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Detenzione domiciliare: cos’è, regole, permessi

Detenzione domiciliare e arresti domiciliari non sono la stessa cosa, nonostante spesso i due termini vengano confusi. Vediamo in cosa consiste la detenzione domiciliare e cosa è possibile fare.

detenzione domiciliare cos'è
  • La detenzione domiciliare si distingue dagli arresti domiciliari. La prima, infatti, è una pena, mentre la seconda è misura cautelare.
  • La detenzione domiciliare presuppone che il soggetto possa espiare la pena presso il proprio domicilio o altro luogo di privata dimora.
  • Il legislatore ha di recente modificato la disciplina, introducendo la detenzione domiciliare sostitutiva.

La detenzione domiciliare è una modalità alternativa di esecuzione della pena, in base alla quale il soggetto è detenuto presso il proprio domicilio. La fattispecie è stata modificata molteplici volte nel corso degli anni: sono state infatti introdotte diverse varianti dello stesso istituto. 

Di recente, la Riforma Cartabia ha ulteriormente esteso l’ambito di applicazione della detenzione domiciliare, modificandola in modo da adeguare le esigenze del condannato.

Nel seguente articolo, ti daremo le principali nozioni in tema di detenzione domiciliare. Esamineremo molti aspetti, dalla riforma alle caratteristiche salienti della detenzione domiciliare ordinaria

Detenzione domiciliare e arresti domiciliari: differenza

Prima di approfondire l’argomento, potrebbe essere utile ricordare la differenza esistente tra la detenzione domiciliare e gli arresti domiciliari, due misure che vengono spesso confuse, in relazione alla somiglianza dei termini. 

Come abbiamo precisato, la detenzione domiciliare è una misura alternativa di espiazione della pena detentiva, mentre gli arresti domiciliari sono una misura cautelare di tipo personale

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Detenzione domiciliare: cos’è

La detenzione domiciliare è un istituto che consente al condannato di eseguire la pena detentiva non in carcere, ma presso la propria abitazione o altro luogo di privata dimora o in un luogo di cura e di assistenza. La detenzione domiciliare è un regime di espiazione della pena, non è una misura cautelare, sebbene l’ordinamento abbia previsto una misura cautelare equivalente. 

Le misure alternative sono state disciplinate dalla legge n. 354 del 26 luglio 1975, normativa che non prevedeva tra le misure alternative alla pena detentiva la detenzione domiciliare, mentre erano già presenti la semilibertà, la liberazione anticipata e l’affidamento in prova ai servizi sociali.

Attualmente invece, esistono diverse tipologie di detenzione domiciliare, che può essere:

  • ordinaria;
  • speciale;
  • prevista per i soggetti affetti da AIDS conclamata o affetti da grave immunodeficienza.

Potresti anche essere interessato a leggere: Art. 41 bis: cos’è e cosa prevede il carcere duro

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Detenzione domiciliare ordinaria: cos’è

La legge Gozzini del 1986 ha introdotto la detenzione domiciliare ordinaria, all’art. 47-ter dell’ordinamento penitenziario L’istituto è stato poi più volte modificato negli anni. Tale istituto consente al condannato di espiare la pena detentiva o la parte residua presso la propria abitazione o altro luogo di privata dimora o anche luogo di cura, diverso dall’istituto penitenziario. 

L’accesso alla misura è consentito ad alcuni specifici detenuti, ovvero:

  • coloro i quali abbiano compiuto i 70 anni di età, purché non siano stati condannati per reati cosiddetti a sfondo sessuale (ex artt. 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p.). Non beneficiano della misura alternativa alla detenzione i detenuti dichiarati delinquenti abituali, professionali o recidivi ai sensi dell’art. 99 c.p.;
  • soggetti condannati alla pena della reclusione non superiore ad anni 4 (anche costituente residuo di maggior pena) che siano donne incinta o madri di prole di età non superiore a 10 anni con esse conviventi, persone che versano in uno stato di salute particolarmente grave da necessitare di costanti contatti con i presidi sanitari del territorio, persone che abbiano compiuto i 60 anni di età e affetti da patologie gravi o parzialmente invalidanti, persone che non abbiano compiuto i 21 anni di età, per motivi di lavoro, famiglia, salute e studio;
  • condannati alla pena detentiva non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena. La detenzione domiciliare non può essere concessa ai condannati per i reati di cui all’art. 4-bis o.p.

Nel 2018 è stata poi dichiarata costituzionalmente illegittima la norma che prevedeva la possibilità di accedere alla misura della detenzione domiciliare anche al padre esercente la potestà genitoriale su figlio/i di età inferiore a 10 anni e con egli convivente/i, quando la madre fosse deceduta o assolutamente impossibilitata a prestare la propria assistenza.

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Quando non può essere concessa la detenzione domiciliare?

La detenzione domiciliare non può essere concessa a:

  1. coloro nei cui confronti l’autorità giudiziaria ritiene che ci siano “gravi motivi” ostativi;
  2. i condannati per delitti “ostativi” ricompresi nell’elenco di cui all’art. 4-bis ord. penit.;
  3. i condannati socialmente pericolosi e dichiarati delinquenti abituali (art. 102 c.p.), professionali (art. 105 c.p.) o per tendenza (art. 108 c.p.) e quelli ritenuti pericolosi per l’ordine interno degli istituti penitenziari tanto da essere sottoposti al regime di sorveglianza particolare a norma dell’art. 14-bis ord. penit.;
  4. i detenuti che nell’ultimo anno siano stati sanzionati disciplinarmente per le infrazioni di “partecipazione o promozione di disordini o sommosse”, “evasione” o “fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori” (cd. preclusioni disciplinari);
  5. i detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.

Purtroppo, in concreto, accade che tanti condannati non abbiano un domicilio idoneo presso il quale scontare la propria pena, perché stranieri o perché ospiti saltuari presso soggetti terzi. Il domicilio può essere ritenuto non idoneo anche per altri motivi, come le condizioni fatiscenti della struttura, il sovraffollamento, la presenza di altri pregiudicati. 

Altre volte, gli stessi familiari (mogli, mariti o conviventi) non vogliono che i condannati tornino in casa perché nel frattempo sono andati avanti con le loro vite (per es. hanno un/a nuovo/a compagno/a) o vogliono evitare di arrecare fastidio ai vicini. La regola prevede infatti che la Polizia e i Carabinieri controllino, più volte al giorno e a volte anche di notte, se la persona alla quale è stata applicata la misura si trova effettivamente in casa. 

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Limiti applicativi

Ci sono alcune limitazioni relative alla concessione delle detenzione domiciliare, che riguardano:

  • i detenuti e gli internati che hanno commesso alcune tipologie di delitti, quali associazione di tipo mafioso, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, che possono accedervi solo se collaborano con la giustizia;
  • i detenuti e gli internati che hanno commesso delitti per finalità di terrorismo o quelli indicati all’art. 4 bis o.p., per i quali la detenzione domiciliare è possibile solo se si possa effettivamente escludere un legame con la criminalità organizzata o eversiva, cosa che dovrà essere accertata dopo almeno 30 giorni di carcere o, ad ogni modo, dopo aver scontato un quarto della pena. 

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Reati ostativi e detenzione domiciliare

Costituiscono reati ostativi all’accesso alla detenzione domiciliare quelli:

  • contro la persona e la famiglia, come deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, omicidio;
  • a sfondo sessuale, ossia prostituzione minorile, pornografia minorile, violenza sessuale di gruppo, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, detenzione di materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, adescamento di minorenni, corruzione di minorenne, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile;
  • contro il patrimonio, cioè rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione;
  • di mafia e camorra, ovvero associazioni di tipo mafioso anche straniere, scambio elettorale politico-mafioso, qualsiasi reato commesso avvalendosi delle condizioni della associazioni mafiose, oppure commesso per agevolare tali associazioni;
  • associazione per delinquere, quale quella finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, aggravata, finalizzata alla contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni, oppure all’introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, finalizzata alla commissione di delitti contro la personalità individuale;
  • di immigrazione clandestina, ossia acquisto o vendita di schiavi, riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, tratta di persona;
  • relativi a stupefacenti e tabacchi, ossia contrabbando di tabacchi lavorati esteri aggravato, produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope, aggravato dall’ingente quantità.

Rientrano in questa categoria anche incendio boschivo, maltrattamenti in famiglia commessi in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, atti persecutori (stalking) commessi in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, oppure commessi con armi o da persona travisata, furto in abitazione.

Ti consigliamo di approfondire l’argomento leggendo anche: Quali sono i reati ostativi? Elenco e significato

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2. Detenzione domiciliare speciale

La detenzione domiciliare speciale, prevista dall’art. 47 quinquies della legge sull’ordinamento penitenziario, è nata con l’obiettivo di tutelare il rapporto tra genitori e figli, in particolare minori. 

Questa misura speciale viene concessa alle madri con figli di età non superiore a 10 anni, che hanno la possibilità di occuparsi della cura della prole presso la propria abitazione, oppure un luogo di cura, assistenza e accoglienza. 

La condizione affinché possa essere applicata la misura è che la madri con prole abbiano scontato:

  • almeno un terzo della pena;
  • 15 anni, nel caso di ergastolo

Non deve inoltre esserci il pericolo reale che la donna in questione possa commettere altri reati e ci deve essere la concreta possibilità di ripristinare la convivenza con i/le figli/e. Qualora la madre sia deceduta o impossibilitata a occuparsi dei figli, il beneficio può essere applicato anche al padre

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3. Soggetti affetti da AIDS o grave deficienza immunitaria 

La legge n. 231/1999 ha aggiunto una specifica categoria di soggetti che, in relazione alle proprie condizioni di salute, ha la possibilità di trascorrere la sua pena fuori dal carcere: si tratta delle persone affette da HIV o da grave immunodeficienza, per le quali l’istituto penitenziario è stato ritenuto incompatibile. 

Questo beneficio è valido sia per i condannati, sia per gli internati. In questa ipotesi, non è previsto un limite di pena da scontare, proprio perché la misura vuole fare in modo che queste persone abbiano la possibilità di ricevere assistenza sanitaria continua, cosa che spesso viene a mancare nelle carceri. 

Per accedere al beneficio, l’interessato o il suo difensore, deve presentare istanza al giudice, allegando la certificazione medica del servizio sanitario pubblico, o del servizio sanitario penitenziario. 

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Come si accede alla detenzione domiciliare

L’istanza per accedere al beneficio deve essere presentata:

  1. se il soggetto è già detenuto, al Tribunale di Sorveglianza territorialmente competente;
  2. se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura della Repubblica che ha previsto la sospensione dell’esecuzione della pena, che la trasmetterà al Tribunale di Sorveglianza. 

L’istanza potrà quindi essere accolta, in presenza dei requisiti citati in precedenza, oppure rigettata. 

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Quando la detenzione domiciliare è sospesa o revocata?

​​Il Magistrato di sorveglianza può sospendere o revocare la detenzione domiciliare:

  • quando vengano a cessare i requisiti per poter godere del beneficio;
  • quando il soggetto realizzi comportamenti contrari alla legge o alle prescrizioni, ritenuti incompatibili con la prosecuzione del beneficio;
  • quando il soggetto viene denunciato per il reato di evasione;
  • quando il Centro di Servizio Sociale dà notizia al Magistrato di sorveglianza di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura.

In tali casi, il Magistrato di sorveglianza trasmette gli atti al Tribunale di sorveglianza che decide, mediante ordinanza, circa l’accoglimento o il rigetto della proposta di revoca.

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Cosa non si può fare in detenzione domiciliare? 

Chi si trova in detenzione domiciliare può uscire di casa per compiere gli atti necessari, come fare la spesa, andare a comprare dei farmaci, se nessun altro nella casa in cui vive può farlo. 

Le ore di libertà sono almeno 4, mentre l’obbligo di permanenza in casa non può essere inferiore a 12 ore. Spetta comunque al Giudice stabilire le condizioni della detenzione. 

Quello che il beneficiario della misura non può fare è:

  • allontanarsi da casa senza l’autorizzazione del Giudice;
  • compiere determinati atti, come mettersi in contatto con i delinquenti con cui aveva collaborato in passato. 

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Detenzione domiciliare e controlli notturni

Il reo è sottoposto a controlli, tesi a verificare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni imposte dal Giudice con il provvedimento che dispone la misura. I controlli in questione possono essere disposti dal Pubblico Ministero o su iniziativa della Polizia Giudiziaria. 

Il soggetto in detenzione domiciliare, in genere, è sotto il controllo della Stazione dei Carabinieri o del Commissariato di Polizia più vicino al luogo ove si esegue la misura. Ciò non esclude comunque che sia sottoposto a controllo da parte di qualsiasi Forza di Polizia che ne ravvisi la necessità.

Il controllo principale è quello riguardante la permanenza presso il domicilio, quindi accada che il soggetto si allontani dal luogo di custodia senza preventiva autorizzazione.

Si rammenta che la Polizia Giudiziaria può accedere, senza preavviso e in qualsiasi orario, al luogo in cui l’arrestato si trova in detenzione domiciliare, allo scopo di verificare la presenza del detenuto. La mancata presenza costituisce delitto di evasione: per tale fatto, il soggetto potrebbe anche essere arrestato in flagranza e processato per direttissima.

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Chi è in detenzione domiciliare può lavorare?

Per svolgere la propria attività lavorativa, il detenuto deve essere appositamente autorizzato dall’autorità giudiziaria. L’autorità giudiziaria può concedere il permesso solo a fronte di comprovate e serie esigenze. Il reo, quindi, sarà tenuto a documentare con un’apposita istanza al Giudice la particolare situazione di indigenza.

Detenzione domiciliare: permessi

Oltre alle ipotesi che abbiamo citato nel precedente paragrafo, possono essere concessi i permessi anche per altre esigenze di vita, quali:

  • il soddisfacimento di bisogni religiosi;
  • il mantenimento delle relazioni familiari e sociali;
  • l’espletamento delle funzioni genitoriali.

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Detenzione domiciliare sostitutiva: nuove legge 2023

La Riforma Cartabia ha poi introdotto una nuova forma di detenzione domiciliare, ossia la detenzione domiciliare sostitutiva. La nuove legge ha previsto una serie di pene alternative a quella detentiva in carcere, soprattutto quando siano irrogate pene non particolarmente severe.

Negli ultimi anni è divenuto fin troppo chiaro che la detenzione nelle carceri potrebbe produrre un effetto tutt’altro che risocializzante, soprattutto ove vengano in evidenza rei autori di fatti non particolarmente gravi. Il legislatore ha quindi previsto, in conseguenza, l’introduzione delle cosiddette pene alternative alla detenzione, tra le quali rientra la detenzione domiciliare sostitutiva.

La Riforma Cartabia ha introdotto come pena la possibilità di rimanere:

  • nella propria abitazione;
  • in altro luogo di privata dimora;
  • in luogo pubblico o privato di cura, o di assistenza o accoglienza;
  • in comunità accoglienza;
  • in comunità o in case-famiglia protette per non meno di dodici ore al giorno;
  • a casa riguardo a comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale, di lavoro o di salute del condannato. 

La novità più significativa della norma è che tale fattispecie consente al condannato di lasciare il proprio domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, laddove vi siano indispensabili esigenze di vita e di salute. L’autorità giudiziaria dispone la detenzione domiciliare sostitutiva “tenendo conto anche del programma di trattamento elaborato dall’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna” (UEPE).

In linea generale, possiamo riassumere che, purtroppo, questa misura alternativa alla detenzione carceraria ha perso o non è mai riuscita a espletare pienamente la sua funzione umanitaria e assistenziale, diventando, di fatto, un mero strumento di contrasto al fenomeno del sovraffollamento nelle carceri

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Detenzione domiciliare – Domande frequenti

Che differenza c’è tra detenzione domiciliare e arresti domiciliari?

La detenzione domiciliare è una modalità alternativa di esecuzione della pena, mentre gli arresti domiciliari sono uno una misura cautelare.

Quanti tipi di detenzione domiciliare esistono?

L’ordinamento conosce tre principali forme di detenzione domiciliare: ordinaria, speciale e quella prevista per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave immunodeficienza.

Che ha previsto la Riforma Cartabia in merito alla detenzione domiciliare?

La Riforma Cartabia ha introdotto la detenzione domiciliare sostitutiva, che consente al condannato di lasciare la propria abitazione per almeno 4 ore al giorno, anche non continuativamente.

La detenzione domiciliare è una misura cautelare?

No, la detenzione domiciliare non è una misura cautelare come lo sono, invece, gli arresti domiciliari.

Quando viene concessa la detenzione domiciliare?

La detenzione domiciliare è una misura alternativa alla detenzione che prevede specifiche regole: scopri quali sono nella nostra guida

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Avv. Clelia Tesone
Avvocato civilista
Laureatasi in Giurisprudenza con la votazione di 110 e Lode presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e con approfondita conoscenza delle materie del Diritto Civile e del Diritto Amministrativo. Ha brillantemente conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato, a seguito dell’espletamento della pratica forense in diritto civile e il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord.
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