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Ingiusta detenzione: riparazione, tempi, calcolo

Cosa succede se un soggetto è sottoposta a misura cautelare applicata con errore? Come viene risarcito il detenuto? Come si calcola l'indennizzo? Il legislatore ha disciplinato la fattispecie nel codice di procedura penale: ecco come funziona l'ingiusta detenzione.

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  • Gli errori giudiziari possono essere di due tipologie: errore che riguarda la condanna e ingiusta detenzione.
  • I casi più noti in Italia di errore giudiziario hanno riguardato Enzo Tortora e Gigi Sabani. Nel primo caso, si è verificato anche un errore per ingiusta detenzione.
  • Il danno per ingiusta detenzione è di un valore che non può essere superiore ai 500 mila euro circa.

Molto spesso capita di sentire parlare di errori giudiziari. Con questa locuzione si parla di due fattispecie: l’errore giudiziario in senso stretto, che ricorre in caso di condanna erronea, ed errore per ingiusta detenzione, che si ha quando un soggetto è erroneamente sottoposto a misura cautelare. 

Sono diversi i casi conosciuti in Italia di errore giudiziario, tra cui il ben noto episodio che ha riguardato il conduttore televisivo Enzo Tortora. Tuttavia, pochi sanno cosa succede in queste ipotesi.

Nel presente articolo provvederemo ad offrirti un quadro completo della disciplina. Ti spiegheremo la distinzione tra errore giudiziario ed ingiusta detenzione, indicando anche le ipotesi in cui si applica la prima o la seconda fattispecie. 

Illustreremo anche come si calcola l’indennizzo e come deve essere richiesto, oltre che i termini per presentare l’istanza, individuando il giudice competente. 

Ingiusta detenzione: cos’è

La storia è costellata da noti, se non molti, casi di errori giudiziari, ciò in quanto anche la giustizia, come qualsiasi attività condotta dall’uomo, è soggetta a errori, sviste, scelte sbagliate.

Questa tipologia di errore, tuttavia, ha un prezzo molto caro, cioè la libertà degli individui, che possono dover trascorrere, senza alcuna ragione valida, un tempo indeterminato in carcere. In questo caso, all’errore giudiziario può affiancarsi anche l’ingiusta detenzione

La limitazione della libertà di un uomo, d’altra parte, è un fatto grave, che incide sulla psiche e le relazioni sociali. Dunque, per questi soggetti lesi dall’ordinamento italiano necessariamente deve essere previsto un compenso, che tenga conto anche di quanto perduto nell’ambito dei rapporti personali, lavorativi e familiari.

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Ingiusta detenzione: casi

Uno dei più noti casi di errore giudiziario è quello che ha riguardato, negli anni ‘80, il conduttore televisivo Enzo Tortora, all’epoca uno dei più influenti personaggi dello spettacolo. 

Il 17 giugno 1983 Enzo Tortora è, infatti, arrestato dai Carabinieri di Roma, su mandato della Procura di Napoli, con l’accusa di associazione per delinquere. Contro di lui, le dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia, Giovanni Pandico, Giovanni Melluso e Pasquale Barra. Nel 1985 viene perfino condannato in primo grado, per poi essere assolto, prima, in Appello, poi, definitivamente in Cassazione. 

Un altro caso, che ha interessato un personaggio noto del piccolo schermo, ha avuto luogo nell’estate del 1996 e ha riguardato il presentatore televisivo Gigi Sabani, insieme all’amico e collega Valerio Merola. I due furono accusati di condurre provini a luci rosse e porre in essere ricatti sessuali. Verranno prosciolti da ogni accusa: Sabani otterrà un risarcimento di 24 milioni di lire per le false accuse, tuttavia, la carriera lavorativa subì un brusco arresto. Sabani morirà, poi, per un infarto a 54 anni. 

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Errore giudiziario: disciplina e regole

Rispetto all’errore giudiziario, anche la Costituzione prevede un’apposita previsione, all’ultimo comma dell’art. 24 Cost, norma sul diritto di difesa. La disposizione afferma che la legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari. 

Si è, quindi, reso necessario introdurre apposite norme, che sono state collocate nel codice di procedura penale. In particolare, agli artt. 314 e 315 c.p.p si è disciplinata la fattispecie di errore giudiziario. Il diritto alla riparazione del danno da errore giudiziario, poi, è stato riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ossia la nota CEDU.

All’art. 5, la CEDU dispone che ogni persona vittima di arresto o detenzione illegale, in quanto realizzate in violazioni di uno degli articolo della presente convenzione, ha diritto alla riparazione del danno.

Tale diritto è riconosciuto anche dal Patto internazionale sui diritti civili e politici firmato a New York nel 1966; in particolare, all’art. 9 si dispone che chiunque sia stato vittima di un errore giudiziario, ha diritto al risarcimento del danno.

Il codice di procedura attuale prevede poi che un’eventuale ingiustizia formale o sostanziale, che ha comportato custodia in carcere, deve essere compensata, anche senza un previo accertamento dell’eventuale fatto illecito da parte dell’Autorità giudiziaria. 

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Errore giudiziari: i rimedi

Il legislatore, quando prevede la disciplina del danno da errore giudiziario, parla espressamente di riparazione del danno e non di risarcimento. Con riparazione si vuole enfatizzare la funzione compensativa del danno in questione, nascente, inoltre, da attività giudiziaria, quindi da un fatto lecito. Avrebbe una natura indennitaria, più che di risarcimento del danno.

Le tipologie di riparazione previste dall’ordinamento sono:

  • riparazione dell’errore giudiziario emersa in seguito a revisione di una sentenza di condanna, ai sensi degli artt. 643-647 c.p.p.;
  • riparazione per ingiusta detenzione, disciplinata agli artt. 314-315 c.p.p., come applicazione del diritto riconosciuto dall’art. 24 comma ultimo Cost.

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Riparazione dell’errore giudiziario

La prima ipotesi, che possiamo descrivere, è quella di riparazione dell’errore giudiziario emerso in seguito alla celebrazione del procedimento di revisione. In questo caso, una condizione imprescindibile per il risarcimento del danno è la dichiarazione di una sentenza di proscioglimento, ai sensi degli artt. 529, 530 e 531 c.p.p.

Si tratta di pronunce che devono aver riconosciuto un errore giudiziario, contenuto nella sentenza di condanna precedente, emessa all’esito di rito ordinario, alternativo o decreto penale di condanna. Devono essere, però, provvedimenti che nel frattempo sono divenuti irrevocabili. 

La riparazione è concessa anche in caso di proscioglimento:

  • per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova, ai sensi dell’art. 530 comma 2 c.p.p.;
  • fondato su una causa di giustificazione o di non punibilità, anche se ritenuta sussistente in forma dubitativa. 

Il danno non ci calcola anche in considerazione:

  • della parte di pena da espiare per un diverso reato;
  • per il proscioglimento per non imputabilità o non punibilità per altra ragione;
  • per le ipotesi di mancanza della condizione di procedibilità o proseguibilità dell’azione;
  • per le ipotesi di estinzione del reato.

Secondo, poi, la dottrina, dovrebbe anche essere risarcibile l’errore giudiziario causato da errore di fatto, riconosciuto all’esito di un procedimento instaurato per ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p. Anche in questo caso, infatti, si è legittimati a presentare richiesta di revisione.

All’esito del predetto giudizio, potrebbe anche essere solamente ridotta la pena inflitta al condannato per l’errore di fatto, se riparato. In questa ipotesi, dunque, anche la mera modifica della sentenza legittima la riparazione del danno.

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Danno da ingiusta detenzione

La seconda tipologia di danno derivante da errore giudiziario è quello da ingiusta detenzione, che abbiamo citato nei paragrafi introduttivi. La riparazione, in questo caso, è riconosciuta mediante apposito procedimento che si conclude con una pronuncia favorevole per l’imputato, se questo, in precedenza, era stato sottoposto a misura cautelare

In questo caso, l’ordinamento, come previsto dalla Costituzione stessa, riconosce il diritto ad un’equa riparazione per il periodo di detenzione subito, se il soggetto è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché:

  • il fatto non sussiste;
  • non ha commesso il fatto;
  • il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.

Il diritto all’equa riparazione spetta anche al prosciolto o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando, con decisione irrevocabile, risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dal codice di rito.

Inoltre, la riparazione del danno è prevista anche quando è stato adottato un provvedimento di archiviazione in caso di sentenza di non luogo a procedere.

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Danno risarcibile per ingiusta detenzione e arresti domiciliari

Come abbiamo evidenziato, il danno risarcito per ingiusta detenzione non copre ogni restrizione della libertà personale, ma solo quella derivante da custodia cautelare. Quindi, quali ipotesi vi rientrano? Anche in caso di arresti domiciliari è possibile ottenere il risarcimento

A tal proposito, rinviamo alla disciplina dell’art. 313 c.p.p., dal quale è possibile desumere che sia risarcibile il danno da ingiusta detenzione in caso di misura cautelare. Nell’ordinamento interno, si tende ad equiparare la custodia in carcere con altre forme di custodia, come quella in luogo di cura e gli arresti domiciliari.

Dunque, anche in queste due distinte ipotesi, è ammissibile la riparazione per ingiusta detenzione, in quanto sono misure che restringono la libertà personale dell’individuo. Ai sensi dell’art. 313 comma 3 c.p.p., anche le misure di sicurezza illegittimamente disposte in via provvisoria comportano la riparazione per ingiusta detenzione. Non è, invece, previsto indennizzo in caso di misure coercitive non custodiali o di misure interdittive

Sorgono, invece, dei dubbi significativi in caso di obbligo di dimora, soprattutto se accompagnata al divieto accessorio di allontanarsi da casa per molte ore del giorno. In questa ipotesi, infatti, non vi è una significativa restrizione della libertà personale dell’individuo. 

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Come si calcola il danno da ingiusta detenzione?

A differenza del caso dell’errore giudiziario, nell’ipotesi di errore per ingiusta detenzione, il legislatore ha previsto una soglia massima dell’indennità risarcita.

Occorre prendere in considerazione una serie di parametri:

  • la durata della custodia cautelare sofferta; 
  • la modalità di privazione della libertà personale
  • l’assenza di elementi di colpa;
  • le conseguenze personali provocate dalla custodia cautelare;
  • le eventuali conseguenze sulla salute.

La somma massima indennizzabile è di 516.456,90 euro. Come stabilito dalla giurisprudenza, ciascun giorno di ingiusta detenzione è indennizzabile con 235,82 euro. A tale importo si giunge dividendo l’importo massimo, che abbiamo indicato, per la durata massima della custodia cautelare in carcere, che è di sei anni.

Il risarcimento spettante per ogni giorno di ingiusta detenzione si ottiene dividendo l’importo massimo per il termine di 6 anni, espresso però in giorni. Quindi si divide 516.456,90 per 2190, che rappresentano, appunto, i giorni in 6 anni. Il risultato è 235,82

Facciamo un esempio: se la persona è stata ingiustamente vittima di misura per un anno, il risarcimento per ingiusta detenzione è di 235,82 x 365 = 86.074,30.

Ingiusta detenzione: risarcimento dei danni morali

In caso di ingiusta detenzione, è risarcibile anche il danno morale? Essenzialmente, quando si va risarcire il danno per limitazione della libertà personale si tengono in considerazione tre componenti:

  • una patrimoniale: il soggetto potrebbe subire delle perdite patrimoniali laddove non abbia la possibilità di svolgere l’attività lavorativa. Si ricorda, a tal proposito, che possono essere concessi dei permessi lavoro al soggetto sottoposto a misura cautelare;
  • due non patrimoniali, che sono: il danno morale, ossia il danno derivante dal patema d’animo interiore e il danno esistenziale, cioè il danno derivante dal mutamento delle abitudini di vita.

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Chi paga la riparazione del danno?

Il danno da ingiusta detenzione è risarcito dallo Stato, che potrebbe cercare di negare il risarcimento. Per questo, la richiesta di indennizzo deve essere formulata in modo preciso, puntuale ed inattaccabile

Lo Stato prova ad evitare il pagamento dell’indennizzo, sostenendo che è una responsabilità dell’imputato il tempo trascorso in carcere o sottoposto ad altra misura custodiale. Per esempio, potrebbe sostenere che il comportamento del soggetto ha ostacolato il lavoro dell’autorità giudiziaria nella ricerca dei fatti, fornendo informazioni inesatte o poco chiare. 

Esistono, infatti, anche cause di esclusione del danno per ingiusta detenzione, quando il condannato abbia dato o concorso a dare causa allo stato di detenzione, per dolo o colpa grave. 

Danno per ingiusta detenzione: è tassabile?

Il danno da ingiusta detenzione non ha natura risarcitoria quando si tratta di somme liquidate a titolo di lucro cessante da mancata percezione di redditi, in caso di pronuncia di riparazione per ingiusta detenzione o riparazione dell’errore giudiziario. Quindi, esse non vanno tassate, come sostenuto anche dall’Agenzia delle Entrate e dalla giurisprudenza penale.

Sia in caso di errore giudiziario sia di ingiusta detenzione, non si tratterebbe di un risarcimento del danno tout court, ma, come abbiamo detto, di una riparazione basata sul principio di solidarietà sociale

Secondo la Corte di Cassazione (Cassazione penale, sentenze n. 10878/2012, n. 222444/2015, n. 7787/2016), non è tutela risarcitoria in senso stretto perché si deve evitare che i soggetti in questione siano sottoposti a un ulteriore accertamento del danno. 

Il danno, infatti, non deriverebbe da un fatto considerato illecito, ma dall’attività giudiziaria, che è fatto lecito. L’Agenzia delle entrate, in conclusione, alla luce della normativa, della giurisprudenza e delle linee interpretative dell’Avvocatura dello Stato, ritiene che le somme erogate a seguito di pronunce di riparazione pecuniaria per ingiusta detenzione e per errore giudiziario non siano fiscalmente rilevanti.

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Domanda di riparazione del danno

La domanda per la riparazione del danno da ingiusta detenzione  è presentata, personalmente o a mezzo di un procuratore speciale, a pena di inammissibilità, entro due anni da quando:

  • la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta irrevocabile;
  • la sentenza di non luogo a procedere è divenuta inoppugnabile;
  • è stato notificato il provvedimento di archiviazione alla persona nei cui confronti è stato pronunciato ex comma 3 dell’art. 314 c.p.p.

Deve essere presentata presso la cancelleria della Corte di Appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza o il provvedimento di archiviazione che ha definito il procedimento. Nel caso di sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, è competente la Corte di Appello nel cui distretto è stato emesso il provvedimento impugnato; sulla richiesta decide la Corte di Appello con un procedimento in camera di consiglio.  

I tempi per la liquidazione, purtroppo, sono variabili. 

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Ingiusta detenzione – Domande frequenti

Quanto tempo passa per essere risarcito per ingiusta detenzione?

L’istanza per ottenere l’indennizzo per ingiusta detenzione deve essere presentata entro 2 anni dalla sentenza o provvedimento che proscioglie da accuse. I tempi di liquidazione da parte dello Stato sono variabili

Chi paga nei casi di ingiusta detenzione?

Il danno per ingiusta detenzione deve essere liquidato dallo Stato, il quale è responsabile per la misura di custodia applicata erroneamente.

Come chiedere risarcimento per ingiusta detenzione?

L’istanza per l’indennizzo da ingiusta detenzione deve essere presentata la cancelleria della Corte di Appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza o il provvedimento di archiviazione che ha definito il procedimento.

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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