Diagnosi tardiva e quantificazione del danno: come funziona
Una diagnosi tardiva di una malattia può avere conseguenze anche letali sulla vita di un paziente. Cosa fare in questi casi? Ecco come si richiede un eventuale risarcimento.
- La diagnosi tardiva può avere conseguenze devastanti per i pazienti, in quanto ritarda l’inizio del trattamento necessario e aumenta il rischio di complicazioni gravi o addirittura fatali.
- Tra i danni più gravi connessi a una diagnosi tardiva, troviamo quello tanatologico.
- Per ottenere un risarcimento, la via da seguire è quella di rivolgersi a un professionista.
Non è raro, purtroppo, che una malattia venga diagnosticata tardivamente, con una progressione nefasta per il paziente. I motivi alla base di una diagnosi tardiva possono essere diversi, come per esempio un errore del medico che ha letto erroneamente un esame o sottovalutato i sintomi lamentati dal paziente o ancora un test effettuato troppo tardi perché magari le liste d’attesa per eseguirlo sono state troppo lunghe. Come comportarsi in questi casi? Si può chiedere il risarcimento del danno? E come fare? Scopriamolo.
Diagnosi tardiva: che cosa significa
La diagnosi tardiva è una problematica seria che può avere implicazioni significative sia per i pazienti, sia per il sistema sanitario. Le motivazioni che portano a una diagnosi tardiva possono essere le più diverse.
Potrebbe essere dovuta a:
- interpretazione errata di test diagnostici;
- mancata attenzione a sintomi che potrebbero indicare condizioni gravi;
- mancato utilizzo di tecnologie o procedure diagnostiche avanzate;
- lunghe liste d’attesa per esami o visite specialistiche;
- complessità burocratiche che rallentano l’accesso alle cure;
- insufficiente condivisione delle informazioni tra medici di base, specialisti, e altri operatori sanitari.
Si pensi a un ritardo in uno screening oncologico, con conseguenti rallentamenti nell’avvio delle terapie. Alcune patologie, come i tumori, per l’appunto, hanno una prognosi strettamente legata al momento della diagnosi. Il che fa comprendere come la diagnosi tardiva può arrecare al paziente un danno molto grave.
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Risarcimento per diagnosi tardiva: per quali danni si può ottenere
Quando un ritardo nella diagnosi provoca danni al paziente, si può richiedere un risarcimento. I danni risarcibili per diagnosi tardiva si dividono in due categorie principali:
- patrimoniali;
- non patrimoniali.
Il medico può essere ritenuto responsabile per negligenza, imprudenza o imperizia. L’errore può dar luogo a una causa di responsabilità civile (risarcimento danni) o penale (se ci sono conseguenze gravi, come la morte o lesioni gravi). La struttura sanitaria potrebbe essere corresponsabile, soprattutto se l’errore è legato a carenze organizzative.
Il paziente ha diritto a chiedere un risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. In alcuni casi, l’errore diagnostico può portare a sanzioni disciplinari per il medico da parte dell’ordine professionale.
1. Danni patrimoniali
I danni patrimoniali riguardano le perdite economiche direttamente quantificabili subite dal paziente in caso di diagnosi tardiva. Vi rientrano:
- le spese mediche aggiuntive (costi sostenuti per trattamenti più invasivi e cure aggiuntive necessarie a causa del ritardo diagnostico);
- le perdite di guadagno (ossia riduzione della capacità lavorativa temporanea o permanente, perdita di opportunità professionali, promozioni, o capacità di proseguire un’attività imprenditoriale);
- i costi per l’assistenza (ossia le spese per l’assunzione di personale sanitario, caregiver o assistenti);
- l’adeguamento dell’abitazione per renderla accessibile (es. per l’installazione di rampe o ascensori, modifiche ai bagni, ecc.).
2. Danni non patrimoniali
I danni non patrimoniali comprendono aspetti immateriali legati alla sofferenza psicofisica e agli impatti sulla qualità della vita del paziente, come:
- il danno biologico, intendendo per tale un degrado della salute fisica e compromissione dell’integrità psicofisica;
- il danno esistenziale, ossia la compromissione delle abitudini e delle relazioni personali;
- il danno morale, inteso come sofferenza interiore e trauma emotivo causati dal ritardo diagnostico.
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Danno tanatologico
La diagnosi tardiva, nei casi più gravi, può comportare il danno tanatologico, ossia il danno da perdita della vita, il quale è considerato un danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 del Codice Civile. La vita è considerata un bene giuridico inviolabile, tutelato dagli artt. 2 della Costituzione Italiana, 2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Si parla di danno tanatologico quando il decesso avviene immediatamente o entro un brevissimo lasso di tempo dalla lesione subita. La morte è l’effetto diretto ed esclusivo della lesione, senza altre cause concomitanti.
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Quantificazione danno da ritardata diagnosi: come si effettua
Per quantificare il danno da ritardata diagnosi occorre tener conto di aspetti medici e legali ben definiti. È il medico legale che deve procedere alla quantificazione, valutando in primo luogo il nesso causale tra il ritardo nella diagnosi e il peggioramento della condizione del paziente.
La ritardata diagnosi rappresenta una situazione in cui il mancato riconoscimento tempestivo di una patologia comporta un aggravamento delle condizioni di salute del paziente, rendendo necessarie cure più invasive, prolungate, o meno efficaci. La quantificazione del danno si concentra sulla stima precisa delle conseguenze subite dal paziente e sull’attribuzione di un valore economico per il risarcimento.
Elemento fondamentale per la quantificazione del danno è proprio il nesso di causalità, ossia il collegamento diretto tra il ritardo diagnostico e il peggioramento della malattia. Per ottenere il risarcimento occorre in primis l’accertamento del danno: tale decisione può essere anche affidata a un giudice, che si occupa di valutare i danni e stabilire l’importo del risarcimento.
È necessario raccogliere tutte le prove che dimostrino di aver subito una diagnosi tardiva, quindi la documentazione medica, i referti e le ricevute, e richiedere una valutazione da parte di un medico legale per determinare l’entità del danno e il nesso causale.
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Ci sono delle tabelle di risarcimento per errori medici?
Per la quantificazione del danno, si possono utilizzare delle tabelle medico-legali, come le tabelle di Milano o le tabelle di Roma, utilizzate per assegnare un valore economico al danno biologico, considerando l’età e il grado di invalidità. Questi strumenti sono spesso aggiornati per rispecchiare le decisioni della giurisprudenza.
A tal proposito, giova sottolineare un’ordinanza, la n. 28632/2022 della Corte di Cassazione, che rappresenta un importante punto di riferimento nella giurisprudenza italiana sul risarcimento del danno non patrimoniale derivante da una diagnosi tardiva. Il principio chiave enunciato dalla Suprema Corte è che il danno non patrimoniale legato alla perdita del diritto all’autodeterminazione sul fine vita deve essere quantificato in via equitativa.
In caso di diagnosi tardiva, il soggetto potrebbe essere privato della possibilità di decidere consapevolmente come affrontare la fase terminale della propria vita. Tale diritto include scelte fondamentali, come accettare o rifiutare determinate cure, organizzare gli aspetti personali e familiari del fine vita, e prepararsi emotivamente e spiritualmente. La Corte stabilisce che non è possibile una quantificazione oggettiva precisa per questo tipo di danno. Pertanto, il risarcimento deve essere determinato secondo criteri di equità, considerando il contesto specifico e l’intensità della sofferenza subita.
Se pensi di aver subito una diagnosi ritardata, ti consigliamo di rivolgerti ad un avvocato esperto in malasanità.
Diagnosi tardiva – Domande frequenti
Una diagnosi è tardiva quando non arriva nei tempi giusti per far partire il trattamento adeguato.
Se un medico sbaglia una diagnosi, lo stesso può essere ritenuto responsabile per negligenza, imprudenza o imperizia.
I termini di prescrizione per chiedere un risarcimento sono di 10 anni se l’errore rientra nella responsabilità contrattuale (es. un rapporto medico-paziente basato su un contratto implicito di cura).
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