L’amante deve risarcire i danni in caso di tradimento?
Le conseguenze di un tradimento sono molteplici, soprattutto per il coniuge. Cosa succede all'amante? Deve risarcire un danno alla moglie? Può risponderne penalmente? Esiste ancora il reato di adulterio? Scopri tutto ciò che devi sapere nel seguente articolo.
- L’amante non è titolare di un dovere di fedeltà. Il dovere di fedeltà grava in capo al coniuge che è tenuto a rispettarlo.
- Tuttavia, talvolta, la condotta dell’amante può costituire illecito civile, causa di risarcimento del danno, quando è violato un diritto fondamentale del coniuge tradito.
- La condotta dell’amante può anche integrare reato, per esempio nell’ipotesi in cui comunichi alla moglie la relazione extraconiugale, con certe modalità.
Una delle questioni più interessanti affrontate in dottrina è la questione della responsabilità dell’amante nei confronti del coniuge tradito. La condotta può, infatti, acquisire anche un rilievo giuridico, ma quando?
I casi sono molti. In primo luogo, può dar luogo al risarcimento del danno. Nel presente articolo vedremo a quali condizioni costituisce illecito civile, ovvero quando il coniuge adultero e l’amante sono tenuti al risarcimento.
In aggiunta, potrebbe anche integrare reato, in tal modo l’amante si espone anche ad una denuncia o ad una querela.
Vedremo quindi quali condotte costituiscono reato, come quello di diffamazione, stalking o violazione di domicilio. Inoltre, ci soffermeremo anche sul reato di adulterio, analizzando se ancora è operativo nell’ordinamento o meno.
Diritti e doveri di un amante: quali sono
Giuridicamente, l’ordinamento non riconosce alcun diritto all’amante, né tantomeno è responsabile di alcun obbligo giuridicamente coercibile, cioè azionabile in via giudiziaria. Dunque, proprio per questa ragione si è molto discusso sulla possibile configurazione di una responsabilità per i danni arrecati al coniuge del proprio partner.
Infatti, a differenza di quest’ultimo, l’amante non ha specifici doveri. Il partner, invece, ha un dovere di fedeltà in qualità di coniuge. Il dovere di fedeltà, se trasgredito, comporta una serie di conseguenze significative.
Infatti, a tal proposito, ricordiamo che il primo problema che si pone riguarda la separazione. In caso di infedeltà, il coniuge rischia la separazione con addebito, che comporta:
- la perdita del diritti all’assegno di mantenimento;
- la perdita dei diritti successori.
Affinché sia possibile procedere a separazione con addebito è necessario che vi sia un nesso di causalità tra l’infedeltà e la crisi coniugale. Ciò significa, che il rapporto extraconiugale deve essere causa scatenante della separazione. Come è evidente, però, nella maggior parte dei casi, l’infedeltà è una conseguenza della crisi e non la causa.
Inoltre, si è ammesso anche che il coniuge debba risarcire il c.d. danno endo-familiare. Il coniuge può, quindi, richiedere il risarcimento del danno anche al proprio coniuge, circostanza che da sempre ha suscitato dei dubbi.
La Cassazione, nel 2019, ha però ammesso tale forma di danno, purché sia un danno significativo, ossia sia superata la soglia di tollerabilità. Inoltre, tale condotta infedele deve anche comportare la violazione di un diritto del coniuge di rilievo costituzionale. Non è sufficiente la violazione dell’obbligo di fedeltà.
Se il dovere di risarcimento per il coniuge desta perplessità, ancor di più lo è per l’amante. Questo, infatti, non è tenuto a nessun obbligo nei confronti dell’altro coniuge. Proprio questo è il punto principale che è stato esaminato dalla giurisprudenza, come vedremo nelle prossime righe.
Per approfondire l’argomento ti consigliamo anche di leggere: Tradimento della moglie: quali sono le conseguenze legali?
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L’amante è tenuto al risarcimento del danno morale?
Come abbiamo evidenziato nel precedente paragrafo, l’amante non è tenuto a nessun dovere nei confronti del coniuge. Un orientamento aveva, in realtà, ipotizzato una forma speciale di responsabilità per inadempimento. Si diceva che l’amante concorresse nell’inadempimento del coniuge all’obbligo di fedeltà.
Quindi, in base a questo, si ammetteva il risarcimento del danno anche da parte dell’amante. Tuttavia, questa tesi non ha avuto particolare successo. In particolare, si sosteneva che il caso di specie comunque non potesse configurare una responsabilità da inadempimento.
Quest’ultima, infatti, presuppone un’obbligazione, che ha ad oggetto una prestazione patrimonialmente valutabile. L’obbligo di fedeltà nascente dall’art. 143 c.c. non è un’obbligazione. Tale dovere ha carattere prettamente personale e non di natura patrimoniale.
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Il coniuge può, però, chiedere il risarcimento dei danni all’amante quando questo ha violato un suo diritto di rango costituzionale, come la dignità o la reputazione o qualsiasi altro diritto di tale rango.
Per esempio, la Cassazione ha ammesso il risarcimento quando l’amante abbia, con la propria condotta, arrecato un danno alla moglie, vantando e ostentando la relazione in modo da danneggiare l’onore e la reputazione.
In genere, il danno risarcito è il danno morale, cioè quella lesione relativa alla parte interiore della persona offesa, quindi un danno meramente psicologico.
Per approfondire quanto detto nei paragrafi precedenti, leggi anche: Tradimento del marito: cosa puoi fare in caso di infedeltà coniugale
Esiste una legge sul tradimento? Depenalizzazione reato di adulterio
Il codice penale, il c.d. Codice Rocco, risale al 1930, ciò comporta che esso risente del periodo storico in cui è stato introdotto. Molte disposizioni non sono del tutto attuali. Per far fronte a questo fenomeno vi sono due strade:
- la depenalizzazione, soprattutto rispetto ad alcuni reati, che consiste nell’abrogazione delle disposizioni normative;
- la lettura costituzionalmente orientata: grazie alle norme costituzionali, infatti, è possibile evitare l’abrogazione diretta della norma, tramite una diversa interpretazione, alla luce delle disposizioni costituzionali.
Tra queste norme vi era anche il c.d. reato di adulterio. Il reato ha origini remote nel tempo, che risalgono perfino ad epoca romana, quando la condotta della moglie che tradiva il marito era punita anche con la pena di morte.
Il reato di adulterio nel codice Rocco
Nella versione originaria del codice Rocco, il reato di adulterio disciplinato all’art. 559 c.p. La disposizione affermava che:
La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno. Con la stessa pena è punito il correo dell’adultera. La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina. Il delitto è punibile a querela del marito.
Come è evidente, la norma puniva espressamente solo la moglie e non anche il marito in caso di adulterio. Questo dava luogo ad palesi disparità di trattamento, oltre a comportare un’inammissibile ingerenza nella vita personale del cittadino.
Proprio per questa ragione, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma, perché:
- violava l’art. 29 Cost, che impone equo trattamento e la parità tra i coniugi;
- violava l’art. 3 Cost., cioè il principio di non discriminazione.
Era, dunque, un reato sessista che pregiudicava la donna, per un comportamento che non arrecava alcuna offesa a un interesse superindividuale e, quindi, non assumeva rilievo pubblicistico.
Ad oggi, quindi, non esiste una legge sul tradimento, anche perché non sarebbe conforme ai valori costituzionali, oltre che al concetto moderno di famiglia, che vede superata la centralità del matrimonio.
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Cosa rischia l’amante
A questo punto, potresti giustamente chiederti: cosa succede all’amante, se la sua condotta è del tutto neutra per l’ordinamento?
Come abbiamo evidenziato più volte nel corso dell’articolo, l’amante non è tenuto a nessun obbligo, però come può derivare una responsabilità civile per violazione dei diritti fondamentali, così può accadere che le modalità concrete di condotta dell’amante integrino un reato.
Diverse sono le ipotesi in cui la Cassazione ha riconosciuto la responsabilità penale per la condotta dell’amante. Vediamo alcuni casi in cui la condotta costituisce reato e dunque può anche comportare la denuncia o querela da parte della moglie offesa:
- molestie o stalking
- diffamazione;
- violazione di domicilio.
1. Molestie o stalking
Uno dei casi esaminati nel recente periodo dalla Cassazione è quello dell’amante che confessa alla moglie la relazione extraconiugale. Nel caso esaminato, l’amante aveva chiamato tre volte la moglie per informarla della relazione sessuale con lei e con altre donne.
In questo caso, il giudice ha qualificato la condotta come molestie, cioè il reato disciplinato dall’art. 660 c.p.. La norma in questione afferma che:
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero con mezzo telefonico, per petulanza o altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo, è punito, a querela della persona offesa, con l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 516 euro.
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La condotta può anche integrare il reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. La norma sanziona le condotte di minaccia o molestia reiterate che abbiano causato uno dei tre eventi alternativi tipizzati dalla norma:
- il perdurante stato di ansia o paura della vittima: tale stato prescinde dall’accertamento di una vera e propria patologia, non richiede necessariamente la perizia medica. Il giudica può argomentare la sussistenza degli effetti della condotta anche in base a massime di comune esperienza;
- il fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona comunque ad essa affettivamente legata. Rispetto a tale evento, l’esistenza di precedenti condanna a carico del soggetto agente per reati affini allo stalking ai danni della stessa persona serve a corroborare il giudizio del giudice;
- la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.
È necessario il ripetersi nel tempo delle condotte di minaccia e molestia. Il giudice deve procedere a un accertamento di elementi sintomatici per stabilire se si è verificato uno degli eventi, soprattutto rispetto ai primi due che assumono rilievo nell’ambito del foro interno della vittima.
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2. Diffamazione
Talora la condotta dell’amante può anche integrare il reato di diffamazione, come nel caso in cui denigra pubblicamente la moglie del proprio amante.
L’amante integra il reato di cui all’art. 595 c.p. quando procede a divulgare informazioni o affermazioni che possono, anche solo in astratto, ledere la reputazione della moglie.
Occorre pure che l’agente renda partecipe delle offese almeno due persone, tra le quali non vanno considerati il soggetto passivo, cioè la moglie, e il soggetto attivo, cioè l’amante. Predette persone, inoltre, devono essere in grado di percepire l’offesa.
La giurisprudenza considera sussistente il reato anche quando il colpevole comunica l’offesa ad una sola persona, ma vi è pericolo concreto di divulgazione.
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3. Violazione di domicilio
Piuttosto particolare è poi il caso in cui l’amante entri nella casa che la moglie condivide con il marito in sua assenza. La sanzione scatta quando l’amante si introduce in casa o si trattiene contro la volontà. Questa seconda ipotesi si verifica quando l’ingresso è di per sé legittimo, ma il soggetto si trattiene contro la volontà del legittimo residente. In questo caso, si configura il reato di violazione di domicilio, disciplinato all’art. 614 c.p.
Per quanto riguarda il rapporto tra coniugi, la giurisprudenza, anche di merito, è intervenuta a chiarire il problema del caso in cui l’accesso sia autorizzato solo da uno di essi e sia prestato in favore dell’amante.
La giurisprudenza ha chiarito che, nell’ambito di questo rapporto, vige il principio di parità tra i coniugi. Essendo il bene giuridico tutelato il domicilio, è necessario il consenso di entrambi. Vi è dunque violazione nel caso in cui un soggetto si introduca contro la volontà di uno dei coniugi, benché l’altro sia accondiscendente.
La giurisprudenza ha, quindi, in rare occasioni, ritenuto che non vi sia certamente il consenso della moglie all’ingresso dell’amante nel proprio domicilio.
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Diritti amante – domande frequenti
L’amante del marito può essere denunciata/o per stalking, molestie, diffamazione o violazione di domicilio, in base alla condotta tenuta.
Il marito traditore (o la moglie traditrice) potrebbe dover pagare i danni morali se è violato un diritto fondamentale e la condotta supera i limiti di tollerabilità.
Oltre ad una denuncia, anche l’amante potrebbe essere chiamato al risarcimento dei danni, quando la sua condotta viola un diritto fondamentale.
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