Preliminare di vendita scaduto e non registrato: l’acquirente ha diritto ugualmente all’immobile?
Vediamo quali sono le conseguenze giuridiche per un preliminare di vendita scaduto e non registrato e come risolvere o prorogare il compromesso immobiliare.
- Il compromesso immobiliare non è automaticamente annullato se scade senza rogito, ma deve essere registrato entro un termine per evitare sanzioni fiscali. Resta la sua validità tra le parti, ma per l’ opponibilità ai terzi è necessaria la trascrizione nei pubblici registri.
- Se una parte non rispetta i termini del compromesso, l’altra può chiedere la risoluzione del contratto o insistere affinché venga eseguito. Il venditore può trattenere la caparra o chiedere ulteriori risarcimenti in caso di inadempimento dell’acquirente, mentre l’acquirente può agire per l’esecuzione forzata del rogito ex art. 2932 c.c.
- Il termine del compromesso può essere prorogato tramite accordo tra le parti, formalizzato con scrittura privata o atto pubblico. Questa proroga è utile per gestire ritardi imprevisti, come l’ottenimento del mutuo o la regolarizzazione di documenti.
Durante la trattativa per una compravendita, un ruolo di grande rilievo è quello del contratto preliminare di vendita, noto anche come compromesso. È un accordo in cui il venditore e l’acquirente si impegnano reciprocamente a stipulare, in un momento successivo, il contratto definitivo di compravendita, il cosiddetto rogito notarile.
Il compromesso, dunque, non trasferisce immediatamente la proprietà del bene, ma rappresenta un vincolo giuridico che obbliga entrambe le parti a rispettare le condizioni concordate. Una delle principali funzioni del compromesso è quella di consentire alle parti di regolare aspetti preliminari della compravendita, il prezzo, la descrizione dell’immobile e la data entro la quale dovrà essere concluso il rogito, il pagamento di una caparra o il tempo necessario per ottenere un mutuo.
Cosa succede in caso di preliminare di vendita scaduto? Quali sono i diritti delle parti, quindi dell’acquirente e del venditore? Vediamolo insieme.
Obbligo di registrazione del compromesso
Il contratto preliminare di compravendita (compromesso) deve essere obbligatoriamente registrato presso l’Agenzia delle Entrate. Il termine per la registrazione è di 30 giorni (prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 73/2022, articolo 14, la registrazione doveva essere effettuata entro 20 giorni).
Nel caso di contratto redatto da un notaio (atto pubblico o scrittura privata autenticata), sarà il notaio stesso a provvedere alla registrazione, sempre entro il termine di 30 giorni.
La registrazione del preliminare è un obbligo fiscale, e non una condizione di validità del contratto. Anche se il contratto preliminare non venisse registrato, rimarrebbe comunque valido tra le parti, ma potrebbe comportare sanzioni fiscali per mancata registrazione.
Inoltre, la registrazione del compromesso presso l’Agenzia delle Entrate non garantisce automaticamente l’opponibilità ai terzi. Per ottenere tale effetto, è necessario procedere con la trascrizione nei registri immobiliari, che è possibile solo se il compromesso è stipulato dal notaio.
Approfondisci con questo articolo: Preliminare di vendita: cos’è e come funziona il compromesso immobiliare
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Tempo massimo tra compromesso e rogito
Una delle questioni più delicate e ricorrenti nelle compravendite immobiliari è legata al tempo massimo che deve intercorrere tra la stipula del compromesso e il rogito notarile. Il Codice Civile non prevede una norma di legge che stabilisca un termine, lasciando quindi alla volontà delle parti, in virtù del principio dell’autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c., la facoltà di concordare una scadenza in base alle loro esigenze.
Nella prassi, la maggior parte delle compravendite immobiliari prevede una scadenza di 90 giorni tra la firma del preliminare e il rogito. Questo lasso di tempo è considerato generalmente sufficiente per permettere all’acquirente di ottenere l’eventuale mutuo e al venditore di adempiere agli ultimi obblighi, come la consegna dei documenti catastali o il pagamento di eventuali debiti sull’immobile (es. ipoteche).
In assenza di una specifica indicazione nel compromesso, il termine deve essere determinato in base agli usi e consuetudini o, in mancanza di questi, secondo il principio generale di buona fede previsto dall’art. 1375 c.c. Questo principio impone che le parti si comportino con lealtà e diligenza, evitando di frapporre ostacoli ingiustificati alla conclusione del definitivo.
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Scadenza compromesso senza stipula del rogito
Occorre sottolineare che, in caso di scadenza del termine fissato nel compromesso senza che si proceda alla stipula del rogito, il contratto preliminare non si estingue automaticamente. Infatti, le parti possono continuare a considerare valido l’accordo e decidere di procedere alla stipula del rogito anche dopo la scadenza.
Tuttavia, se una delle parti vuole far valere la scadenza come motivo per risolvere il contratto, deve agire prontamente e diffidare formalmente l’altra parte a concludere il rogito entro un termine ragionevole.
Immaginiamo che un compromesso preveda la stipula del rogito entro 120 giorni, ma al termine di tale periodo l’acquirente non è ancora in grado di ottenere il mutuo necessario. In questo caso, se non viene formalizzata una proroga tra le parti, il venditore potrebbe decidere di risolvere il contratto, trattenendo la caparra e chiedendo eventuali danni.
D’altro canto, l’acquirente potrebbe chiedere un ulteriore periodo per completare l’operazione, ma solo con l’accordo del venditore o, in casi estremi, tramite una richiesta di risarcimento se dimostra che il ritardo non è dipeso da lui.
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Mancato rispetto del compromesso: conseguenze legali
Se una delle parti non adempie agli obblighi assunti nel compromesso, si parla di inadempimento contrattuale. L’inadempimento del compromesso si verifica, per esempio, in caso di mancato versamento del saldo del prezzo, rifiuto di presentarsi al rogito o mancato rilascio di documenti necessari.
Compromesso scaduto per colpa del venditore
Quando è l’alienante (venditore) a non rispettare i termini del compromesso, l’acquirente può tutelarsi in diversi modi. Per esempio, può optare per la risoluzione del compromesso e chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo o del mancato adempimento.
Ritardo nel rogito per colpa dell’acquirente
Se l’acquirente è inadempiente, per esempio perché non ha ottenuto il finanziamento bancario necessario per concludere la compravendita, il venditore può decidere di recedere dal contratto ai sensi dell’art. 1385 c.c. e il risarcimento dei danni causati dall’inadempimento dell’acquirente. In questo caso, il venditore ha diritto a trattenere la caparra confirmatoria come forma di risarcimento.
Questo può includere il mancato guadagno derivante dalla vendita non conclusa, le spese sostenute per l’immobile e altri danni patrimoniali. È possibile chiedere la risoluzione giudiziale anche senza trattenere la caparra, optando per il risarcimento integrale del danno subito.
Tuttavia, se l’inadempimento è particolarmente grave o ha comportato ulteriori danni al venditore, quest’ultimo può anche agire in giudizio per chiedere un risarcimento danni più ampio, qualora la caparra non sia sufficiente a coprire il pregiudizio subito.
L’art. 2932 c.c., poi, fornisce una tutela specifica all’acquirente inadempiente: la possibilità di richiedere al giudice l’esecuzione forzata del contratto. Questo significa che, se il venditore non adempie volontariamente all’obbligo di stipulare il rogito, il giudice può emettere una sentenza che sostituisce la volontà del venditore, obbligandolo alla stipula del contratto definitivo.
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Come risolvere il contratto preliminare di compravendita
La risoluzione del contratto preliminare può essere chiesta sia in via consensuale, sia in via giudiziale. La risoluzione consensuale avviene quando entrambe le parti concordano di sciogliere l’accordo per mutuo dissenso, senza ricorrere al tribunale. Questo accordo va formalizzato per iscritto, soprattutto se sono stati già versati degli importi a titolo di caparra o acconto, in modo da regolare la restituzione di tali somme.
In alternativa, se non c’è consenso tra le parti, è necessario agire in via giudiziale per ottenere una sentenza di risoluzione del contratto per inadempimento della controparte. Questa procedura può essere più lunga e costosa, ma è spesso l’unica soluzione quando le parti non riescono a trovare un accordo stragiudiziale.
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Risarcimento danni per ritardo nel rogito
Quando il ritardo nella stipula del rogito non è imputabile ad alcuna delle parti, per esempio per cause di forza maggiore come il mancato ottenimento del mutuo per ragioni impreviste, la situazione diventa più complessa. Se, invece, come abbiamo anticipato, il ritardo è dovuto al comportamento di una delle parti, l’altra può chiedere il risarcimento per i danni subiti a causa del ritardo.
Tali danni possono includere:
- le spese per l’affitto di un altro immobile;
- il mancato uso del bene acquistato, che può tradursi in un danno patrimoniale, soprattutto se l’acquirente avrebbe potuto godere del bene o trarne un reddito (per esempio, affittando l’immobile);
- eventuali perdite derivanti dal deprezzamento del valore dell’immobile, nel caso in cui il mercato immobiliare abbia subito variazioni sfavorevoli durante il periodo di ritardo.
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Forza maggiore e cause non imputabili
Se il ritardo è determinato da cause non imputabili a nessuna delle parti, come eventi di forza maggiore (per esempio, il mancato ottenimento del mutuo per eventi straordinari e imprevedibili), non vi è responsabilità per il ritardo. In tal caso, ai sensi dell’art. 1256 c.c., l’obbligazione si estingue qualora diventi impossibile per causa non imputabile al debitore. Tuttavia, qualora l’evento impedisca temporaneamente la prestazione, l’obbligazione rimane in sospeso fino al cessare dell’impedimento.
Giurisprudenza in tema di risarcimento danni
La Corte di Cassazione ha affrontato a più riprese il tema del risarcimento del danno per ritardo nella stipula del rogito. Per esempio, nella sentenza Cass. Civ., Sez. II, n. 14472 del 2014, si è chiarito che, in presenza di un preliminare di vendita, la parte che non adempie entro i termini previsti è tenuta a risarcire i danni effettivamente subiti dall’altra parte.
La Corte ha inoltre sottolineato che, affinché il danno sia risarcibile, deve sussistere un nesso causale tra il ritardo e il danno subito, e che il danno stesso deve essere adeguatamente provato. In un’altra pronuncia, la Cassazione (sentenza n. 24665/2018) ha ribadito che il danno da ritardo deve essere quantificato sulla base delle circostanze del caso concreto, e che eventuali clausole penali inserite nel preliminare non escludono la possibilità di richiedere un risarcimento ulteriore se il danno subito è superiore alla somma pattuita.
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Proroga termine preliminare di vendita
Per tutelarsi dal rischio di inadempimento, è importante prevedere delle clausole contrattuali nel compromesso. Una delle più comuni è la clausola penale, che stabilisce un importo prestabilito da versare come penale in caso di inadempimento. Inoltre, è consigliabile includere una caparra confirmatoria, che consente di ottenere una forma di risarcimento immediato in caso di inadempimento dell’altra parte.
Un’altra forma di tutela è rappresentata dalla possibilità di prorogare il termine del compromesso, se entrambe le parti sono d’accordo, tramite una scrittura privata, sottoscritta da entrambe le parti. Infatti, in virtù del principio della libertà contrattuale, sancito dall’art. 1322 c.c., le parti possono liberamente stabilire nuovi termini per la stipula del rogito.
Questo può essere utile in caso di imprevisti che ritardano l’ottenimento del mutuo o la disponibilità dei documenti necessari per la vendita e deve essere formalizzata per evitare future impugnazioni e per tutelare gli interessi di entrambe le parti.
Qualora il compromesso sia stato stipulato con atto notarile, è preferibile che anche la proroga venga redatta dal notaio, così da garantirne validità e opponibilità nei confronti dei terzi.
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Preliminare di vendita scaduto – Domande frequenti
Se si supera la data del compromesso, il contratto non è annullato automaticamente, ma l’inadempiente può subire conseguenze come la perdita della caparra o il risarcimento danni.
Se scade la proposta di acquisto, diventa inefficace, e il venditore è libero di accettare altre offerte.
Se l’acquirente si ritira dopo il preliminare perde la caparra, salvo specifici accordi tra le parti.
Il contratto preliminare si scioglie con la risoluzione consensuale o giudiziale in caso di inadempimento.
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