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Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale: quando si configura il reato

Quando una reazione minatoria può integrare un reato di violenza e minaccia a un pubblico ufficiale? E in quali casi un insulto può essere un comportamento punito dalla legge? Vediamolo insieme.

violenza o minaccia al pubblico ufficiale
  • Il pubblico ufficiale è colui che esercita una funzione legislativa, giurisdizionale o amministrativa.
  • Un atto minatorio o aggressivo perpetrato verso un pubblico ufficiale può integrare il reato di violenza e minaccia a un pubblico ufficiale, punito, con la pena della reclusione.
  • Si tratta di un reato perseguibile d’ufficio, che non prevede necessariamente la presentazione della denuncia querela da parte della persona offesa.

Un atteggiamento minatorio o un atto aggressivo possono costare caro, specialmente se rivolti ad alcuni soggetti: possono infatti integrare gli estremi del reato di violenza e minaccia a un pubblico ufficiale, punito dall’art. 336 c.p.

Si tratta di un reato proprio, ovvero di un delitto che può essere commesso solo nei confronti di un soggetto che ricopre una determinata funzione – quella di pubblico ufficiale. Ciò significa che, se uno stesso comportamento viene realizzato verso un’altra persona, che però non assume la funzione di pubblico ufficiale, si configurano i reati generici di minaccia o di violenza, ma non il reato di cui all’art. 336 c.p. previsto e punito differentemente.

Per essere considerato responsabile del reato di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, occorre anche realizzare un determinato comportamento, descritto dalla norma incriminatrice. Conoscere quando e come si configura questo reato è di estrema importanza, perché quotidianamente abbiamo a che fare con soggetti che sono pubblici ufficiali ed è bene conoscere i limiti per non oltrepassarli.

Chi è il pubblico ufficiale

Partiamo innanzitutto dall’analisi della figura del pubblico ufficiale, al fine di chiarire cosa significhi da un punto di vista giuridico. Ai sensi dell’art. 357 c.p. un pubblico ufficiale è colui che esercita una funzione legislativa, giurisdizionale o amministrativa.

Dalla citata norma, si evince chiaramente che sono certamente pubblici ufficiali:

  • i magistrati (giudici e pubblici ministeri, per effetto L. febbraio 1992, n. 181);
  • i parlamentari dello Stato, compresi gli appartenenti alle assemblee di Regioni, Province e Comuni (Sindaci, Assessori e Consiglieri comunali).

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Pubblico ufficiale e pubblica amministrazione

Un discorso a parte merita l’individuazione della figura del pubblico ufficiale nell’ambito della funzione amministrativa, in relazione alla quale è importante una precisazione: sono pubblici ufficiali i soggetti che operano in un ente pubblico che siano titolare del potere autoritario, ovvero del potere di interferire nella vita del privato cittadino, senza dover acquisire prima il consenso di questi.

In altri termini, come chiarito anche dalla Cassazione, in più occasioni, ai fini del riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale, non si deve aver riguardo alla natura dell’ente da cui il soggetto dipende, né alla tipologia del relativo rapporto di impiego, ma si deve valutare esclusivamente la natura dell’attività effettivamente espletata dall’agente (Corte di Cassazione Penale, sez. VI, sentenza n. 5550/2022). 

In linea generale è, dunque, certamente pubblico ufficiale il sindaco, il funzionario dell’Agenzia delle Entrate, o anche un incaricato del Comune, poiché concorrono all’attività della pubblica amministrazione. Dubbia è, invece, l’attribuzione di tale qualifica all’impiegato del Comune che svolge una attività di carattere accessorio o sussidiario.

Sul punto, negli anni, si è registrato un contrasto in giurisprudenza. Secondo una parte della giurisprudenza, infatti, è pubblico ufficiale solo chi, in concreto, svolge mansioni o incarichi tipici della pubblica amministrazione (Corte di Cassazione, sez. VI, 16 febbraio 2021, n. 5550). Tale orientamento si è contrapposto a un indirizzo giurisprudenziale più risalente, che invece attribuiva, in ogni caso, la qualifica di pubblico ufficiale anche al semplice impiegato che svolge mere attività preparatorie rispetto alla formazione della volontà dell’ente, per il solo fatto di essere un impiegato dell’ente comunale (Corte di Cassazione, sez. VI, 30 maggio 2014, n. 22707).

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Altri esempi di pubblico ufficiale 

Oltre ai soggetti sopra citati, la funzione di pubblico ufficiale può essere esercitata da un ventaglio molto ampio di persone. Limitando l’analisi alle figure più frequenti nella quotidianità, è considerato pubblico ufficiali anche:

  • il direttore di un istituto scolastico legalmente riconosciuto, perché l’insegnamento è pubblica funzione e le scuole secondarie private sono equiparate alle scuole pubbliche;
  • l’insegnante presso istituti scolastici;
  • l’impiegato dell’ufficio provinciale del lavoro addetto alla formazione delle graduatorie del collocamento obbligatorio, in quanto, svolgendo un’attività certificatoria, concorre alla formazione della volontà della pubblica amministrazione;
  • il medico ASL e il medico ospedaliero;
  • il direttore di un’unità operativa di un ente ospedaliero;
  • i funzionari di vertice di un’azienda municipalizzata che hanno concorso a formare la volontà e a certificare le spese e la complessiva gestione finanziaria;
  • gli ausiliari della viabilità, poiché, avendo il potere di elevare contravvenzioni per infrazioni al traffico di veicoli, esercitano il potere di certificare i fatti accaduti in loro presenza;
  • il direttore dei lavori di un’opera pubblica;
  • le forze dell’ordine.

È importante precisare che la qualifica di pubblico ufficiale non compete solo a soggetti che svolgono in qualche modo una funzione pubblica, ma può riconoscersi anche a soggetti privati che, tuttavia, si trovano ad assolvere a un compito specifico. Si pensi ai testimoni in un giudizio. Questi sono considerati a tutti gli effetti pubblici ufficiali, con la conseguenza che chiunque minacci o aggredisca un testimone per non farlo deporre nell’ambito di un giudizio può commettere il reato di cui all’art. 336 c.p.

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violenza minaccia pubblico ufficiale

Cosa significa “violenza o minaccia a un pubblico ufficiale“?

Compreso chi è il pubblico ufficiale, il reato di violenza o minaccia si configura quando si usa violenza o minaccia per costringere il pubblico ufficiale a:

  • compiere un atto contrario ai propri doveri (art. 336, primo comma, c.p.);
  • omettere un atto dell’ufficio o del servizio (art. 336, primo comma, c.p.);
  • compiere un atto del proprio ufficio o servizio o per influire, comunque, su questi (art. 336, terzo comma, c.p.).

Il reato in commento è un reato procedibile d’ufficio. Ciò significa che, ai fini della procedibilità, non è necessaria la presentazione della denuncia querela da parte della persona offesa, ovvero il pubblico ufficiale, ma è sufficiente denuncia o di una semplice segnalazione da parte di chiunque.

Per completezza, si precisa che sono, invece, reati a querela di parte, i delitti per i quali la procedibilità nei confronti dell’autore del reato è subordinata alla presentazione della denuncia querela da parte della persona offesa dal reato – in altri termini, la vittima. Senza la denuncia di questi, il responsabile non può essere perseguibile e, conseguentemente, punito.

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Minaccia a un pubblico ufficiale: quando si realizza

Elemento che accomuna le diverse tipologie di in cui si realizza il reato in commento, è l’utilizzo di due differenti condotte: la violenza e la minaccia.

Il reato di minaccia a un pubblico ufficiale si configura quando si prospetta un male ingiusto al solo fine di instillare un senso di costrizione per il compimento di un atto.

Ricordiamo che la minaccia, per integrare il reato di cui all’art. 336 c.p., non deve essere generica, cioè non deve essere genericamente minatoria, ma idonea a coartare effettivamente la volontà del pubblico ufficiale.  

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Violenza a un pubblico ufficiale

Il reato, nel caso in cui si realizzi con l’uso della violenza, è comunemente detto anche aggressione a un pubblico ufficiale. La violenza, per configurare il delitto, può manifestarsi sia da un punto di vista fisico, sia mediante l’uso della forza sulla persona o sulle cose, sia quando si ricorre a un mezzo qualsiasi, idoneo a coartare la volontà del soggetto passivo, annullandone o limitandone significativamente la capacità di azione o determinazione.

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Che tipo di reato configura la violenza o minaccia a un pubblico ufficiale?

Il reato in commento è un delitto c.d. plurioffensivo, poiché lede contemporaneamente una pluralità di beni giuridici. L’art. 336 c.p. è posto a presidio del corretto funzionamento di settori strategici dello Stato, reprimendo comportamenti che possano turbare, in qualche modo, la capacità di autodeterminazione del soggetto che esercita le funzioni pubbliche, anche da un punto di vista fisico. 

Quanto si rischia in caso di aggressione a un pubblico ufficiale

Il reato in commento è punito con pene differenti, modulate in base a diversa gravità delle condotte che lo configurano. Per comodità, si riepilogano le pene previste per ciascuna condotta che integra il reato.

CondottaPena
Violenza o minaccia per costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai propri doveriReclusione da sei mesi a cinque anni
Violenza o minaccia per costringere il pubblico ufficiale a omettere un atto dell’ufficio o del servizioReclusione da sei mesi a cinque anni
Violenza o minaccia per costringere il pubblico ufficiale a compiere un atto del proprio ufficio o servizio o per influire, comunque, su questiReclusione fino a tre anni

Reato di oltraggio al pubblico ufficiale: cos’è

Per inquadrare correttamente il reato di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, è utile anche operare una distinzione con il reato di oltraggio al pubblico ufficiale.

Tale delitto è disciplinato all’art. 341 bis c.p. e si configura quando chiunque (privato cittadino o anche un altro pubblico ufficiale) offende l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale, mentre compie un atto d’ufficio o a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. In tal caso la pena prevista varia da sei mesi a tre anni di reclusione.

La medesima condotta è ritenuta più grave, con conseguente applicazione di una pena più severa, nel caso in cui:

  • il fatto è commesso da genitore esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore dell’alunno nei confronti di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo o amministrativo della scuola;
  • l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.

Deve rispondere del reato di oltraggio chiunque offenda con epiteti o espressioni lesive funzionari dei Carabinieri che lo abbiano fermato lungo una via pubblica, in occasione di un ordinario controllo, per il solo fatto di appartenere a tali forze dell’ordine. 

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Differenze fra oltraggio e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale

Sebbene molto spesso la violenza o la minaccia a un pubblico ufficiale sia spesso confusa con il similare reato di oltraggio a un pubblico ufficiale, si tratta di due delitti che, pur condividendo aspetti in parte comuni, sono diversi, anche in relazione al bene giuridico tutelato.

Gli elementi caratterizzanti il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale sono essenzialmente due, non necessariamente previsti per la configurabilità del reato di minaccia o violenza a un pubblico ufficiale e sono:

  1. il luogo in cui si verifica il fatto di reato, che deve essere pubblico (per esempio la strada) o aperto al pubblico;
  2. il tempo in cui si compie il reato rappresentato dal momento in cui il pubblico ufficiale compie un atto d’ufficio.

Una meno evidente ma, in ogni caso rilevante differenza, si rinviene anche per quanto concerne il bene giuridico tutelato: nel reato di oltraggio si difende il prestigio e il decoro della pubblica amministrazione, mentre nel reato di violenza e minaccia a un pubblico ufficiale il corretto svolgimento delle principali istituzioni dello Stato, fra cui anche la pubblica amministrazione.

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Cosa succede se insulti un pubblico ufficiale

Se si offende un pubblico ufficiale, come per esempio un poliziotto, ai sensi dell’art. 341 bis c.p., si può essere condannati alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni. 

Al riguardo, tuttavia, non sempre si è passibili di una sanzione penale perché non sempre si compie un reato di oltraggio al pubblico ufficiale anche nel caso in cui si offenda tale soggetto. In mancanza dei presupposti di cui sopra, relativi al tempo e al luogo, infatti, il reato di oltraggio non si configura

Si pensi, per esempio, esempio al caso in cui si offenda un appartenente alle forze dell’ordine presso il proprio domicilio, dunque, luogo privato, senza che siano presenti altri soggetti. In questa ipotesi specifica, non si risponde del reato di oltraggio a un pubblico ufficiale.

Per capire quali limiti non occorre superare per non incorrere in una contestazione penale, può essere utile rivolgersi a un avvocato esperto in materia penale e, dunque, capace di approntare un’adeguata contestazione, nel caso in cui il limite sia stato superato.

minaccia pubblico ufficiale

Qual è la differenza tra violenza, resistenza e minaccia a pubblico ufficiale?

Altra confusione può essere generata da un’altra fattispecie delittuosa, rappresentata dal reato di resistenza a un pubblico ufficiale di cui all’art. 337 c.p. Anche in questo caso, si tratta di delitti diversi.

Il reato di resistenza a un pubblico ufficiale si configura quando si usa violenza o minaccia per opporsi all’esercizio di un atto del suo ufficio.

In altri termini, ai fini della consumazione del reato di resistenza, occorre che la violenza o la minaccia sia posta in essere per ostacolare il compimento dell’atto, per impedire lo svolgimento dell’attività del pubblico ufficiale.

Commette il reato di resistenza, per esempio, chiunque strattoni i funzionari della Polizia di Stato al fine di non fornire i documenti per impedirne l’identificazione.

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Avv. Debora Mirarchi
Esperta in diritto tributario
Laureata all’Università di Bologna, sono iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano dal 2012. Negli anni, ho collaborato con studi operanti nel settore tributario, acquisendo una significativa esperienza nella consulenza nazionale e internazionale, con focus in materia di fiscalità. Unitamente all’esercizio della professione, ho coltivato la passione per la scrittura, collaborando, in qualità di autrice, con le principali riviste specialistiche di settore.
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