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Riforma della giustizia approvata dal CdM: cosa cambia?

Il Governo ha approvato il disegno di legge sulla riforma della giustizia. Cosa cambia? Quali sono i principali interventi? L'abuso d'ufficio è ancora reato? E il traffico di influenze illecite? Diamo risposta a tutte le domande.

riforma della giustizia
  • Il Governo ha approvato, lo scorso 13 giugno, il disegno di legge che ha ad oggetto la riforma della giustizia.
  • La riforma Nordio modifica il codice penale, abrogando i reati di abuso d’ufficio e il traffico di influenze illecite, e il codice di procedura penale.
  • Gli obiettivi del Governo sono stati quelli di eliminare il rischio della burocrazia difensiva e di tutelare l’indagato e i terzi inutilmente coinvolti nelle indagini.

Lo scorso 13 giugno 2023, il Consiglio dei Ministri ha votato il nuovo disegno di legge per la riforma della giustizia. Il legislatore è dovuto intervenire al fine di razionalizzare l’amministrazione della giustizia

In particolare, ha inteso facilitare anche l’attività della pubblica amministrazione, per prevenire irrigidimenti del sistema burocratico. La riforma, quindi, guarda anche all’attuazione del PNRR, che richiede uno snellimento del procedimento amministrativo e una rapida assunzione delle decisioni.

Nel presente articolo cercheremo di descrivere tutte le modifiche apportate, anche in considerazione di quelli che sono gli antefatti, giuridici e di fatto, che costituiscono le principali cause della riforma della giustizia.

Cosa prevede la riforma della giustizia

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge per una nuova Riforma della giustizia. Sull’onda emotiva suscitata anche dalla morte di Silvio Berlusconi, il Governo presieduto da Giorgia Meloni ha introdotto alcune significative, alcune inattese, modifiche sia al codice penale che di procedura penale. 

Si è inteso, in questo modo, perseguire molteplici obiettivi. In primo luogo, modificare quei reati, come abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite, che ponevano dubbi interpretativi e limitavano l’operatività della pubblica amministrazione. Sul punto approfondiremo di seguito.

Il decreto è anche intervenuto al fine di modificare il regime delle intercettazioni. Il Ministro della Giustizia Nordio, già dal suo insediamento aveva palesato l’intenzione di intervenire per contenere l’abuso di questo strumento, ritenuto pregiudizievole della privacy dei cittadini. In particolare, il Ministro ha sempre avuto a cuore l’interesse di coloro che sono coinvolti impropriamente nelle indagini.

Alcuni interessanti interventi hanno anche riguardato il ruolo del GIP, cioè il giudice per le indagini preliminari e le misure cautelari. Tali obiettivi sono da lungo tempo programmati, benché l’approvazione cada in un momento molto particolare. Sono infatti intenti programmatici già presenti nei piani del Governo e discussi anche in fase elettorale. Vediamo in breve quali sono le modifiche che si vogliono introdurre.

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Abrogazione dell’abuso di ufficio

L’abuso d’ufficio, disciplinato all’art. 323 c.p., è il reato commesso dal pubblico ufficiale che pone in essere un atto che viola una regola comportamentale impostagli dalla legge.

Questa figura è stata molto discussa nel corso degli anni e oggetto di molteplici riforme pregresse. La norma poneva molti problemi di determinatezza, perché era generica e quindi aveva un campo applicativo molto ampio, comportando diversi inconvenienti.

Abbiamo pertanto scelto di esaminare:

  1. l’evoluzione dell’abuso d’ufficio
  2. le ragioni della sua abrogazione
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1) Evoluzione dell’abuso di ufficio

La prima formulazione del reato di abuso d’ufficio era la seguente:

Il pubblico ufficiale, che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, commette, per recare ad altri un danno o per procurargli un vantaggio, qualsiasi fatto non preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa da lire cinquecento a diecimila.

La prima formulazione era molto generica e poneva problemi di determinatezza, cioè:

  • non consentiva di stabilire con esattezza quali condotte erano sanzionate come abuso d’ufficio;
  • non era facilmente provabile in giudizio;
  • aveva un ambito applicativo ampio.

Proprio per tale ragione è stato modificato:

  • con la L. 86/1990;
  • dalla L. 234 /1997;
  • dal D.L. n. 76 del 2020 .

Attualmente, il testo, ancora non abrogato, prevede che:

  • l’abuso di ufficio sia un reato di evento, cioè la condotta deve provocare un danno o un vantaggio ingiusto;
  • sia un reato a dolo intenzionale, cioè deve essere finalizzato a produrre l’evento e l’evento è elemento che deve essere concretamente integrato e provato in giudizio;
  • deve essere realizzato un atto che viola una regola di comportamento determinata, prevista dalla legge, e non deve essere espressione di discrezionalità della pubblica amministrazione.

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2) Le ragioni dell’abrogazione

Tale norma è stata oggetto di molteplici ritocchi, fino a giungere all’ultima riforma della giustizia, dove si è deciso di abrogare direttamente il reato. Perché? Il legislatore ha sempre inteso circoscrivere l’ambito applicativo, cioè evitare che ogni condotta del funzionario pubblico integri reato. 

Negli ultimi anni, infatti, si è assistito al c.d. fenomeno della burocrazia difensiva o paura della firma. Con ciò si fa riferimento a quella tendenza dei funzionari amministrativi ad essere reticenti nell’adozione di un atto, per paura di incorrere in responsabilità penale.

Questo, come è evidente, ha enormemente rallentato la burocrazia italiana, talvolta creando degli stalli. Le varie riforme, quindi, hanno tutte cercato di porre un argine a questo effetto prodotto dall’abuso di ufficio. Il Ministro Nordio ha poi commentato l’abrogazione anche evidenziando che la norma non ha assolto al compito che le era conferito, cioè costituire un reato spia delle condotte illecite e corruttive, consentendo un maggiore controllo.

L’annuncio della riforma ha però destato comunque delle perplessità, in particolare da parte della magistratura. L’Associazione nazionale magistrati, ANM, ha, infatti, prefigurato quelle che sono le conseguenze negative di un’abrogazione netta del reato.

In primo luogo, si rischia di caducare condanne e procedimenti in essere, escludendo la punibilità di condotte che non costituiscono più reato. Si lamenta, poi, che la scelta sia sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, creando una lacuna di tutela nell’ordinamento

Per approfondire questo argomento potresti anche leggere: Abuso d’ufficio: esempio, procedibilità e giurisprudenza

riforma giustizia cosa cambia

Riforma della giustizia: cambia anche il reato di traffico delle influenze illecite

Anche il reato di traffico delle influenze illecite cambia. La norma, di cui all’art. 346 bis, attualmente prevede come reato la condotta di chi:

  1. sfruttando una relazione esistente con un pubblico ufficiale, riceve o si fa promettere denaro o altre utilità per sé, come prezzo della mediazione con il suddetto pubblico ufficiale per ottenere un vantaggio illecito;
  2. sfruttando una relazione esistente con un pubblico ufficiale, riceve o si fa promettere denaro o altre utilità per pagare il pubblico ufficiale, al fine di ottenere un vantaggio illecito;
  3. riceve o si fa promettere denaro o altre utilità al fine di tentare di corrompere un pubblico ufficiale, anche se non si ha un’effettiva relazione con quest’ultimo;
  4. riceve o si fa promettere denaro o altra utilità, fingendo, in modo truffaldino, che sarà utilizzato per realizzare una mediazione con un pubblico ufficiale

In tutti questi casi, sono puniti sia il soggetto che paga per ottenere l’atto favorevole del PU, sia il mediatore.

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Anche questa norma è l’esito di una serie di riforme. In essa, infatti, è confluita la fattispecie di millantato credito, prevista in origine all’art. 346 cp, che corrisponde alla ipotesi d).

Tuttavia, tale modifica ha subito destato perplessità perché:

  • la norma non sanziona chiaramente l’ipotesi 4), ma è desunto in via interpretativa;
  • sono puniti entrambi i soggetti dell’accordo, sia il falso mediatore sia il privato che paga, anche se nella sostanza, il soggetto è truffato, perché non sarà mai posta in essere la mediazione per ottenere l’atto favorevole del pubblico ufficiale.

Per queste perplessità, il legislatore ha deciso di eliminare questa quarta ipotesi di condotta. Tuttavia, le modifiche apportate all’art. 346 bis c.p., sono tali anche da porre in dubbio l’attualità della sanzione per la terza ipotesi. La magistratura, anche sul punto, ha commentato sostenendo che sarebbe stata preferibile una modifica che chiarisse questi dubbi sulla norma.

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riforma giustizia gip

Altre modifiche apportate al 346 bis c.p.

L’art. 346 bis c.p. è stato quindi modificato come segue:

  • le relazioni devono essere sfruttate “intenzionalmente”;
  • l’utilità data o promessa al mediatore deve essere economica;
  • il denaro o altra utilità deve essere dato/promesso per remunerare il soggetto pubblico o per far realizzare al mediatore una mediazione illecita (della quale viene data una definizione normativa);
  • il trattamento sanzionatorio del minimo edittale sale da 1 anno a 1 anno e 6 mesi.

Riforma della giustizia: intercettazione e tutela del terzo estraneo

Altra questione centrale nella riforma della giustizia è quella delle intercettazioni., che è stato uno dei nodi centrali della riforma. Il Ministro Nordio si sta battendo per la modifica dai primi giorni del mandato.

In particolare, il disegno di legge prevede:

  • lo stralcio di quelle intercettazioni che contengono dati su soggetti diversi dalle parti, salvo che siano essenziali;
  • predetti dati non possono essere indicati dal PM nelle richieste di custodia cautelare e nelle ordinanze, salvo che siano indispensabili per esporre i fatti;
  • la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni solo se citato negli atti del processo.

Come è evidente, l’obiettivo principale è tutelare i terzi, cercando anche di contenere l’abuso dell’uso delle intercettazioni. 

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Riforma della giustizia e interrogatorio preventivo

Il legislatore della riforma della giustizia ha anche generalizzato il ricorso all’interrogatorio preventivo, in un’ottica di maggiore tutela dell’indagato.

In particolare, si prevede che:

  • l’interrogatorio preventivo deve essere effettuato sempre quando, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato “a sorpresa”;
  • il giudice deve valutare le dichiarazioni rese dall’indagato nell’ordinanza applicativa della misura cautelare e a pena di nullità della stessa;
  • la nullità dell’ordinanza, se non è stato espletato l’interrogatorio preventivo o se quest’ultimo è nullo.

L’interrogatorio di garanzia non è necessario se è stato svolto quello preventivo.

riforma della giustizia interrogatorio preventivo

Riforma della giustizia e modifiche al ruolo del GIP

La riforma della giustizia ha anche modificato il ruolo del GIP e ha previsto che le misure cautelari possono essere adottate con provvedimento collegiale dell’ufficio del GIP

Per realizzare questa operazione, vi è anche un aumento di organico della magistratura ordinaria di 250 unità, che saranno reclutate in un concorso da bandire nel 2024 ed espletare nel 2025. 

Riforma della giustizia: come cambia l’informazione di garanzia

Il disegno di legge sulla riforma della giustizia modifica anche il regime dell’informazione di garanzia, prevedendo che:

  • l’informazione di garanzia dovrà essere trasmessa a tutela del diritto di difesa dell’indagato;
  • nell’informazione di garanzia dovrà essere contenuta una «descrizione sommaria del fatto»;
  • dovrà essere limitata la notifica dell’atto tramite la polizia giudiziaria ai soli casi di urgenza;
  • ci sarà divieto di pubblicazione dell’informazione di garanzia, finché non siano concluse le indagini preliminari.

Inappellabilità sentenze di assoluzione da parte del PM

Il disegno di legge approvato ha disposto anche l’inappellabilità da parte del PM delle sentenze di assoluzione per alcuni specifici reati previsti all’art. 550 c.p.. Si legge che:

stabilendo che l’organo di accusa non può appellare le sentenze di proscioglimento per i reati oggetto di citazione diretta indicati all’art. 550 del Codice di procedura penale (contravvenzioni, delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla pena detentiva e altri reati specificamente indicati). Restano appellabili le decisioni di proscioglimento per i reati più gravi e le sentenze di condanna per i reati a citazione diretta nei casi in cui l’ordinamento vigente consente l’appello delle sentenze di condanna da parte del p.m. (per esempio: mancato riconoscimento di circostanze ad effetto speciale; riqualificazione del reato).

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Riforma della giustizia e Corte d’Assise

Il legislatore della riforma della giustizia è intervenuto per fornire un’interpretazione autentica del limite di età per essere nominati nel ruolo di giudice popolare davanti alla Corte D’Assise.

Si afferma che il limite massimo di 65 anni di età, già vigente, dovrà essere considerato con riferimento al momento nel quale il giudice popolare viene chiamato a prestare servizio nel collegio.

Riforma della giustizia: sintesi modifiche cp e cpp

Codice PenaleCodice di procedura penale
Abrogazione Abuso d’Ufficio, ex art. 323 c.p.Intercettazione e tutela del terzo inutilmente coinvolto nelle indagini
Modifica Traffico di influenze illecite art 346 bis c.p.Modifica del regime dell’informazione di garanzia 
Assunzione collegiale delle misure cautelari
Generalizzazione interrogatorio preventivo
Inappellabilità del PM nelle sentenze di assoluzione
Limite di età del giudice popolare

Riforma della giustizia – Domande frequenti

Cosa ne è del reato di abuso d’ufficio?

Il reato di abuso di ufficio è stato abrogato, dunque la condotta non sarà più prevista come reato.

Quando è possibile ricorrere all’interrogatorio preventivo?

L’interrogatorio preventivo deve sempre essere disposto, salvo che sia necessario mantenere segreto il procedimento nel corso dell’indagini preliminari.

Chi adotta le misure cautelari?

Le misure cautelari sono adottate da provvedimento collegiale dell’ufficio del GIP.

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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