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Esterovestizione: cos’è, esempio, reato, conseguenze

La pianificazione fiscale è un'operazione complessa da cui possono derivare anche possibili guai con la giustizia. Tra gli strumenti più delicati di pianificazione fiscale vi l'esterovestizione. Di seguito, ti spiegheremo di cosa si tratta e quali conseguenze comporta.

Quando l'esterovestizione è abusiva?
  • L’esterovestizione è la prassi di spostare un’attività imprenditoriale in altro Stato, che prevede una tassazione più favorevole per le società.
  • La condotta costituisce illecito solo ove costituisca un abuso del diritto o sia del tutto artificiosa, cioè nell’ipotesi di spostamento solo apparente.
  • In conseguenza della esterovestizione è possibile incorrere sia in sanzioni amministrative che penali.

La pianificazione fiscale è uno strumento, totalmente lecito, con il quale le società decidono di individuare quello che è il regime fiscale che meglio si addice alle proprie esigenze.

La pianificazione può avvenire anche tramite l’esterovestizione, cioè il trasferimento della società in altro Stato, di solito, in quei Paesi noti come paradisi fiscali. Nel seguente articolo, ci occuperemo di come funziona tale meccanismo e, soprattutto, di quando costituisce un illecito.

Che cos’è l’esterovestizione?

L’esterovestizione è una pratica molto comune, soprattutto in un Paese come il nostro, dove le imposte per le imprese e le società sono molto elevate. Questa prassi si identifica con la fittizia localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società. In genere, si sceglie come sede legale fittizia uno Stato con un regime fiscale vantaggioso.

In questo modo, si sottopongono gli utili a una tassazione minore: i redditi esterovestiti sono soprattutto le plusvalenze di cessioni di partecipazioni. D’altra parte, nella prassi, si osservano casi molto disparati di esterovestizione.

Il fenomeno si verifica quando un imprenditore italiano decide di avviare un’impresa all’estero nonostante la sua attività di gestione si trovi in Italia.

Ti consigliamo di approfondire l’argomento leggendo anche: Paradiso fiscale: significato, quali sono e che caratteristiche hanno

Cos'è l'esterovestizione
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Esterovestizione: l’Art. 73 TUIR

L‘articolo 73 del TUIR disciplina gli elementi che devono ricorrere affinché si possa parlare di esterovestizione. In particolare, la norma richiama alcuni criteri, quali la residenza fiscale delle imprese e società.

La residenza fiscale di un ente in Italia si individua in base alle seguenti condizioni:

  • la sede legale della società indicata nell’atto costitutivo o nello statuto è in Italia;
  • la sede amministrativa, ovvero da dove si realizza l’effettiva direzione della società, è in Italia;
  • l’oggetto principale è localizzato in Italia.

In specie, l’art.5 bis dell’articolo 73 prevede che, salvo prova contraria, è residente nello Stato l’Ente controllato da soggetti residenti, o amministrati da un Consiglio di Amministrazione o equivalente i cui membri in prevalenza siano residenti nel territorio dello Stato.

La norma ha introdotto una presunzione legale relativa alla residenza fiscale italiana delle società estere, che sono gestite e amministrate da un soggetto che abbia il centro della propria attività in Italia.

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Quando si applica la presunzione di residenza?

La presunzione di residenza trova applicazione in due casi:

  1. rispetto agli enti e società che controllano società ed enti commerciali residenti in Italia e che siano al contempo controllati direttamente o indirettamente da soggetti residenti, ovvero il cui organo gestore è composto prevalentemente da consiglieri residenti nello Stato;
  2. con riferimento agli enti e società il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio immobiliari e siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia.

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Quando l'esterovestizione è artificiosa

Esterovestizione: quando è abuso del diritto?

Quando un’impresa trasferisce all’estero la propria attività, in linea di principio, non compie nessuna condotta illecita, né elusiva o abusiva. Tuttavia, è ben possibile che si configurino comunque delle condotte parallele illecite. Affinché si possa parlare di una condotta per lo meno scorretta, è necessario che sia integrato l’abuso del diritto.

Per stabilire se vi è stato o meno abuso del diritto è necessario accertare che l’operazione sia posta in essere in modo artificioso e preveda la costituzione di una forma giuridica non corrispondente alla realtà economica. Si può parlare di condotta abusiva quando ricorrono alcuni elementi.

In primo luogo, il principale elemento sintomatico è la natura fittizia della localizzazione all’estero della società. L’impresa deve continuare a svolgere la propria attività in Italia, quindi, nell’altro Paese non devono essere compiuti atti di organizzazione e imprenditoriali in modo stabile e non occasionale.

A tal fine, si verifica:

  • a) il luogo in cui sono prese le decisioni strategiche per la società;
  • b) il luogo dove è prevalentemente svolta l’attività di impresa.

Bisogna poi accertare che, in conseguenza della condotta di estervestizione, l’impresa abbia conseguito un risparmio d’imposta.

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Esterovestizione societaria: esempio

Facciamo un esempio per capire di cosa si sta parlando. Pensiamo ad un imprenditore italiano che decida di trasferire la sua società in un paradiso fiscale per pagare meno tasse. La società ha la sede legale nel paradiso fiscale, ma l’amministrazione e l’attività economica rimangono in Italia. L’amministrazione fiscale italiana, accertata l’esterovestizione, può contestare all’imprenditore il pagamento delle imposte non versate, con interessi e sanzioni.

I criteri per valutare se vi è condotta abusiva sono due, ossia se l’azienda:

  1. risulta formalmente residente all’estero, con atto costitutivo e statuto societario esteri;
  2. presenta determinati presupposti di collegamento (indicati dal TUIR) che collegano la società con il territorio italiano.

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Quando l'esterovestizione integra un reato tributario

Quali sanzioni sono previste per l’esterovestizione?

L’esterovestizione in quanto tale non è una condotta illecita. Il cittadino può pianificare come meglio ritiene opportuno il proprio regime fiscale.

Tuttavia, all’esterovestizione sono spesso legate altre condotte illecite, come:

La società che sposta la propria sede all’estero può incorrere in alcune sanzioni amministrative, quali quelle relative alla mancata:

  • istituzione delle scritture contabili obbligatorie ai fini IVA e delle imposte sui redditi;
  • richiesta di attribuzione del numero di codice fiscale;
  • presentazione della dichiarazione di inizio attività e del luogo di tenuta e conservazione dei libri, registri, le scritture ed i documenti obbligatori;
  • presentazione della dichiarazione annuale dei redditi ai fini IRES;
  • dichiarazione annuale ai fini IVA;
  • presentazione della dichiarazione annuale ai fini IRAP.

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L’esterovestizione è un reato?

Abbiamo detto che l’esterovestizione è spesso collegata ad altre condotte illecite, di cui è sintomo. Può costituire anche un reato?I reati tributari sono perseguiti ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, quindi, se si vuole qualificare l’esterovestizione come reato è necessario ricondurlo ad una delle fattispecie espressamente previste dalla legge in questione.

Laddove l’esterovestizione sia qualificata come un fenomeno evasivo, per esempio, costituirebbe un reato. Tuttavia, come abbiamo già evidenziato, questa prassi comporta l’elusione fiscale o di abuso del diritto, fattispecie che sono penalmente irrilevanti, dando, al più, luogo a sanzioni amministrative.

D’altra parte, se l’esterovestizione comporta fenomeni quali l’omissione di dichiarazione, quindi se si omette di presentare la dichiarazione dei redditi, allora, in questo caso si rientra in una delle ipotesi di reato previste dal D.Lgs. 74.

L’art. 5 D.Lgs. n. 74/2000 dispone che il soggetto sia punito con la reclusione da due a sei anni laddove, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenti, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro cinquantamila.

Se la dichiarazione è presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto, non costituisce reato di omessa dichiarazione.

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Quando l'esterovestizione comporta sanzioni amministrative

Cosa cambia se la società si trasferisce in un Paese UE?

Di recente, la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è occupato di una questione legata all’esterovestizione, cioè se vi siano diversi esiti a seconda che l’esterovestizione sia effettuata in modo da trasferire la società dall’Italia ad un Paese UE.

Con la sentenza n. 1883/2023 la Corte di Cassazione ha confermato quello che era l’orientamento ormai prevalente. Ha sostenuto che la contestazione di esterovestizione deve declinarsi diversamente in base alla circostanza che la società accertata sia o meno residente in uno Stato dell’Unione Europea.

Nel primo caso, infatti, vi è il limite derivante dal principio di libertà di stabilimento, per cui eventuali restrizioni sono ammesse solo in relaziona a costruzioni che siano del tutto artificiose.

La Corte di Cassazione ha affermato che:

il fenomeno dell’esterovestizione delle società è diversamente considerato dall’ordinamento in base alla circostanza secondo cui la società abbia sede in un paese dell’Unione Europea – ove lo stabilimento in un paese appartenente alla stessa per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa in tal caso solo se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato; da quello in cui invece la sede sia fissata in uno stato terzo – ove ricevono in materia fiscale piena applicazione le disposizioni di cui agli artt. 58 del d.P.R. 600/1973 e 73 del TUIR.

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Esterovestizione – Domande frequenti

Che cos’è l’esterovestizione?

L’esterovestizione è la prassi di spostare la società in altro Stato, dove il regime fiscale per le imprese è più favorevole.

L’esterovestizione è sempre un illecito?

L’esterovestizione non è sempre una condotta illecita: diventa tale quando vi è abuso del diritto o quando lo spostamento è del tutto artificioso.

Che sanzioni comporta l’esterovestizione?

L’esterovestizione comporta sanzioni sia amministrative che penali a seconda che la condotta integri, in conseguenza dello spostamento, anche altri fatti illeciti, come l’omissione di dichiarazione dei redditi.

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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