Patto commissorio: cos’è, esempio e perché è vietato
Quali sono i motivi per i quali il patto commissorio è stato vietato con le clausole di nullità previste nel codice civile e perché, invece, il patto marciano è lecito.
- Il patto commissorio è un accordo con il quale si garantisce il finanziamento con un bene, in genere, immobile.
- L’ordinamento vieta espressamente il patto commissorio accessorio ad altra garanzia; si estende però il divieto anche alla vendita e alla cessione di credito con la funzione di garanzia.
- Il patto marciano, invece, è una clausola che consente di riequilibrare il patto commissorio, prevedendo la restituzione del valore del bene che eccede il credito.
Il patto commissorio è un accordo in base al quale in caso di inadempimento da parte di un soggetto debitore, il diritto o il bene dato in garanzia passa in automatico al creditore.
Esso è stato vietato in modo diretto con gli articoli 1963 e 2744 del Codice civile: la giurisprudenza ha molto discusso sulla natura, la funzione e la ragione del divieto di patto commissorio.
In questo articolo, ne analizzeremo la disciplina e le possibili implicazioni, specificando come e se è possibile superare il divieto del patto commissorio, soprattutto inserendo la c.d. clausola marciana.
Divieto del patto commissione nel codice civile
Il divieto è disciplinato dall’articolo 2744 c.c., nel quale è previsto che:
È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno.
Nella pratica, il patto commissorio è vietato nelle condizioni di nullità, anche quando non accede a garanzie reali, come il pegno e l’ipoteca.
Norma analoga è prevista anche all’articolo 1963 c.c. – titolato Divieto del patto commissorio – con riferimento il quale recita che:
È nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito.
Le due forme di patto commissorio sono considerate non autonome. Tali patti, infatti, sono accessori, in un primo caso, ad un’ipoteca, in un secondo all’anticresi, ovvero il contratto nel quale un creditore garantisce un credito mettendo a disposizione un immobile.
Tuttavia, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che il patto commissorio autonomo sia nullo anche in quei casi che non sono espressamente previsti dalla legge, in cui la garanzia non riguarda un trasferimento del diritto di proprietà, bensì di un altro diritto reale di godimento – come l’usufrutto.
Infatti, si ritiene che ad essere vietato dalle disposizioni sia il risultato finale, cioè il trasferimento di un bene in conseguenza dell’inadempimento, quindi un trasferimento con funzione di garanzia.
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Patto commissorio: esempio
Prendendo come esempio un contratto, il patto commissorio consiste in una clausola che rafforza il diritto di credito, quindi la possibilità che il creditore venga soddisfatto nell’ipotesi di inadempimento da parte del debitore.
In questo modo, alla scadenza del termine fissato per il pagamento del debito, il creditore acquista il diritto di potersi appropriare del bene.
Il patto commissorio viene vietato dalla legge tramite l’indicazione delle condizioni di nullità. Quello che si cerca di fare, nei fatti, è di evitare il proliferare di situazioni debitorie e che i creditori si arricchiscano in modo spropositato nei confronti dei debitori.
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Perché il patto commissorio è vietato?
La dottrina si è molto interrogata per dare una spiegazione al divieto di patto commissorio. Sono state individuate diverse ragioni:
- deroga alla tutela esecutiva statale: secondo un primo indirizzo, il patto commissorio comporta una forma di tutela esecutiva, cioè il creditore si rivale in caso di inadempimento direttamente sul bene oggetto del patto. Questo normalmente può essere fatto con una procedura esecutiva, come il pignoramento, con la partecipazione di un giudice e un ufficiale giudiziario;
- parità di trattamento tra i creditori: il creditore che conclude il patto è, inevitabilmente, preferito rispetto a tutti gli altri creditori, in tal modo violando il principio di parcondicio creditorum;
- tutela del debitore: il divieto ha la funzione di tutelare il debitore. Questo potrebbe essere indotto a promettere in garanzia un bene di valore superiore al credito, nella speranza di adempiere. Quindi il creditore potrebbe anche abusare della posizione di svantaggio del debitore.
Tra le tre ragioni che abbiamo esposto, qual è l’effettiva ratio del divieto? La dottrina e la giurisprudenza tendono ad accoglierne una in particolare.
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1. Deroga alla tutela esecutiva statale
Per quanto riguarda la prima, cioè la deroga alla tutela esecutiva statuale, si è detto che questa non può essere la ragione prevalente. Infatti, l’ordinamento conosce diverse ipotesi di autotutela esecutiva, anche perché hanno una funzione deflattiva del contenzioso, cioè consentono di ridurre il carico di lavoro nei tribunali, con un evidente effetto positivo per la collettività.
Tra le forme di autotutela esecutiva vi sono:
- la vendita o assegnazione stragiudiziale;
- il trasferimento dei beni al creditore;
- il pegno irregolare, che prevede una forma di autotutela esecutiva.
Questi istituti, consentono anche di incentivare l’erogazione del credito. Infatti, non dovendo agire in via giudiziale, il creditore è indotto a concedere il finanziamento.
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2. Parità di trattamento dei creditori
Per quanto riguarda, invece, la seconda ragione, come si è detto:
- nel caso di patto commissorio accessorio ad ipoteca, questa già deroga alla parità tra i creditori;
- in ogni caso, sempre più di frequente l’ordinamento ammette istituti che derogano a predetto principio, come nel caso di vincoli di destinazione (sul punto vedi anche: Associazioni non riconosciute: che differenza c’è con le associazioni riconosciute).
3. Tutela del debitore
Si conclude, quindi, che la principale ragione del divieto è da individuare nella necessità di garantire tutela al debitore da abusi del creditore.
Patto commissorio datio in solutum
Datio in solutum è un’espressione utilizzata quando, in seguito a un accordo negoziale, la parte che ha offerto una garanzia offre all’altra parte – in modo spontaneo – l’alienazione del bene oggetto della garanzia.
In tal modo:
- il trasferimento della proprietà non avviene in automatico;
- non viene violato in alcun modo il divieto del patto commissorio.
Però si è anche detto che la datio in solutum, sostanzialmente, produce un effetto quasi equivalente. Il patto commissorio costituirebbe una sorta di datio programmata. Allora perché il patto è vietato, ma non anche la datio?
La risposta a questa domanda si rintraccia proprio nella ragione giustificativa del divieto di patto commissorio, cioè la tutela del debitore. Nel caso della datio in solutum, il debitore promette il trasferimento del bene nel momento in cui si verifica l’inadempimento. In questo caso, quindi, non sussiste il rischio di abuso da parte del creditore, perché il debitore è ben consapevole dell’operazione economica che sta ponendo in essere.
Patto commissorio e clausola penale
Un altro paragone che possiamo fare è tra patto commissorio e clausola penale, disciplinata all’art. 1382 c.c.. Questa è inserita nei contratti e impone alla parte inadempiente di pagare una somma a titolo di risarcimento del danno forfettario.
Anche il patto commissorio ha questa funzione, con la differenza che non è pagata una somma di denaro, ma è trasferito un bene. Quindi, è una sorta di clausola penale reale.
Tuttavia, a differenza della penale, non è prevista la riduzione ad equità. Infatti, l’art. 1382 c.c. prevede che il giudice possa ridurre il valore della clausola penale, se è sproporzionata. Tale previsione, invece, non è contemplata nel caso di patto commissorio.
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Differenza tra patto commissorio e patto marciano
Il patto marciano, che è lecito, assicura al creditore la funzione di garanzia prevista dal patto commissorio, ma in modo differente.
In pratica, viene prevista, per il debitore, una clausola di giusta stima, al fine di impedire che avvenga un arricchimento indebito (e molto probabile) a suo svantaggio. Questa stima deve essere:
- effettuata da un soggetto terzo al momento dell’inadempimento;
- secondo parametri e criteri determinati all’inadempimento dal soggetto terzo.
Tale giusta stima, realizzata alla predette condizioni, consiste nella valutazione del bene oggetto del trasferimento da parte di un soggetto terzo, la quale avviene in un momento successivo, ovvero quando si verifica l’inadempimento. Il creditore è poi tenuto a restituire al debitore la parte del valore del bene che supera il credito.
La previsione della stima consente di superare l’abuso del debitore. Anche le modalità di stima hanno questa funzione: se le parti si accordassero sulla stima o sui criteri, infatti, potrebbero comunque realizzare una forma di abuso, avente ad oggetto i criteri.
Il legislatore prevede poi una serie di ipotesi tipiche di patto marciano. Possiamo quindi chiederci se queste siano tassative, cioè se possono essere conclusi solo questi accordi, oppure se è possibile inserire un patto marciano in qualsiasi patto commissorio.
Analizziamo dunque:
- le ipotesi tipiche del patto marciano;
- l’estensione del patto marciano a qualsiasi patto commissorio
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1. Patto marciano: le ipotesi tipiche
Come abbiamo evidenziato nel precedente paragrafo, il legislatore ha previsto una serie di ipotesi tipiche di patto marciano. In particolare, ricordiamo:
- A) Prestito vitalizio ipotecario: è un patto che è accessorio all’ipoteca, ovvero un prestito garantito da ipoteca immobiliare. Lo possono richiedere i soggetti di età superiore ai 70, che non possono accedere ai canali ordinari, perché potrebbero morire prima della restituzione del finanziamento erogato;
- B) Finanziamento immobiliare ai consumatori: il 120 quinques del Tub prevede il finanziamento a un consumatore garantito da ipoteca sulla proprietà avente ad oggetto immobili residenziali o finalizzato alla conservazione della proprietà sull’immobile. Potrebbe essere anche funzionale ad acquistare una casa, o ad altra causa, ma con garanzia su un immobile. Dunque, non è necessariamente funzionale ad acquistare la casa;
- C) Finanziamento immobiliare alle imprese: in questo caso non c’è ipoteca, è un patto commissorio autonomo, cioè un contratto di finanziamento garantito al trasferimento di un immobile, condizionato all’inadempimento. Se l’impresa non paga, si avvera la condizione sospensiva e quindi si trasferisca il bene immobile.
In tutte queste ipotesi, il legislatore prevede un patto marciano con la funzione di facilitare l’accesso al credito. Sono casi in cui vi è un interesse che si vuole tutelare, come consentire l’acquisto della prima casa o incentivare il consumatore.
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2. Estensione del patto marciano: quando è possibile
Altra questione che si è posta è se sia possibile estendere il patto marciano ad altre ipotesi di patto commissorio, cioè se è possibile inserire una clausola marciana al di là delle ipotesi previste dalla legge.
Secondo un primo orientamento, i marciani tipici sono eccezione derogatoria al patto commissorio, per questa ragione sono casi eccezionali. Altri orientamenti, invece, ne ammettono l’estensione:
- un primo orientamento sostiene che le parti possono accordarsi prevedendo una clausola marciana nel patto commissorio;
- un secondo orientamento, invece, prevede che anche in assenza di accordo specifico delle parti, il marciano è automaticamente inserito in ogni contratto costituente patto commissorio.
Su questo punto, le spiegazioni espresse dalla dottrina sono che:
- la causa del patto commissorio è garantire il credito. Quindi, il trasferimento del valore del bene che supera il valore del credito non è sorretto dalla causa. Dunque, il trasferimento è invalido per la parte che eccede il credito;
- il patto commissorio senza clausola marciana è nullo e si converte in un contratto che ha effetti equivalenti ai sensi dell’art. 1419 c.c.
In sintesi, questo orientamento sostiene che anche se la clausola marciana non è espressamente prevista, è come se fosse implicitamente prevista. Inoltre, si evidenzia anche che, in questo caso, la clausola marciana elimina il rischio di abuso, quindi rende il patto commissorio valido.
Cessione del credito a scopo di garanzia
Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1 del decreto legislativo n. 170/2004, il divieto del patto commissorio non si applica nel caso di contratti di garanzia, ovvero:
il contratto di pegno o il contratto di cessione del credito o di trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garantire l’adempimento di obbligazioni finanziarie.
All’articolo 6 dello stesso decreto, si legge inoltre che
Ai contratti di garanzia finanziaria che prevedono il trasferimento della proprietà con funzione di garanzia, compresi i contratti di pronti contro termine, non si applica l’articolo 2744 del codice civile
Vendita a scopo di garanzia e patto commissorio
Molto spesso i contratti di alienazione – quali la vendita – si utilizzano a scopo di garanzia per far sì che il creditore possa ottenere quanto gli spetta in caso di inadempimento da parte del debitore. Le alienazioni di garanzia sono nulle quando utilizzate con questo scopo, in quanto rientrano nel divieto del patto commissorio. A confermarlo sono state diverse sentenza della Cassazione a Sezioni unite.
Inizialmente, con riferimento alla vendita e al rapporto con il patto commissorio autonomo, la giurisprudenza aveva introdotto una distinzione. Aveva sostenuto che la norma vietava l’ipotesi in cui il trasferimento fosse sospensivamente condizionato all’inadempimento. Ciò significa, in altri termini, che la clausola inserita nel contratto comportava il trasferimento definitivo del bene solo nel momento in cui si fosse realizzato l’inadempimento.
In questo caso, il bene non è trasferito immediatamente, ma viene trasferito in dipendenza dall’inadempimento. Nel frattempo, il bene resta di proprietà del debitore e solo con l’inadempimento opera l’effetto traslativo.
Un’altra teoria prevedeva che fuoriesca dall’ambito di applicazione del divieto l’ipotesi in cui il trasferimento sia immediato, ma risolutamente condizionato all’inadempimento del debitore. Questo si verifica quando si inserisce nel contratto una condizione per cui, se il debitore adempie, il contratto di vendita è automaticamente risolto.
In tale ipotesi, invece, non si produceva il trasferimento in conseguenza dell’inadempimento, quindi non rientrava nel divieto di patto commissorio.
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Distinzione solo formale
Questo distinzione, elaborata dalla giurisprudenza negli anni ’80, derivava dalla lettura dell’art. 2744 c.c. il quale dice letteralmente che in caso di inadempimento, la proprietà della cosa passa al creditore. Quindi si descrive un negozio in cui l’effetto traslativo è subordinato all’inadempimento.
Se l’effetto è immediato e non è conseguenza dell’inadempimento e il debitore grazie all’adempimento riesce a riottenere la cosa, riteneva che questo fosse un risultato vietato dall’art. 2744 c.c. In realtà il risultato, anche in questa ipotesi, non cambia: in entrambi i casi abbiamo un negozio che ha come effetto quello di consolidare definitivamente l’effetto traslativo con l’inadempimento.
L’effetto traslativo può anche essere immediato, ancora risolubile: è solo con l’inadempimento che si consolida. Quindi la distinzione tra condizione sospensiva e risolutiva era soltanto una distinzione formale. Sul piano della sostanza economica dell’operazione negoziale, in entrambi i casi viene in rilievo un trasferimento con funzione di garanzia, la cui giustificazione causale è garantire l’adempimento al creditore. Per questa ragione si considera comunque vietato dall’art. 2744 c.c.
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Patto commissorio – Domande frequenti
Il divieto del patto commissorio impedisce che in caso di inadempimento di un debito, il diritto o il bene alienato passi in automatico al creditore.
Il patto marciano è un istituto che garantisce al creditore il diritto di soddisfarsi in caso di inadempimento, tutelando però anche il debitore, cosa che non accade nel patto commissorio.
Secondo l’orientamento prevalente, è possibile inserire in ogni patto commissorio un patto marciano, al fine di incentivare la concessione di finanziamenti e crediti.
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