Codici identificativi agenti: in quali Paesi europei sono in vigore?
Quali sono i motivi per i quali in Italia non c'è ancora una legge sui codici identificativi degli agenti di Polizia che svolgono funzioni di ordine pubblico e in quali Stati UE è invece in vigore.
Le immagini di qualche giorno fa, degli studenti che a Pisa sono stati presi a manganellate dalle Forze dell’Ordine durante una manifestazione pro Palestina, hanno riacceso il dibattito pubblico sui codici identificativi degli agenti.
La presenza di un codice di identificazione sulle divise degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico è già in vigore nella maggior parte degli Stati dell’Unione europea, mentre in Italia si sono susseguite diverse proposte negli anni, trasformatesi tutte in un nulla di fatto.
Quali sono i motivi per i quali si fa così fatica in Italia a introdurre i codici identificativi degli agenti, a sostegno dei quali si sono schierati diversi esponenti politici e organizzazioni, in primis Amnesty International? Vediamo di seguito di capire quali sono i casi in cui la Polizia può legittimamente usare la forza e quali sono stati i tentativi per approvare una legge in materia.
- Cosa sono i codici identificativi degli agenti
- A cosa servono i codici identificativi degli agenti
- Quando la Polizia può usare la forza
- Uso dei mezzi di coazione e armi durante la manifestazioni
- Codici identificativi in Italia: i disegni di legge
- In quali Stati europei ci sono i codici identificativi per le Forze dell’ordine?
Cosa sono i codici identificativi degli agenti
L’introduzione dei codici identificativi (numerici o alfanumerici) costituirebbe un’integrazione alla normativa attualmente in vigore sulle divise e l’armamento delle forze di polizia.
Tali codici sarebbe stampati sulle divise degli agenti che si occupano di ordine pubblico – quelli che di solito sono presenti nel corso di una manifestazione, per esempio – senza alcuna distinzione di ordine e grado.
I codici dovrebbero essere visibili a distanza, quindi posizionati:
- sulle uniformi e sui caschi protettivi;
- sui dispositivi di riconoscimento per quegli agenti che sono esonerati dall’obbligo di divisa.
LEGGI ANCHE Caso Salis: tra opinione pubblica e norme di diritto
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere
A cosa servono i codici identificativi degli agenti
In questo momento, in Italia non esiste un’istituzione indipendente che si occupa di controllare e monitorare il comportamento degli agenti di polizia. Chi controlla quindi i controllori?
Negli anni, sono stati diversi i casi in cui, nell’ipotesi di responsabilità penale da parte di un agente delle forze di polizia, sia stato estremamente difficile riuscire a individuare la sua identità – il caso più emblematica è il G8 di Genova del 2001.
Di conseguenza, tali agenti sono rimasti impuniti o per effetto della prescrizione o per l’impossibilità di risalire alla loro indentità, sebbene la loro condotta non sia stata conforme a quanto previsto nel Codice penale in relazione ai casi in cui gli agenti possono usare la forza e le armi.
Il codice identificativo rappresenterebbe uno strumento per avere una tutela legale contro l’uso illegale della forza da parte degli agenti di polizia. Quali sono allora i casi in cui la Polizia può reagire usando le armi o qualsiasi altro mezzo di coazione fisica?
LEGGI ANCHE Cosa può fare la Polizia quando ti ferma?
Quando la Polizia può usare la forza
Ai sensi dell’art. 53 del codice penale, un Pubblico ufficiale autorizzato a usare le armi e altri mezzi di coazione fisica non è punibile quando è costretto a utilizzarle per respingere una violenza o vincere una resistenza all’Autorità.
Per coazione si intende la limitazione della libertà altrui mediante la forza: sono per esempio mezzi di coazione fisica i gas lacrimogeni, le bombe stordenti, l’acqua lanciata con degli idranti.
Un altro caso in cui è tenuto a intervenire è quello in cui la sua condotta potrebbe impedire che avvengano reati quali quello di strage, naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata, sequestro di persona.
Nei fatti, dunque, l’uso delle forza deve essere necessario e proporzionato. Gli altri casi in cui è possibile usare le armi o altri mezzi di coazione fisica sono determinati dalla legge. Si tratta per esempio del caso in cui si debba:
- impedire un passaggio abusivo attraverso valichi di frontiera non autorizzati;
- ostacolare l’evasione di detenuti o la violenza tra gli stessi.
Potrebbe interessarti anche Misure alternative alla detenzione: quando si possono chiedere
Stato di necessità e legittima difesa
L’uso della forza da parte degli agenti di polizia, dunque, deve essere eccezionale e avvenire nel rispetto dei principi di legalità, necessità e proporzionalità.
L’art. 54 del codice penale disciplina invece lo stato di necessità, ovvero il caso in cui non può essere punito colui che reagisce per salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla sua persona, pericolo che non può essere evitato e che non è stato volontariamente causato.
Questa disposizione si applica anche al caso in cui lo stato di necessità sia determinato da una minaccia altrui, nei casi in cui tale minaccia sia seria, grave e non evitabile.
La legittima difesa (art. 52 cp), invece, prevede che non sia punibile chi abbia commesso il fatto perché costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, a condizione che la difesa sia proporzionale all’offesa.
LEGGI ANCHE Polizia morale: in quali Paesi esiste e come opera
Uso dei mezzi di coazione e armi durante la manifestazioni
Quando le forze di polizia intervengono nel corso di una manifestazione, il loro approccio deve essere di supporto e non intimidatorio. Per questo motivo, non si dovrebbe schierare un numero di agenti eccessivo, in quanto potrebbe essere percepito come una minaccia.
Prima di ricorrere all’uso dei mezzi di coazione fisica, che possono essere utilizzati soltanto nei casi di violenza diffusa e solo quando non sia più possibile gestire in altro modo la violenza, la polizia deve dare un chiaro avvertimento che consenta a chi partecipa alla manifestazione di allontanarsi.
Facciamo qualche esempio:
- i gas lacrimogeni non si possono utilizzare nei casi in cui le persone siano confinate in un’area o in modo da causare danni duraturi alla salute di chi manifesta o dei passanti;
- i manganelli non possono essere usati per disperdere un raduno pacifico o contro le persone che stanno opponendo una resistenza passiva;
- i proiettili di gomma non devono essere sparati casualmente sulla folla né essere utilizzati per colpire un obiettivo facendoli rimbalzare sul terreno;
- non si possono utilizzare le armi da fuoco come mezzo per disperdere la folla;
- si può ricorrere ai cannoni ad acqua solo quando la violenza è talmente grave e diffusa che non sia possibile ricorrere ad altri metodi.
Potrebbe interessarti anche Quali sono i Paesi nel mondo che prevedono la pena di morte?
Codici identificativi in Italia: i disegni di legge
Ci sono stati diversi diversi di legge a favore dell’introduzione dei codici identificativi degli agenti, come il ddl S. 803 del 6 giugno 2013, il ddl S. 1307 del 13 febbraio 2014, il ddl S. 133726 febbraio 2014, il ddl S. 1412 del 25 marzo 2014.
Lo stesso Parlamento europeo ha, nel 2012, con la raccomandazione n. 192, invitato gli Stati membri a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo.
È del 2022, invece, il disegno di legge presentato dalla senatrice Iliaria Cucchi, in materia di bodycam e identificazione del personale delle Forze di polizia in servizio di ordine pubblico.
LEGGI ANCHE Quanti tipi di Polizia ci sono in Italia?
Ddl Ilaria Cucchi
Il testo del ddl prevedeva, all’articolo 2, l’obbligo per le Forze dell’Ordine di essere dotati di un codice identificativo alfanumerico da apporre sul casco, la divisa e il corpetto protettivo.
Tale articolo prevedeva che:
1. Al fine di consentire l’identificazione del personale di cui all’articolo 1, ogni operatore è dotato di un codice individuale identificativo alfanumerico.
2. Il codice di cui al comma 1, è composto da due lettere e tre numeri ed è di materiale atto a consentirne la visibilità da almeno 10 metri e in condizioni di scarsa illuminazione.
3. Il codice di cui al comma 1, è riportato sul fronte, sui due lati e sulla parte posteriore del casco di protezione in dotazione a ogni operatore. Il medesimo codice deve essere riportato anche sull’uniforme di servizio, sia sul petto che sul dorso, nonché sul corpetto protettivo.
Potrebbe interessarti anche Polizia locale e municipale: le differenze
In quali Stati europei ci sono i codici identificativi per le Forze dell’ordine?
Come riportato da Amnesty International, la maggior parte gli Stati membri UE ha adeguato la normativa nazionale alle richieste dell’Unione europea introducendo i codici identificativi degli agenti impegnati in attività di ordine pubblico.
In particolare, tali codici sono attualmente obbligatori in:
- Belgio;
- Bulgaria;
- Croazia;
- Danimarca;
- Estonia;
- Finlandia;
- Francia;
- Grecia;
- Irlanda;
- Lettonia;
- Lituania;
- Malta;
- Polonia;
- Portogallo;
- Repubblica Ceca;
- Romania;
- Slovacchia;
- Slovenia;
- Spagna.
Secondo Amnesty International Italia, che nel 2002 ha presentato al Capo della Polizia e direttore Generale della Pubblica Sicurezza, prefetto Lamberto Giannini, una petizione per l’introduzione di una legge sui codici identificativi degli agenti, una normativa che sia in linea con gli standard internazionali è ormai urgente. Permetterebbe infatti di garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo e dimostrerebbe, a livello internazionale, l’impegno dell’Italia nella prevenzione dalle violazioni dei diritti umani.
LEGGI ANCHE Cosa è il vitalizio del parlamentare in Italia?
Codici identificativi agenti: la battaglia in Parlamento
«I codici identificativi non ci saranno mai. Servirebbero solo per false denunce»: sono le parole concise e perentorie di Maurizio Gasparri, secondo il quale i codici identificativi e altri strumenti vessatori potrebbero essere utilizzati da gruppi estremisti per campagne contro le forze di polizia. Le sue parole riassumono quella che è la posizione della destra.
I numeri identificativi delle Forze dell’ordine, però, non tutelerebbero soltanto i manifestanti, ma tutti gli appartenenti delle forze dell’ordine che svolgono con serietà il proprio lavoro. Così replica l’opposizione, fiduciosa che una legge sulle bodycam e il numero identificativo degli agenti rappresenti l’espressione democratica del dissenso.
Nel frattempo, tra Camera e Senato sono stati depositati ben 5 testi da inizio legislatura nei quali si prevede l’introduzione del codice identificativo alfanumerico e di relative sanzioni qualora la previsione non venga rispettata o il codice sia nascosto.
E intanto tutto resta immobile, almeno fino alla prossima manifestazione in cui altri agenti di polizia utilizzeranno la forza in modo sproporzionato contro la folla, ma sarà impossibile procedere alla loro identificazione.
LEGGI ANCHE Come funzionano le elezioni del Parlamento europeo
Vuoi una consulenza legale sull'argomento? Chiedi Gratis ad un Avvocato
- +3000 avvocati pronti ad ascoltarti
- Consulenza Legale Online - Telefonica, in webcam, scritta o semplice preventivo gratuito
- Anonimato e Riservatezza - La tua consulenza verrà letta solo dall'avvocato che accetterà di rispondere