parametri quali:
- il valore della causa e la sua durata;
- la complessità del mandato che ha ricevuto: su questo punto, il consiglio migliore è sempre quello di rivolgersi a un avvocato specializzato nell’ambito del diritto di tuo interesse;
- la distanza del Tribunale, che contribuisce all’aumento di eventuali costi di trasferta;
- il numero delle controparti, quindi se è necessario sostenere una difesa contro più soggetti.
Per esempio, in merito alla durata, ci sono procedimenti giuridici che non prevedono una causa, come per esempio il ricorso per decreto ingiuntivo o la nomina di un amministratore di sostegno, cause che durano una o due udienze al massimo e altre che possono invece andare avanti per anni.
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Cosa paga la parte soccombente
In realtà, qualora si dovesse perdere una causa, è bene specificare che il pagamento dell’avvocato dell’avversario non avviene in automatico. Anche in questa evenienza, deve essere il giudice a valutare il singolo caso.
Nell’ipotesi di soccombenza totale – ovvero quando le ragioni di una parte sono totalmente accettate – allora le spese legali saranno addebitate alla parte soccombente. Il giudice stabilisce la cifra da sostenere, che non corrisponde a quella che era stata fissata dall’avvocato della parte vincitrice con preventivo.
Può però accadere che il giudice non decida la condanna alle spese legali a carico di chi ha perso, ma opti per la compensazione delle spese legali, che può essere totale o parziale. In questo caso, ciascuna parte dovrà procedere con il pagamento delle proprie spese – quindi parcella dell’avvocato, più costi vivi quali contributo unificato, imposte, bolli, consulente tecnico d’ufficio, diritti di cancelleria.
Solitamente ciò può accadere quando il giudice accolga solo in parte le richieste di una o di entrambe le parti, in presenza di valide ragioni, in caso di rifiuto di una proposta conciliativa, in presenza di norme emanate da poco o di uno stravolgimento dell’interpretazione del diritto operato dalla Cassazione.
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Cosa fare se la parcella è troppo alta
Passiamo adesso alla domanda iniziale, ovvero cosa si può fare se la parcella dell’avvocato, al termine della causa, dovesse risultare troppo onerosa.
Ci sono due possibili strade:
- contestare la parcella al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, inviando una raccomandata o una PEC;
- qualora l’avvocato si fosse già rivolto al Consiglio e avesse ottenuto un decreto ingiuntivo, allora di dovrebbe rispondere, per mezzo di un altro avvocato, con un’opposizione al decreto ingiuntivo.
Nel primo caso, si dovranno mettere in evidenza le discrepanze tra gli importi previsti dai parametri forensi e quanto chiesto dall’avvocato. Qualora il Consiglio dell’Ordine rifiuti la richiesta o risponda negativamente, si potrà presentare ricorso al Consiglio nazionale forense. Nel secondo caso, invece, sarà il giudice a decretare se la parcella rispetta i parametri indicati nel D.M. n. 55 del 2014.
Ad ogni modo, ricordiamo che, quando si vince una causa, se il rimborso delle spese processuali non copre i costi che erano stati preventivati dall’avvocato inizialmente, il legale ha il diritto di esigere la differenza tra il preventivo fornito e quanto è stato liquidato dal giudice.
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Quanto costa un parere di un avvocato?
Abbiamo visto che il costo di un avvocato per una causa è variabile e dipende da una serie di fattori. Un discorso simile si potrebbe fare in relazione al costo che un avvocato può richiedere per un parere legale.
Anche in questa ipotesi, se ci si rivolge a un professionista specializzato nell’ambito del diritto di proprio interesse, è molto probabile che l’avvocato riesca a risolvere il problema con una sola consulenza legale, quindi che il costo sia ridotto.
Diverso è il caso in cui ci si rivolga a un avvocato generalista o se il parere richiesto sia particolarmente intricato o relativo a temi legislativi recenti, sui quali il legale potrebbe non essere formato.
Un ottimo modo per tagliare la testa al toro e trovare un avvocato che sia al contempo aggiornato e non particolarmente caro, è quello di rivolgersi agli avvocati presenti sulla nostra piattaforma di consulenze legali, dove è possibile richiedere una consulenza online a partire da 29,90 euro + IVA.
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Pagamento avvocato – Domande frequenti
Sì, esista la possibilità di pagare l’avvocato con una rateizzazione o un pagamento dilazionato.
Generalmente, la parcella dell’avvocato deve essere saldata nel momento in cui il professionista la emette.
Il cliente potrebbe essere condannato per appropriazione indebita, come stabilito dalla sentenza n. 20117 del 8 Maggio 2018 della Corte di Cassazione.
Il costo di una causa in tribunale dipende da una serie di fattori, come per esempio il valore della causa, la sua durata, la complessità del mandato, il numero di persone contro le quali doversi difendere.
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