La convivenza prematrimoniale rileva ai fini della quantificazione dell’ass...

Il trattamento di fine rapporto, nome come TFR, è una cifra che spetta al lavoratore dipendente al termine del suo rapporto di lavoro. Il TFR viene chiamato spesso anche liquidazione.
La legge italiana prevede che in caso di divorzio uno dei coniugi – quello che sta meglio dal punto di vista economico – è tenuto a versare un assegno divorziale all’ex coniuge, fatta eccezione per il caso in cui quest’ultimo si fosse risposato.
Come funziona, invece, a proposito del TFR? Il lavoratore che lo riceverà dovrà versare all’altro coniuge una parte di tale importo? La questione è disciplinata dalla legge del 12 marzo 1987, che ha fatto sì che venissero apportate delle modifiche anche alla legge sul divorzio. Analizziamo le casistiche che si verificano in caso di divorzio oppure in quello di separazione.
La legge sul divorzio in Italia prevede che in caso di divorzio, quindi nel momento in cui si verifica lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il coniuge che sia titolare di un assegno di mantenimento abbia anche diritto a una percentuale del TFR spettante all’altro coniuge in caso di cessazione del rapporto di lavoro: vi è compresa l’ipotesi in cui l’importo venga maturato in seguito alla sentenza di divorzio.
Come si calcola la percentuale del TFR spettante al coniuge? Per legge corrisponde al 40% dell’indennità totale riferita agli anni di corrispondenza tra il rapporto di lavoro e il matrimonio: non vengono dunque inclusi gli anni in cui è stato maturato il TFR nei quali non si era sposati.
A tal proposito, sono sorte diverse questioni in relazione alla nozione di “durata del matrimonio” da utilizzare per quantificare l’indennità. La Giurisprudenza ha decretato in diverse sentenze che bisogna prendere in considerazione la durata legale del matrimonio, in modo tale da poter considerare anche i periodi di separazione, ovvero quelli nei quali non si convive più sotto lo stesso tetto.
La stessa Corte Costituzionale ha confermato che il contributo dato dell’ex coniuge alla famiglia e alla formazione del patrimonio deve essere considerato in relazione all’intera durata del matrimonio, che non cessa con il verificarsi della separazione.
Affinché il TFR si possa aggiungere alle altre tutele che sono previste dalla legge sul divorzio, ovvero l’assegno divorzile, un eventuale assegno successorio e la pensione di reversibilità, e che si possa ricevere il 40% del TFR calcolato sugli anni in cui il rapporto di lavoro ha coinciso con il matrimonio, devono essere presenti alcune condizioni essenziali.
Nello specifico, si tratta del fatto che:
Da un punto di vista pratico, il TFR potrà maturare sia prima sia dopo la pronuncia della sentenza di divorzio:
Con l’ordinanza n. 7239/2018, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un un coniuge relativo a un caso in cui la Corte di Appello di Lecce aveva negato il diritto a ricevere la quota del TFR in quanto tale diritto era sorto prima della domanda di assegno divorzile, la quale, come abbiamo detto, rappresenta uno dei presupposti da possedere per ricevere il trattamento di fine rapporto.
Nella pratica:
La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte di Appello di Lecce, ribadendo così che la quota del TFR non spetta se il diritto sorge prima della domanda di assegno divorzile.
Cosa succede, invece, al trattamento di fine rapporto nel caso di mera separazione? L’ex coniuge ne ha diritto o la regola prevede che possa essere ricevuto solo in caso di divorzio?
In base a quanto detto finora, il trattamento di fine rapporto spetta quando i coniugi abbiano ottenuto una sentenza di divorzio, a patto di possedere i presupposti sopra citati . Nel caso in cui il TFR sia stato maturato durante il periodo della separazione, è possibile avervi accesso? La giurisprudenza ha confermato che il diritto al TFR spetti soltanto nel caso di divorzio.
Ricapitolando:
Sul tema del diritto a ricevere una quota del TFR da parte dell’ex coniuge in caso di divorzio o separazione è intervenuta la stessa Corte di Cassazione, la quale ha precisato che:
Un altro scenario che si potrebbe verificare è quello in cui l’ex coniuge muoia. Cosa succede in questo caso a proposito della quota del TFR? La Corte di Cassazione ha stabilito che:
In quest’ultimo caso, il TFR dovrebbe spettare sia al coniuge superstite, sia all’ex coniuge: sarà il giudice a ripartire la quota dell’indennità spettante a entrambi, sulla base della durata dei rispettivi matrimoni.
La legge italiana prevede che il TFR spetti solo in caso di divorzio: è molto importante capire quando il TFR è stato maturato per avere la certezza di poterlo ricevere.
Per ricevere il TFR dell’ex coniuge in caso di divorzio è necessario essere in possesso di due presupposti indispensabili, in mancanza dei quali non si avrà diritto al trattamento di fine rapporto.
La quota è pari al 40% del TFR che è stato maturato negli anni relativi a tutta la durata del matrimonio, che comprende anche i periodi di separazione.